1.1 L'economia italiana nel 1997
Gli effetti della lunga fase di ristagno del 1996 ed in particolare il peggioramento del clima di fiducia degli operatori economici manifestatosi sul finire dell'anno, a seguito dell'annuncio dei sacrifici che sarebbero stati necessari per poter rispettare il parametro indicato nel Trattato di Maastricht relativamente al deficit pubblico, hanno influenzato negativamente l'avvio del 1997. Nel corso dell'anno, l'attività economica ha continuato ad essere condizionata da un mix di politiche economiche particolarmente restrittive ai fini di accelerare il risanamento della finanza pubblica e il rientro dell'inflazione. Sia in un caso che nell'altro, gli obiettivi perseguiti dalle autorità di politica economica sono stati raggiunti. L'inflazione, nonostante l'intervento a carico delle aliquote Iva, ha chiuso il differenziale rispetto ai partner europei. Risultato che è andato ben al di là delle attese più rosee e che ha svolto un ruolo cruciale nella discesa dei tassi d'interesse contribuendo ad innescare il circolo virtuoso che ha consentito ai conti pubblici italiani di convergere sino al rispetto del traguardo di Maastricht.
Il risanamento frena la crescita
La stretta fiscale ha pesato sul reddito disponibile delle famiglie penalizzando i consumi, che hanno invece tratto stimolo soprattutto dai provvedimenti di incentivazione alla rottamazione di autovetture. La discesa dell'inflazione, più rapida del previsto, ha in parte attenuato l'effetto della stretta fiscale sul reddito disponibile, aiutando a sostenere i livelli di attività.
L'apprezzamento della lira realizzato nel corso del 1996 ha influito negativamente sull'andamento delle quantità esportate, che hanno cominciato a recuperare solo nella seconda parte del 1997. Per questi motivi l'Italia ha potuto beneficiare solo con ritardo della ripresa del ciclo internazionale e la sua crescita nel 1997 è significativamente inferiore a quella dei partner europei. Si prevede infatti che in Italia l'anno si chiuderà con una crescita di poco superiore al punto percentuale contro una media dei paesi Ue vicina al 2,5 per cento.
Il prodotto interno lordo, dopo aver fatto registrare una variazione congiunturale negativa nel quarto trimestre del 1996 (-0,2 per cento), ha accusato un'ulteriore flessione nel primo trimestre del 1997 (-0,3 per cento). Nel trimestre successivo, sulla spinta dell'espansione industriale innescata dal boom degli acquisti di auto, il prodotto interno lordo ha recuperato terreno facendo infine registrare nel semestre un aumento dello 0,4 per cento sul precedente e dello 0,7 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno prima. La fase di ripresa, pur confermata dagli indicatori congiunturali, ha però mantenuto nei mesi successivi ritmi di crescita piuttosto contenuti. Le anticipazioni dell'Istat relativamente al Pil del terzo trimestre indicano un modesto aumento congiunturale dello 0,4 per cento, notevolmente inferiore a quello realizzato nel secondo (+1,6 per cento), e anche le stime per gli ultimi tre mesi dell'anno realizzate sulla scorta degli indicatori di attività industriale non segnalano alcuna accelerazione.
Gli acquisti di auto sono la componente più dinamica della domanda interna
Gli effetti degli incentivi all'auto si sono dimostrati maggiori del previsto e questo ha portato dopo vari anni ad un tasso di crescita dei consumi privati superiore di oltre mezzo punto a quello del prodotto (figura 1.1). Anche la spesa per beni durevoli diversi dalle autovetture sembra aver beneficiato, seppur in misura minore, oltre che di un aumento del reddito reale disponibile delle famiglie superiore agli anni passati, del graduale miglioramento delle valutazioni delle famiglie sull'evoluzione dell'economia. Il clima di fiducia delle famiglie dopo aver recuperato nella prima parte dell'anno con qualche incertezza il pesante deterioramento di fine 1996, è cresciuto velocemente nei mesi estivi attestandosi sui valori più elevati degli ultimi tre anni. La cautela ha comunque continuato a guidare i comportamenti dei consumatori i quali, nonostante valutino con maggior ottimismo la situazione finanziaria personale e le prospettive dell'economia, non hanno accresciuto significativamente i progetti di spesa.
La lenta ripresa degli investimenti
Dopo il calo prolungatosi per ben cinque trimestri (dal primo del 1996 al secondo del 1997), la contrazione degli investimenti fissi lordi sembrerebbe essersi arrestata nei mesi successivi, senza peraltro che si manifestassero segnali evidenti di un riavvio. Condizioni per una ripresa dell'accumulazione sono però emerse durante l'anno: si è rafforzando il ciclo europeo; l'aggiustamento imposto dalle politiche di risanamento alla domanda interna di consumo si è completato; la capacità produttiva utilizzata ha avvicinato i massimi del '95. Inoltre il progressivo miglioramento della fiducia delle imprese sull'andamento dell'economia e la prospettiva di una riduzione dei tassi di interesse, sono fattori che prospettano un riavvio del processo di accumulazione nel 1998.
I risultati di contabilità nazionale del primo semestre dell'anno indicano che la dinamica degli investimenti totali è stata frenata in particolare da una nuova flessione degli investimenti in costruzioni ed opere pubbliche, che presentano, nella media del periodo, una variazione congiunturale negativa pari al 3,2 per cento. Su questo settore hanno pesato i blocchi messi in atto nelle erogazioni del settore pubblico, ma le prospettive ed i piani a medio termine indicano per la fine del 1997 un aumento dell'attività. Gli investimenti in macchine, attrezzature e mezzi di trasporto sono invece aumentati rispetto al periodo precedente, ma l'incremento è stato consistente soltanto nel comparto dei mezzi di trasporto, l'unico a posizionarsi su livelli superiori anche nel confronto anno su anno. Complessivamente gli investimenti fissi lordi sono risultati inferiori dell'1,5 per cento rispetto al primo semestre del 1996. La mancanza di indicazioni di un netto miglioramento per i mesi successivi porta a stimare che nella media del 1997 gli investimenti possano far registrare un aumento del tutto marginale rispetto all'anno prima.
A fine anno la produzione non ha ancora recuperato i massimi livelli del '95
Nella seconda metà dell'anno, il clima di fiducia delle imprese industriali è progressivamente migliorato e così pure la tendenza a breve degli ordini, ma l'andamento della produzione ha mantenuto un ritmo di crescita piuttosto lento (figura 1.2). Archiviato infatti il boom del secondo trimestre, in cui l'indice di produzione industriale destagionalizzato ha messo a segno un incremento congiunturale del 2,2 per cento, e superata la pausa di inizio estate, la produzione industriale ha ripreso un sentiero di crescita piuttosto contenuta. Nel terzo trimestre l'incremento produttivo rispetto al secondo è stato dello 0,4 per cento e le anticipazioni per i successivi tre mesi stimano un aumento altrettanto modesto, non ancora sufficiente a recuperare i massimi livelli toccati dall'attività industriale nel terzo trimestre del 1995.
L'analisi settoriale consente di rilevare quanto sia stato determinante il ruolo del settore dell'auto. Mediamente, nei primi nove mesi dell'anno l'attività industriale è aumentata dell'1 per cento rispetto allo stesso periodo del 1996, ma al netto della produzione del settore degli autoveicoli l'incremento è stato dello 0,7 per cento. Il solo settore degli autoveicoli, pur pesando soltanto per il 4 per cento circa sul totale, ha dunque contribuito alla crescita per lo 0,3 per cento, senza tener conto dei risultati produttivi di quei settori direttamente collegati alla produzione di questo bene. Miglioramenti produttivi di un certo rilievo si sono però osservati anche nelle attività maggiormente orientate all'export come il tessile-abbigliamento e la carta.
In base alla destinazione economica, nei primi nove mesi dell'anno hanno aumentato le quantità prodotte le industrie che producono beni di consumo e beni intermedi (rispettivamente del 2,6 e 1,9 per cento anno su anno); pesantemente negativa invece è risultata la performance della produzione di beni finali di investimento (-4,5 per cento), penalizzata da una domanda domestica che presenta solo marginali sintomi di risveglio. Sono invece migliorate, ma non in misura sufficiente a contrastare la dinamica del mercato interno, le indicazioni per quanto riguarda la componente estera della domanda. A partire dai mesi estivi il portafoglio ordini esteri è stato giudicato in recupero dagli imprenditori intervistati mensilmente dall'Isco. Tendenza che si è manifestata anche nei risultati quantitativi delle indagini degli ordini di macchine utensili: nel terzo trimestre la domanda estera in quantità è cresciuta di oltre il 75 per cento rispetto allo stesso periodo del 1996.
Non basta la crescita per aumentare l'occupazione
La modesta crescita del prodotto non è sufficiente a ridare slancio alla domanda di lavoro. L'andamento congiunturale delle variabili occupazionali, pur confermando lo scenario di sostanziale debolezza del mercato del lavoro, ha segnalato però anche alcune novità. La rilevazione di luglio, se da un lato ha ribadito la stabilità della domanda di lavoro per il complesso del sistema economico, ha però anche messo in luce un significativo mutamento, rispetto alle rilevazioni precedenti, nelle dinamiche dei principali settori. Nel confronto annuo, è venuto meno il tradizionale ruolo trainante del terziario, mentre è cresciuta la domanda di lavoro nell'industria in senso stretto. L'occupazione in questo settore, dopo una flessione durata un intero anno, è aumentata in luglio dello 0,8 per cento rispetto a luglio 1996. Alcune indicazioni in questo senso erano state anticipate dai giudizi delle imprese manifatturiere intervistate dall'Isco: a partire da marzo infatti la percentuale di imprenditori che prevede un aumento di manodopera è superiore a quella che prospetta una diminuzione. L'industria, alleggerita di forza lavoro, deve dotarsi di fattori produttivi man mano che la domanda recupera tassi di crescita soddisfacenti. Questa tendenza potrebbe essere stata agevolata dai mutamenti intervenuti nel mondo del lavoro in fatto di flessibilità: nell'ultimo anno sono aumentate le quote di occupazione temporanea e a tempo parziale, rapporti di lavoro atipici che hanno interessato soprattutto la manodopera giovanile.
Sempre in luglio, nel complesso delle attività terziarie gli addetti sono marginalmente diminuiti rispetto all'anno prima (-0,1 per cento), dopo aver realizzato per sei rilevazioni consecutive (da gennaio 1996 ad aprile di quest'anno) incrementi annui superiori al punto percentuale. Come era già emerso nelle tre rilevazioni precedenti, è proseguita la contrazione degli occupati indipendenti nel commercio: effetto del processo di ristrutturazione del settore che penalizza l'occupazione nella piccola distribuzione. E' cresciuta invece la domanda di lavoro nelle altre attività di servizio, ma non in misura sufficiente a compensare le perdite nel commercio.
Nonostante l'inversione di rotta segnalata dai risultati di luglio, in media d'anno, come già nel 1996, l'occupazione è prevista in ulteriore diminuzione nell'industria e in aumento nei servizi.
I risultati medi nazionali sono una sintesi di dinamiche
sempre più divergenti a livello territoriale, e non solo tra Nord
e Sud del paese. Differenze non marginali si sono osservate anche all'interno
di aree che presentavano caratteristiche del mercato del lavoro più
omogenee. Fra le regioni settentrionali spicca ad esempio l'area del Nord-est
che ha realizzato incrementi occupazionali significativi, e dove gli indicatori
del mercato del lavoro delineano una situazione di piena occupazione con
possibili tensioni dal lato dell'offerta. A differenza del Nord-ovest qui
è ancora aumentato il già elevato tasso di attività,
con una maggior partecipazione sia delle donne che dei giovani al mercato
del lavoro, ed è diminuito il tasso di disoccupazione, compreso
quello di lunga durata.