Aggiornamenti relativi all'emergenza coronavirus
Sabato 2 Novembre 2024
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Aggiornamenti relativi all'emergenza coronavirus
A Bergamo le iscrizioni di imprese tra il 2010 e il 2020 hanno registrato un andamento decrescente, tendenza che si è rafforzata nell’ultimo anno, in cui le iscrizioni sono calate del 20% rispetto all’anno prima. Anche le cessazioni, che pure negli anni 2010-2019 mostravano una tendenza all’aumento, hanno subito una decisa flessione nel 2020, dell’ordine del 18%. Questo fa sì che il tasso di natalità abbia subito un calo tra il 2010 e il 2020, attestandosi al 4,6% nell’ultimo anno, e lo stesso vale per il tasso di mortalità, che era stato in crescita fino al 2019. Il tasso di turnover lordo, ovvero la somma di questi due tassi, ha subito un lieve decremento tra il 2010 e il 2020, dovuto principalmente al calo della natalità.
In Lombardia le iscrizioni (e quindi il tasso di natalità) hanno mantenuto una dinamica negativa simile a quella di Bergamo, mentre le cessazioni e il tasso di mortalità sono rimasti in costante diminuzione, eccettuato un aumento nel 2019.
Nel decennio 2010-2019 è andato crescendo il tasso di sopravvivenza a uno, due e tre anni dall’iscrizione, che rappresenta la quota percentuale di imprese che sopravvivono a uno, due e tre anni. Perciò i tassi più alti si sono registrati al 2020, quando era ancora in vita l’83% delle imprese bergamasche iscritte un anno prima, il 77% di quelle iscritte due anni prima e quasi il 70% di quelle registrate tre anni prima. Viceversa, solo il 73% delle imprese iscritte nel 2010 sopravviveva a due anni dall’iscrizione. In tutto il periodo il tasso bergamasco è stato sempre lievemente al di sopra di quello regionale.
La crescita del tasso di sopravvivenza, se collegata alla diminuzione del tasso di turnover lordo, descrive un’evoluzione in positivo della demografia di impresa sia in provincia che in Lombardia. Le imprese iscritte, infatti, sono inferiori in numero assoluto ma sono maggiormente solide in termini di capacità di sopravvivenza.
Rispetto alla forma giuridica, sono le società di persone e le imprese individuali a sopravvivere di più a un anno dall’iscrizione, mentre a due e a tre anni, sono più numerose le società di persone e di capitali. Le imprese organizzate in forma societaria rappresentano quindi la quota maggiore di quelle che durano almeno due anni dall’iscrizione.
Osservando le curve sull’arco del decennio, si nota una diminuzione dei tassi di sopravvivenza tra il 2011 e il 2015 a seguito della crisi dei debiti sovrani. Nello specifico, il calo risulta evidente per le società di capitali iscritte negli anni 2011-2013, per le società di persone iscritte nel 2011 e per le imprese individuali iscritte tra il 2011 e il 2015.
Con riguardo al settore economico, le imprese agricole e quelle attive nel settore trasporti e spedizioni hanno un’elevata sopravvivenza a uno, due e tre anni dall’iscrizione. A seguire si trovano commercio, turismo e manifattura. Sull’arco del decennio, l’agricoltura accusa un calo dei tassi di sopravvivenza per le imprese iscritte nel 2011, tendenza non ravvisabile chiaramente nella manifattura. Commercio e servizi, dal canto loro, hanno avuto un aumento dei tassi di sopravvivenza per le imprese iscritte nel 2012, quando invece le imprese dei trasporti e del turismo subivano una flessione.
Le prime conseguenze della crisi economica da Covid-19 possono essere già colte dalla lettura di questi dati. Nell’anno 2020 si nota infatti un deciso calo delle iscrizioni, connesso alla diminuzione della fiducia degli imprenditori, al blocco di determinate attività produttive, oltre che alle restrizioni al libero movimento. Il parallelo calo delle cessazioni non solo congela la tendenza crescente degli ultimi anni, ma fa registrare un tonfo senza precedenti, ricollegabile in parte agli interventi di sostegno economico e alla resilienza del tessuto produttivo bergamasco. Queste risultanze, già ravvisate peraltro dall’analisi delle movimentazioni nei primi due trimestri del 2021, rendono ragionevole stimare la presenza di una platea nascosta di imprese che, in assenza delle misure di ristoro e sostegno economico, avrebbe probabilmente dovuto cessare la propria attività.
Questo studio sui dati del Registro delle imprese conferma tendenze note, come la diminuzione delle iscrizioni a fronte dell’aumento delle cessazioni negli ultimi undici anni. La diffusione del Covid-19, tuttavia, ha in parte modificato questa dinamica portando a un deficit di natalità maggiore e, contrariamente alle aspettative, a un congelamento della mortalità di impresa. I dati sulla sopravvivenza delle imprese bergamasche offrono tuttavia un quadro positivo sul medio periodo, con tassi in costante miglioramento e al di sopra di quelli lombardi. Significativa la capacità di sopravvivenza delle imprese individuali, che costituiscono la forma giuridica più diffusa sul nostro territorio.
L’emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica hanno rallentato gli investimenti delle imprese bergamasche nel 2020. E’ quanto emerge dall’ultima indagine congiunturale camerale. Tutti i settori sono caratterizzati da percentuali calanti di imprese investitrici rispetto al 2019, ma è nel manifatturiero dove la diminuzione è stata più rilevante: l’industria, pur mantenendosi il settore con il valore più elevato, sperimenta un calo dal 68,8% al 54,2%, mentre l’artigianato scende dal 30% al 20,3%.
Anche i servizi mostrano una marcata flessione (dal 40,3% al 30%), mentre nel commercio al dettaglio la discesa risulta molto più attenuata (dal 31,4% al 30,3%), probabilmente per il contributo della grande distribuzione a prevalenza alimentare, che non è stata penalizzata dalla situazione emergenziale. La situazione bergamasca non è un’eccezione. In tutti i paesi colpiti dalla pandemia significativa è stata la riduzione del prodotto interno lordo e in particolare delle sue voci più importanti, i consumi e gli investimenti.
La quota dedicata agli investimenti immateriali assume particolare peso nel commercio al dettaglio, benché sia l’unico settore dove si evidenzi un calo rispetto al 2019, mentre negli altri comparti la percentuale registra valori inferiori ma in crescita su base annua, soprattutto per via delle maggiori spese in software e consulenza, R&S, formazione.
Commenta il presidente Mazzoleni: "Gli investimenti sono stati penalizzati dall’incertezza e dall’impossibilità di qualsiasi pianificazione, fattori che hanno praticamente immobilizzato il risparmio privato e rallentato l’investimento delle imprese. È interessante notare la diversa composizione delle voci di investimento, che risponde alle logiche del lavoro agile, del commercio elettronico e della sicurezza. La scommessa che si percepisce dall’indagine è sulla progressiva normalizzazione della situazione sanitaria ed economica e quindi su una ripresa degli investimenti nel 2021."
Lo studio congiunturale realizzato dalla Camera di commercio con riferimento al secondo trimestre dell’anno ha approfondito il tema della finanza aziendale. Alla fine del citato periodo l’impatto dell’emergenza sanitaria sulla situazione finanziaria viene giudicato ancora grave dagli imprenditori bergamaschi, ma in attenuazione rispetto alle valutazioni fatte dopo i primi tre mesi dell’anno: in tutti i settori diminuisce infatti la quota di imprese che pensa di non riuscire a recuperare le perdite accumulate durante il confinamento, percentuale che si attesta intorno al 25% con l’eccezione dell’industria, dove tale valore scende al 15%.
Allo stesso tempo si allarga la fetta di imprese che afferma di non avere avuto effetti negativi, passando dal 5% al 10% nell’industria, dal 7% all’11% nell’artigianato e dal 9% al 15% nei servizi. Solo nel commercio al dettaglio si assiste a una riduzione della quota di imprese “immuni” dagli effetti del Covid-19 (dal 31% al 26%). Va però sottolineato che, da un lato, la percentuale rimane superiore agli altri settori e che, dall’altro, tale riduzione si accompagna a una significativa crescita delle imprese che pensano di recuperare le perdite in tempi più o meno brevi.
Nonostante questi primi segnali positivi, lo shock causato dalla pandemia sulla situazione finanziaria delle imprese rimane di eccezionale gravità, mettendo in difficoltà gran parte delle realtà imprenditoriali non solo per la riduzione di fatturato e ordini, ma anche per la necessità di continuare a sostenere costi. Le imprese della provincia hanno fatto fronte all’emergenza accrescendo l’indebitamento, come dimostra la brusca discesa della percentuale di chi dichiara un rapporto tra mezzi terzi e mezzi propri inferiore a 1. Il calo rispetto al 2019 è significativo per tutti i settori, in particolare per commercio e servizi, e porta queste percentuali vicine ai valori registrati nel 2014, certificando così l’interruzione di quel processo di rafforzamento patrimoniale e riduzione della leva finanziaria che ha caratterizzato gli ultimi anni e che ha comunque consentito alle imprese di affrontare la crisi del 2020 da una posizione finanziaria più solida.
Le principali fonti di finanziamento a cui le imprese bergamasche hanno fatto ricorso nell’ultimo anno si confermano l’autofinanziamento e il credito bancario, anche se con percentuali generalmente in calo rispetto al 2019. In particolare risulta in diminuzione l’autofinanziamento, in linea con la tendenza alla crescita dell’indebitamento: la quota di imprese che si finanziano con risorse interne cala moderatamente nell’industria, ma in maniera significativa nell’artigianato, nel commercio al dettaglio e nei servizi. Aumenta invece in maniera rilevante l’utilizzo di contributi pubblici, anche grazie alla mole di strumenti messi in campo dalle istituzioni per sostenere le imprese.
Anche il credito commerciale ha rappresentato un’ancora di salvezza per molte imprese, che hanno a loro volta subito gli effetti negativi dei ritardi di pagamento dei loro clienti: il ricorso a questa forma di finanziamento è cresciuto in tutti i settori con l’eccezione dell’industria, raggiungendo il 16% nei servizi e nel commercio al dettaglio. Le previsioni degli imprenditori per i prossimi sei mesi confermano queste tendenze, indicando un minor ricorso alle fonti tradizionali dell’autofinanziamento e del credito bancario e un’ulteriore crescita di contributi pubblici e credito commerciale.
Il bisogno crescente di liquidità da parte delle imprese emerge chiaramente come spinta preponderante per la richiesta di credito, in netta crescita rispetto al 2019: se l’anno precedente tale motivazione raccoglieva circa il 40% delle risposte ora rappresenta circa il 60% dei casi. I finanziamenti destinati a investimenti produttivi rimangono però al secondo posto, registrando un calo non eccessivo rispetto al 2019 e addirittura una crescita nel settore dei servizi, a testimoniare la volontà delle imprese di ricominciare a pianificare il futuro. La dimensione di impresa si conferma una variabile fondamentale nel determinare la propensione all’investimento, come emerge dal valore significativamente superiore registrato nell’industria. Aumenta inoltre la quota di imprese che ha chiesto finanziamenti per consolidare o ristrutturare un debito già esistente.
Il tema della liquidità ha rappresentato il problema più urgente nel pieno dell’emergenza sanitaria, quando la riduzione, o l’interruzione, dell’attività ha reso difficile sostenere le spese correnti per una percentuale di imprese bergamasche comprese tra il 31% dell’industria e il 50% dell’artigianato. Il canale di trasmissione principale della crisi di liquidità sono stati i ritardi di pagamento dei clienti, soprattutto nei servizi e nell’industria e poi nell’artigianato. Nel commercio al dettaglio hanno pesato maggiormente i costi di adeguamento ai protocolli di sicurezza e le spese di magazzino.
Nonostante le istituzioni abbiano potenziato gli strumenti di garanzia di accesso ai prestiti e abbiano cercato di snellire le procedure burocratiche per accedere ai finanziamenti, i giudizi espressi sulle condizioni di accesso al credito evidenziano una maggiore insoddisfazione rispetto al 2019. Il 45% delle imprese industriali, che beneficiano di una maggiore dimensione aziendale, non riscontra criticità, ma negli altri settori sono in questo caso solo un terzo circa dei rispondenti.
L’aspetto più critico è quello legato alla tempestività, elemento cruciale quando scarseggia la liquidità: solo due imprese su tre giudicano adeguati i tempi per l’accesso al credito, con un sensibile peggioramento denunciato dai servizi e dal commercio al dettaglio. Giudizi severi anche per le condizioni accessorie, sebbene con un deterioramento meno marcato rispetto al 2019.
Commenta questi risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “Le condizioni eccezionali di questo primo semestre dell’anno hanno lasciato traccia anche nella finanza aziendale. Le imprese hanno reagito allo shock cogliendo le opportunità messe a disposizione dalle istituzioni. Dalle risposte raccolte si coglie un bisogno di credito per sostenere le spese correnti, cui fanno fronte criticità legate alle procedure di accesso. Per altro verso si intravede un segnale incoraggiante da chi prevede orizzonti più corti per il recupero delle perdite rispetto alle prime valutazioni.”
Maggiore il ricorso al lavoro agile al crescere degli addetti, l’industria soffre meno dal punto di vista finanziario ma più per l’interruzione delle forniture, il commercio colpito ma con situazioni diversificate
La Camera di commercio di Bergamo, nel realizzare lo studio sulla congiuntura economica, ha condotto a cavallo tra aprile e maggio un’indagine presso 735 imprese bergamasche appartenenti ai settori del manifatturiero, commercio e servizi per sondare gli effetti del confinamento da Covid-19. La rilevazione è avvenuta alla conclusione del periodo più grave dell’emergenza sanitaria, cosa che permette di sviscerare quali siano stati gli effetti della pandemia sull’organizzazione e sulle prestazioni aziendali. Va segnalato che mancano le risposte di molte imprese dei servizi alla persona, alloggio e ristorazione, in quanto chiuse.
Oltre che sul fatturato, l’epidemia ha inciso sulla struttura organizzativa e sul personale per oltre il 50% dei casi in tutti i settori, con una punta del 68% nell’industria. Le nuove condizioni della domanda hanno comportato in gran parte dei casi una riduzione dell’attività, soprattutto nell’industria. Il commercio al dettaglio alimentare e non alimentare presenta invece una situazione più variegata: meno indicazioni di riduzione e una parte di imprese che dichiarano un incremento di attività. Una minoranza di imprese hanno convertito la propria attività.
L’impatto si è fatto sentire anche sulle modalità di approvvigionamento, produzione e distribuzione. Le imprese industriali hanno denunciato interruzioni di linee di fornitura nel 53% dei casi e un rallentamento nel 61%. Per l’artigianato la situazione è stata meno grave e ancor meno per i servizi, meno dipendenti dal rifornimento di merci.
Il lavoro agile ha rappresentato uno strumento importante per consentire la prosecuzione dell’attività in condizioni di sicurezza durante l’emergenza: l’ha attivato il 66% delle imprese industriali bergamasche (63% in Lombardia). È stato invece poco compatibile con l’attività del commercio al dettaglio e dell’artigianato, dove lo scarso utilizzo è spiegato anche dalla ridotta dimensione delle aziende: il numero di addetti risulta infatti una variabile strettamente correlata alla diffusione del lavoro agile. Prevale l’implementazione di soluzioni temporanee, essendo poche le imprese già strutturate per il lavoro a distanza: in questo senso il Covid-19 ha forzatamente accelerato un processo di cambiamento.
Il ricorso alla Cassa integrazione è lo strumento adottato dalla maggior parte delle imprese per conservare la forza lavoro comprimendo i costi: nella manifattura lo ha attivato circa l’80% del campione intervistato. Altri provvedimenti sono stati il blocco delle assunzioni e il mancato rinnovo dei contratti in scadenza. Se i numeri dell’analisi congiunturale mostrano una provvisoria tenuta occupazionale, questo sondaggio fotografa una situazione di forte incertezza, che potrebbe sfociare in una significativa diminuzione dell’occupazione nell’autunno.
La riduzione della domanda e la cancellazione degli ordini rappresentano l’effetto negativo più citato dalle imprese dei settori dell’industria e dei servizi, mentre le imprese artigiane avvertono anche problemi finanziari e di liquidità. Per le imprese del commercio al dettaglio assumono rilevanza centrale le chiusure e le limitazioni imposte all’attività dalle misure di contenimento dell’epidemia, soprattutto per gli esercizi non alimentari, seguiti da difficoltà finanziarie e di liquidità. Il settore del commercio è tuttavia quello con la percentuale più elevata di imprese che non segnala particolari problemi.
I mancati incassi dovuti all’emergenza sanitaria rappresentano perdite che non saranno recuperate, salvo nell’industria dove la maggioranza prevede il recupero con tempi generalmente superiori all’anno.
La situazione finanziaria delle imprese appare problematica in oltre il 40% dei casi per i settori dell’artigianato, dei servizi e del commercio al dettaglio; l’industria, con una dimensione media superiore e una maggiore solidità patrimoniale, registra invece una percentuale più elevata di imprese che non dichiarano condizioni finanziarie critiche.
La quota di imprese che segnala difficoltà tali da metterne a rischio la sopravvivenza non è purtroppo trascurabile, passando dal 3% dell’industria al 9% di artigianato e servizi e salendo ulteriormente nei comparti più a rischio come le attività di alloggio e ristorazione e i servizi alla persona. Una quota di imprese non ha subito ricadute economiche negative: si tratta di una parte minoritaria del tessuto imprenditoriale per tutti i comparti, con la consueta eccezione del commercio, dove raggiunge il 31%.
La principale sfida di fronte alle imprese per uscire dalla situazione di emergenza è la ricerca di nuovi clienti e mercati, visto che le ripercussioni economiche causate dal Covid-19 indeboliranno probabilmente a lungo la domanda interna. Al secondo posto, la diversa organizzazione del lavoro per rispettare le regole di sicurezza imposte dalla fase di convivenza con il virus, con una crescente attenzione al tema all’aumentare delle dimensioni aziendali. Al terzo posto la ricerca di nuovi prodotti o servizi per venire incontro ai cambiamenti di comportamenti e abitudini indotti dall’emergenza.
Gli imprenditori fanno fronte comune nel sollecitare interventi da parte delle istituzioni, in primo luogo l’agevolazione del credito e il sostegno finanziario, richiesto soprattutto dai servizi e dal commercio al dettaglio; la moratoria delle imposte; il sostegno al reddito d’impresa e il ristoro dei danni subiti, interventi richiesti dall’artigianato. Per l’industria rileva particolarmente il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, esigenza avvertita anche dalle imprese medio-grandi degli altri settori.
“Il sondaggio sugli effetti del Covid-19 presso un campione eterogeneo e limitato delle imprese bergamasche” ‒ commenta il presidente Mazzoleni ‒ “ci offre spunti di riflessione. Sembra di poter rilevare, in particolare, che i riflessi sull’occupazione, per ora mascherati dallo strumento della Cassa integrazione, si potranno fare sentire se la ripresa tardasse troppo a lungo. Inoltre appaiono allarmanti le risposte riguardo le difficoltà che possono mettere a rischio la sopravvivenza dell’impresa.”
La Camera di commercio riceve il pubblico solo su appuntamento tutte le mattine da lunedì a venerdì con varie modalità di accesso ai servizi.
La Camera di commercio ha risposto prontamente alle difficoltà del sistema produttivo colpito dalle misure di contenimento del Covid-19, prevedendo contributi a fondo perduto a favore delle imprese. Ha finanziato congiuntamente con la Regione Lombardia e le altre camere lombarde un'iniziativa che mira a contenere l’impatto dell’emergenza sanitaria ed economica attraverso il sostegno tempestivo alla finanza e la prevenzione delle crisi di liquidità. Sono stati inoltre varati concorsi per contributi che sostengono la formazione, lo sviluppo d'impresa e la consulenza all'internazionalizzazione, particolarmente utili in questa fase di difficoltà. Tutte le iniziative in corso sono elencate nella sezione Bandi.
Per quanto riguarda il commercio con l'estero, è previsto un servizio di consulenza legale gratuita per la redazione di una clausola che limiti la responsabilità nel caso di contratti stipulati durante la fase emergenziale. Uniontrasporti, da parte sua, ha fatto il punto sulla chiusura delle frontiere ai valichi UE e sulle restrizioni commerciali introdotte in conseguenza della pandemia. Per ottenere le attestazioni di causa di forza maggiore, infine, si può inviare la richiesta seguendo una procedura informatica.
L'attività formativa e consulenziale continua nonostante non siano previsti di norma incontri nella modalità presenziale. La sezione Eventi elenca un ricco calendario appuntamenti in programma offerti dalla Camera di commercio e da Bergamo Sviluppo. Si possono seguire da casa o dall'ufficio, in tutta sicurezza e senza tempi morti di spostamento.
Le modalità per accedere ai servizi su appuntamento sono riportati in Orari sportelli.
Per informazioni:
Ufficio relazioni con il pubblicoEnti | Pagine dedicate all'emergenza coronavirus |
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PREFETTURA DI BERGAMO | Coronavirus |
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Nuovo coronavirus: Le misure adottate dal Governo |
MISE Ministero dello sviluppo economico |
Nuovo coronavirus: aggiornamenti, documenti e normativa |
PROTEZIONE CIVILE | Emergenza Coronavirus |
UNIONCAMERE | Coronavirus, applicazione nuove norme DPCM 22 marzo 2020 |
Il valore delle esportazioni di Bergamo nel trimestre considerato è sceso a 3.726 milioni di euro (‑6,4% su base annua contro variazioni del -3,0% in Lombardia e del -1,9% in Italia). Nel trimestre le importazioni sono state pari a 2.287 milioni (-5,6% tendenziale contro -5,0% in Lombardia e -5,9% in Italia). Il saldo trimestrale della bilancia commerciale di Bergamo è positivo per 1.439 milioni, inferiore al saldo del trimestre corrispondente dell’anno scorso (1.556 milioni).
La flessione delle esportazioni bergamasche nel trimestre si è approfondita dall’ultimo trimestre, accentuando il movimento negativo registrato dal territorio lombardo, che con una variazione del ‑3% è già peggiore rispetto all’intero Nord-ovest (-2,2%) e Nord-est (-2,5%).
In calo tutti i settori trainanti dell’export provinciale: macchinari (880 milioni, ‑2,5%), prodotti chimici (581 milioni, -1,5%), metalli di base (500 milioni, -12,6%), articoli in gomma (367 milioni, ‑5,9%), mezzi di trasporto (326 milioni, -9%), apparecchi elettrici (235 milioni, -15,6%), oltre al tessile e abbigliamento (225 milioni, -8,8%). Stabili solo i prodotti alimentari (216 milioni +0,1%).
Nel trimestre in esame l’export di Bergamo per area geografica di destinazione registra un calo tendenziale verso l’area UE 27 post Brexit (-3,9%), nonché l’Eurozona (-3,2%). I mercati Extra UE sono in calo ancora maggiore (‑9,7%), dovuto all’effetto combinato di una diminuzione verso America centro-meridionale, Asia orientale, America settentrionale e Asia centrale.
Scendono le esportazioni verso i primi cinque maggiori paesi di destinazione delle merci bergamasche: Germania (-2,2%), Francia (‑4,1%), Stati Uniti (-7,6%), Spagna (-9,9%) e Regno Unito (-18%). Congiuntamente rappresentano una quota del 46% sul totale esportato nel trimestre. Segnano un recupero Polonia (+2,5%), Paesi Bassi (+8,8%) e Svizzera (+5,2%).
A partire dal febbraio 2020 il Regno Unito è uscito dall'Unione Europea. Per assicurare il confronto con l’anno precedente si è utilizzato l’aggregato UE27, senza il Regno Unito. Analogamente sono stati ricalcolati gli aggregati Paesi europei non UE e Paesi extra UE.
L’Istat segnala infine che, nel contesto dell’emergenza Covid-19, la rilevazione Extrastat non ha registrato criticità, mentre la rilevazione Intrastat ha registrato un calo delle dichiarazioni pervenute per i mesi di febbraio e di marzo. I dati territoriali di esportazione del primo trimestre 2020 potranno perciò essere oggetto di revisione quando si renderanno disponibili tutte le dichiarazioni Intrastat.
“Gli effetti della crisi coronavirus” – commenta il presidente Mazzoleni – “si fanno sentire pesantemente anche sulle esportazioni bergamasche. Il valore delle categorie merceologiche portanti per il nostro export è calato sensibilmente rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso. Come testimoniano le aspettative degli imprenditori raccolte dall’indagine congiunturale appena conclusa, il rischio tangibile è quello di un secondo trimestre 2020 in ulteriore peggioramento.”
I risultati delle imprese manifatturiere bergamasche nel primo trimestre 2020 risentono pesantemente degli effetti dell’epidemia Covid-19 scoppiata a fine febbraio e delle successive misure adottate dalle autorità per contenerne la diffusione, con la conseguente chiusura di molte attività produttive nel mese di marzo. Rispetto allo stesso periodo del 2019, il calo della produzione è pari al -10,1% per le imprese industriali con almeno 10 addetti e del -14,1% per quelle artigiane con un numero di addetti superiore a 2. Dopo la sostanziale stabilità evidenziata nel 2019, i livelli produttivi tornano indietro di 7 anni, posizionandosi sui valori minimi toccati a inizio 2013 in seguito alla crisi dei debiti sovrani. L’estensione del confinamento nel mese di aprile e la ripresa molto graduale delle attività in maggio lasciano presagire una caduta ancora più accentuata nel secondo trimestre, come evidenziato dal crollo delle aspettative degli imprenditori; solo nella seconda metà dell’anno sarà possibile un parziale recupero, ma i tempi necessari per tornare ai livelli precedenti all’epidemia non saranno probabilmente brevi.
Con riferimento ai dati relativi all’industria bergamasca, l’indice della produzione scende dal valore 106,9 di fine 2019 a quota 96,4, con un calo rispetto al trimestre precedente pari al -9,8%. Si tratta di una diminuzione congiunturale di entità simile a quella registrata a fine 2008, ai tempi del fallimento di Lehman Brothers, e più accentuata di quelle che hanno caratterizzato la crisi del 2011-2012. Il risultato negativo registrato in questo trimestre a Bergamo è d’altra parte allineato con la media lombarda, che evidenzia anch’essa flessioni nell’ordine dei dieci punti sia rispetto allo stesso periodo del 2019 (-10,1%) sia rispetto al trimestre precedente (-10%).
Tutti i settori evidenziano variazioni negative significative, anche quelli meno colpiti dall’emergenza sanitaria come alimentari, chimica e gomma plastica. I comparti più penalizzati, sia a livello regionale che provinciale, risultano invece quelli legati al settore della moda (pelli-calzature e abbigliamento), alla filiera dell’edilizia (minerali non metalliferi), la siderurgia e i mezzi di trasporto.
Il calo registrato dal fatturato delle imprese industriali bergamasche risulta significativo ma meno accentuato rispetto a quello evidenziato dalla produzione (-7,7% su base annua), probabilmente perché parzialmente legato a ordini lavorati prima del confinamento.
Anche la domanda interna ha risentito immediatamente dello shock: gli ordinativi provenienti dall’Italia si sono ridotti del 10,5% su base annua, mentre gli ordini dagli altri paesi evidenziano ancora una variazione positiva (+1,7%). La tenuta della domanda estera è imputabile al fatto che nella maggior parte del mondo le misure per il contenimento dell’epidemia sono state meno rigide e sono entrate in vigore successivamente rispetto all’Italia, primo paese occidentale a essere colpito dal virus: l’effetto negativo sarà quindi più evidente nel secondo trimestre.
L’occupazione non sembra risentire, per il momento, della caduta produttiva, registrando un numero di addetti sostanzialmente stabile tra l’inizio e la fine del trimestre: tale risultato è il frutto dei provvedimenti straordinari messi in campo dall’esecutivo per consentire alle aziende di conservare la forza lavoro in questo periodo di crisi, come dimostrato dalla percentuale di imprese che dichiara di aver fatto ricorso alla CIG, che passa dal 5-6% del 2019 al 60%.
La maggior parte delle interviste dell’indagine sono state realizzate nel mese di maggio e le aspettative dichiarate degli imprenditori riflettono quindi la consapevolezza del prolungamento delle misure di contenimento dell’epidemia per buona parte del secondo trimestre: il saldo tra previsioni di crescita e di diminuzione crolla infatti ai minimi storici per tutte le variabili, risultando negativo per oltre cinquanta punti su produzione (-58,8%), domanda interna (-66,7%) e domanda estera (-52,5%) e attestandosi al -22,1% per quanto riguarda l’occupazione.
La perdita produttiva risulta ancora più grave per l’artigianato manifatturiero bergamasco, attestandosi al -14,1% su base tendenziale ed evidenzia una caduta più pronunciata anche rispetto alla media lombarda (-12,9%). L’indice provinciale della produzione in un solo trimestre scende da quota 104,4 a 87,6, registrando la diminuzione congiunturale più intensa dell’intera serie storica (-16%). Il fatturato evidenzia un calo in linea con quello della produzione (-15,1% su base annua), mentre per gli ordini interni la flessione risulta grave ma meno marcata (-9,6%). Come già visto per le imprese industriali, l’occupazione delle imprese artigiane mostra una sostanziale tenuta, grazie soprattutto al forte incremento della Cassa Integrazione: dichiara infatti di averla richiesta il 61% delle imprese intervistate, dopo diversi anni in cui l’utilizzo di questo strumento era risultato del tutto marginale (compreso tra l’1% e il 3%). Le previsioni degli imprenditori artigiani fotografano un secondo trimestre ancora più “nero”: per produzione e domanda interna circa tre imprese su quattro si aspettano un’ulteriore diminuzione, a fronte di un 6-8% che prevede invece un recupero.
Le ricadute economiche dell’emergenza sanitaria risultano pesanti anche per le imprese bergamasche dei servizi (-12,1% la variazione del fatturato su base annua), il cui risultato è la sintesi del crollo registrato dalle attività di alloggio e ristorazione e dai servizi alla persona e delle perdite meno rilevanti mostrate invece dal commercio all’ingrosso e, soprattutto, dai servizi alle imprese.
Il commercio al dettaglio mostra il calo più ridotto tra i settori economici analizzati, pur evidenziando anch’esso una perdita di fatturato significativa (-7,2% rispetto al primo trimestre 2019). In questo caso i risultati dei diversi comparti sono estremamente differenziati: da un lato il comparto non alimentare subisce un forte calo, dall’altro il comparto non specializzato, che comprende la grande distribuzione a prevalenza alimentare, registra un incremento significativo.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Questa analisi congiunturale traduce in numeri chiari le preoccupanti avvisaglie di impatto sugli indici provinciali che vari centri studi nazionali e internazionali ci facevano presagire. Va aggiunto che, avendo il blocco produttivo interessato un periodo a cavallo di due trimestri, la ricaduta economica dei terribili mesi attraversati dalla provincia di Bergamo non è ancora del tutto registrata da queste cifre. Dobbiamo solo guardare avanti e puntare sulle nostre forze per riprendere slancio e ricostruire la fiducia. L’impresa bergamasca può contare su un’elevata propensione all’innovazione e all’apertura ai mercato internazionali, oltre che su una resilienza e una tenacia che storicamente la caratterizzano.”
Il nuovo servizio di Help Desk Covid-19 delle Camere di commercio offre un aiuto agli imprenditori che operano sui mercati internazionali in questa difficile fase di emergenza Covid-19. Operativo nell’ambito del progetto S.E.I - Sostegno all’Export Italia - promosso da Unioncamere in collaborazione con Promos Italia, Unioncamere Lombardia e la Camera di commercio di Bergamo - il servizio Help Desk Covid-19 offre alle imprese una prima assistenza alla soluzione dei problemi di natura legale, doganale, contrattuale, fiscale legati al commercio con l'estero in tempi di coronavirus.
Le richieste possono essere inoltrate all’indirizzo emergenzacovid@sostegnoexport.it o allo sportello Lombardiapoint della Camera di Bergamo lombardiapoint.bergamo@bg.camcom.it.
Lo Help Desk si configura come un supporto immediato per trovare risposte sulle nuove procedure connesse all’esportazione, alla logistica e al trasporto delle merci (monitorando anche la situazione ai confini dei vari Paesi europei), oltre che sulle normative che alcuni Paesi stanno introducendo per contrastare il contagio ma è anche uno strumento utile per individuare alcune opportunità in mercati oggi meno toccati dall’emergenza o, in prospettiva, nei paesi che per primi si rimetteranno in moto.
Per questo lo sportello si avvale anche della collaborazione di Assocamerestero e della rete delle Camere di commercio italiane all’estero: per dare tempestivamente informazioni “di prima mano” su come i principali mercati di riferimento dell’Italia stanno reagendo in questa fase e per offrire alle imprese alcuni primi suggerimenti operativi.
Sul sito del progetto S.E.I. è disponibile la lista dei principali mercati per i quali sono disponibili informazioni aggiornate e un calendario articolato di webinar informativi per le imprese che propone approfondimenti su alcuni mercati obiettivo e aggiornamenti su tematiche trasverali, come le procedure di import/export per i dispositivi di protezione individuali. Iscrivendosi al portale sarà anche possibile accedere a servizi di orientamento personalizzati sui mercati esteri volti a definire piani di pre-fattibilità per l'esportazione.
Lo Help Desk si integra e si avvale anche dei servizi che Unioncamere Lombardia e il sistema camerale lombardo hanno già messo in campo per supportare le imprese che operano con l’estero, in questa fase emergenziale Covid-19, quali:
ll primo trimestre 2020 si chiude con 93.958 imprese registrate in provincia di Bergamo.
Lo stock delle imprese attive (83.810) è in calo tendenziale (-466 posizioni pari al -0,6% su base annua) dalla metà del 2012.
Nel periodo considerato si sono avute 1.513nuove iscrizioni (-18,7% su base annua) e 2.086 cessazioni (-18,2%), con un saldo negativo di -573 unità (-687 nel corrispondente periodo del 2019).
Le imprese attive aumentano su base tendenziale tra le società di capitale (+1,0%). Diminuiscono le società di persona (-3,0%), le imprese individuali (-0,6%) e le altre forme giuridiche (-2,4%), in prevalenza cooperative.
Il settore artigiano, con 30.132 imprese a fine marzo 2020, registra una riduzione del -0,4% delle unità registrate su base annua. Lo stock delle posizioni attive registra una riduzione di -194 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le iscrizioni (692) diminuiscono del -9,7% su base annua e diminuiscono anche le cessazioni (834) del -15,3%. Per questo trimestre si registra comunque un saldo negativo tra iscritte e cessate: -142 unità, contro quello del primo trimestre dell’anno precedente, -219 unità.
Tra i settori produttivi, la contrazione delle imprese attive rispetto a un anno fa riguarda prevalentemente il commercio all’ingrosso e al dettaglio (-497 pari al -2,2%), le attività manifatturiere (-250 pari al -2,3%, di cui 152 artigiane), trasporto e magazzinaggio (-30 pari a -1,4%). Si registrano aumenti prevalentemente tra i servizi di supporto alle imprese (+80 pari a +2,9%), le attività professionali (+70, pari al +1,9%) e le attività immobiliari (+32 pari al +0,5%), i servizi alle persone (+31, pari a +5,0%), i servizi di intrattenimento (+26 pari a +2,4%), istruzione (+23 pari al +5,5%).
Lo spaccato per genere, età e nazionalità delle posizioni attive evidenzia su base annua una flessione (-2,2%) delle imprese giovanili, un leggero aumento delle imprese straniere (+1,9%). Pressoché invariate le imprese femminili (-0,3%).
Praticamente invariate le procedure concorsuali di fallimento, scioglimento e messa in liquidazione: 356 nei mesi di gennaio e febbraio del 2020 (non sono disponibili i dati di marzo), in confronto alle 391 del corrispondente bimestre del 2019.
L’importazione periodica nel Registro imprese dei dati occupazionali comunicati a INPS in base alla localizzazione dell’impresa consente di stimare, con la cautela necessaria di fronte a dati di origine amministrativa, gli addetti, cioè le posizioni lavorative presenti nel territorio, al netto del settore pubblico e delle attività dei liberi professionisti.
Le quasi 107 mila unità locali delle imprese attive, pressoché invariate rispetto a un anno fa, impiegano 397.493 addetti. Rispetto allo stesso periodo del 2019 si registrerebbe pertanto un incremento di 4.885 mila addetti, con una variazione positiva del +1,2%.
Incrementi rilevanti si riscontrano nei servizi di alloggio e ristorazione (+2.069), nelle costruzioni (+1.116), nei servizi di supporto alle imprese (+979), nel trasporto e magazzinaggio (+803), nell’agricoltura (+307).
Una perdita di addetti su base annua si rileva nei comparti manifatturiero (-778), commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e moto (-551), fornitura di energia elettrica (-69).
Commenta il presidente Malvestiti: “È presto per il momento leggere dai nostri dati l’effetto e l’intensità di questo brutto periodo iniziato quasi due mesi fa. Per ora quello che si nota è una forte diminuzione nel numero di nuove iscrizioni così come delle cessazioni d’impresa. La stasi che ha interessato il mondo produttivo si rispecchia quindi anche nelle registrazioni all’anagrafe delle imprese. Di fatto ogni decisione imprenditoriale è stata sospesa, sia per oggettive difficoltà materiali, sia per l’attesa di capire meglio le prospettive della crisi.”