Informazione economica

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Giovedì 9 Settembre 2021

Migliore situazione finanziaria e minore indebitamento per le imprese bergamasche

A luglio 2021 la situazione finanziaria delle imprese bergamasche ha raggiunto un maggiore equilibrio rispetto all’anno scorso – è questo il dato più rilevante che emerge dall’indagine condotta su un campione di imprese nel mese di luglio scorso dalla Camera di commercio di Bergamo in collaborazione con Unioncamere Lombardia. La percentuale dei rispondenti con un rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri inferiore a 1 risulta, infatti, pari a circa il 60% in tutti i settori, segnando così una diminuzione delle imprese che ricorrono all’indebitamento. Tra i settori, l’industria si conferma il comparto più solido grazie anche alla maggiore dimensione delle sue imprese; i servizi si avvicinano ai loro livelli di indebitamento pre-Covid, mentre l’artigianato è quello che ha superato i rispettivi valori del 2019. La situazione del commercio è variata di poco.

Tra le motivazioni del ricorso al credito si riscontra un aumento significativo degli investimenti, ma non nel comparto dei servizi. La motivazione prevalente rimane comunque legata alle esigenze di cassa, che sono state indicate da una percentuale di imprese compresa tra il 70% e l’80%. L’esigenza di liquidità, tuttavia, risulta più che altro espressione di una strategia precauzionale piuttosto che di un bisogno stringente.

Il riequilibrio della situazione finanziaria si accompagna a un miglioramento dei giudizi sull’accesso al credito rispetto alle valutazioni del 2020, che pure non erano così negative come ci si sarebbe potuto aspettare grazie alle agevolazioni messe in campo dalle istituzioni. Cala anche il livello di preoccupazione in merito alla capacità di rimborsare il debito accumulato. L’industria, ancora una volta, registra il grado di fiducia maggiore con circa il 20% di imprese che si dichiarano mediamente o molto preoccupate. Nei servizi questa quota si situa poco sopra il 20%, mentre sale sopra il 30% nel commercio al dettaglio e nell’artigianato. La preoccupazione elevata rimane minoritaria in tutti i settori.

Rispetto ai fattori legati alla crisi sanitaria che hanno inciso o incideranno sulla situazione finanziaria, sono meno numerosi nei confronti dell’anno scorso gli imprenditori in apprensione per i ritardi di pagamento, i costi di adeguamento ai protocolli di sicurezza e la difficoltà di sostenere le spese correnti. Fanno però eccezione i costi di magazzino, che registrano un forte incremento, arrivando a rappresentare il problema principale nell’industria con il 57% contro il 26% del 2020. A seguire commercio al dettaglio (49%), artigianato (37%) e servizi (24%), che mostrano valori inferiori ma comunque in crescita rispetto al 2020.

I risultati dell’indagine camerale” – commenta il presidente Carlo Mazzoleni – “mostrano che la finanza aziendale è nettamente migliorata rispetto all’anno scorso, fortemente segnato dalla crisi da Covid-19. L’industria conferma il suo primato di solidità tra i settori, mentre l’artigianato mostra chiari segni di ripresa, migliorando il suo livello di indebitamento rispetto al 2019. Che più imprese, specialmente industriali, accedano ora al credito per finanziare gli investimenti fa presupporre un ristabilito clima di fiducia. Si è tuttavia aggiunta la forte preoccupazione per l’aumento del capitale circolante investito a seguito dell’aumento dei prezzi che erode la capacità finanziaria a disposizione delle aziende per investimenti.

Ultima modifica: Venerdì 10 Settembre 2021
Martedì 3 Agosto 2021

Il tasso di sopravvivenza delle imprese bergamasche cresce tra il 2010 e il 2020

A Bergamo le iscrizioni di imprese tra il 2010 e il 2020 hanno registrato un andamento decrescente, tendenza che si è rafforzata nell’ultimo anno, in cui le iscrizioni sono calate del 20% rispetto all’anno prima. Anche le cessazioni, che pure negli anni 2010-2019 mostravano una tendenza all’aumento, hanno subito una decisa flessione nel 2020, dell’ordine del 18%. Questo fa sì che il tasso di natalità abbia subito un calo tra il 2010 e il 2020, attestandosi al 4,6% nell’ultimo anno, e lo stesso vale per il tasso di mortalità, che era stato in crescita fino al 2019. Il tasso di turnover lordo, ovvero la somma di questi due tassi, ha subito un lieve decremento tra il 2010 e il 2020, dovuto principalmente al calo della natalità.

In Lombardia le iscrizioni (e quindi il tasso di natalità) hanno mantenuto una dinamica negativa simile a quella di Bergamo, mentre le cessazioni e il tasso di mortalità sono rimasti in costante diminuzione, eccettuato un aumento nel 2019.

Nel decennio 2010-2019 è andato crescendo il tasso di sopravvivenza a uno, due e tre anni dall’iscrizione, che rappresenta la quota percentuale di imprese che sopravvivono a uno, due e tre anni. Perciò i tassi più alti si sono registrati al 2020, quando era ancora in vita l’83% delle imprese bergamasche iscritte un anno prima, il 77% di quelle iscritte due anni prima e quasi il 70% di quelle registrate tre anni prima. Viceversa, solo il 73% delle imprese iscritte nel 2010 sopravviveva a due anni dall’iscrizione. In tutto il periodo il tasso bergamasco è stato sempre lievemente al di sopra di quello regionale.

La crescita del tasso di sopravvivenza, se collegata alla diminuzione del tasso di turnover lordo, descrive un’evoluzione in positivo della demografia di impresa sia in provincia che in Lombardia. Le imprese iscritte, infatti, sono inferiori in numero assoluto ma sono maggiormente solide in termini di capacità di sopravvivenza.

Rispetto alla forma giuridica, sono le società di persone e le imprese individuali a sopravvivere di più a un anno dall’iscrizione, mentre a due e a tre anni, sono più numerose le società di persone e di capitali. Le imprese organizzate in forma societaria rappresentano quindi la quota maggiore di quelle che durano almeno due anni dall’iscrizione.

Osservando le curve sull’arco del decennio, si nota una diminuzione dei tassi di sopravvivenza tra il 2011 e il 2015 a seguito della crisi dei debiti sovrani. Nello specifico, il calo risulta evidente per le società di capitali iscritte negli anni 2011-2013, per le società di persone iscritte nel 2011 e per le imprese individuali iscritte tra il 2011 e il 2015.

Con riguardo al settore economico, le imprese agricole e quelle attive nel settore trasporti e spedizioni hanno un’elevata sopravvivenza a uno, due e tre anni dall’iscrizione. A seguire si trovano commercio, turismo e manifattura. Sull’arco del decennio, l’agricoltura accusa un calo dei tassi di sopravvivenza per le imprese iscritte nel 2011, tendenza non ravvisabile chiaramente nella manifattura. Commercio e servizi, dal canto loro, hanno avuto un aumento dei tassi di sopravvivenza per le imprese iscritte nel 2012, quando invece le imprese dei trasporti e del turismo subivano una flessione.

Le prime conseguenze della crisi economica da Covid-19 possono essere già colte dalla lettura di questi dati. Nell’anno 2020 si nota infatti un deciso calo delle iscrizioni, connesso alla diminuzione della fiducia degli imprenditori, al blocco di determinate attività produttive, oltre che alle restrizioni al libero movimento. Il parallelo calo delle cessazioni non solo congela la tendenza crescente degli ultimi anni, ma fa registrare un tonfo senza precedenti, ricollegabile in parte agli interventi di sostegno economico e alla resilienza del tessuto produttivo bergamasco. Queste risultanze, già ravvisate peraltro dall’analisi delle movimentazioni nei primi due trimestri del 2021, rendono ragionevole stimare la presenza di una platea nascosta di imprese che, in assenza delle misure di ristoro e sostegno economico, avrebbe probabilmente dovuto cessare la propria attività.

Questo studio sui dati del Registro delle imprese conferma tendenze note, come la diminuzione delle iscrizioni a fronte dell’aumento delle cessazioni negli ultimi undici anni. La diffusione del Covid-19, tuttavia, ha in parte modificato questa dinamica portando a un deficit di natalità maggiore e, contrariamente alle aspettative, a un congelamento della mortalità di impresa. I dati sulla sopravvivenza delle imprese bergamasche offrono tuttavia un quadro positivo sul medio periodo, con tassi in costante miglioramento e al di sopra di quelli lombardi. Significativa la capacità di sopravvivenza delle imprese individuali, che costituiscono la forma giuridica più diffusa sul nostro territorio.

Ultima modifica: Giovedì 5 Agosto 2021
Venerdì 30 Luglio 2021

Si consolida la crescita nel terziario: gli imprenditori scommettono sulla ripresa. Servizi però ancora lontani dai livelli pre-Covid

Il confronto con i valori minimi raggiunti nell’analogo periodo del 2020, durante la fase più difficile dell’emergenza sanitaria, genera nel secondo trimestre un vistoso rimbalzo del fatturato del settore terziario lombardo: l’incremento su base annua è pari al +35,4% per le imprese con almeno 3 addetti dei servizi e del +25,2% per quelle del commercio al dettaglio. La variazione calcolata rispetto ai primi tre mesi dell’anno, pur di entità molto inferiore, si conferma comunque positiva (rispettivamente +1,6% per i servizi e +1,1% per il commercio) e in miglioramento rispetto agli ultimi due trimestri.

I progressi sul fronte sanitario, determinati dalla riduzione dei contagi, e il parallelo venir meno delle restrizioni alle attività economiche hanno creato le condizioni per l’avvio di una fase di recupero in un settore che era stato molto colpito dalla crisi innescata dal Covid-19. La crescita registrata nell’ultimo trimestre consente al numero indice del commercio al dettaglio, calcolato ponendo pari a 100 il livello medio del 2010, di raggiungere quota 86,5 e di completare sostanzialmente il recupero dei valori precedenti alla pandemia. I servizi invece, dove l’impatto negativo delle misure di distanziamento è stato più forte, registrano un indice pari a 90,8, ancora lontano dai livelli medi del 2019.

Non tutte le attività dei servizi sono state colpite allo stesso modo: nei servizi alle imprese e nel commercio all’ingrosso l’utilizzo dello smart working ha evitato ripercussioni troppo pesanti e in questi due comparti il giro d’affari ha già superato i valori del 2019. Le attività di alloggio e ristorazione sono invece ancora molto indietro nel recupero dei livelli persi in seguito agli effetti della pandemia, con perdite di fatturato che sfiorano il 30%.

Nel commercio al dettaglio il rimbalzo registrato su base annua è guidato soprattutto dai negozi non alimentari, che erano stati molto penalizzati nel secondo trimestre del 2020: nonostante il significativo recupero, i livelli di fatturato di questo comparto risultano ancora inferiori a quelli che avevano caratterizzato il 2019. All’opposto gli esercizi non specializzati, che comprendono la grande distribuzione a prevalenza alimentare e che erano stati avvantaggiati durante il lockdown per via della crescita dei consumi alimentari domestici, mostrano una crescita tendenziale più moderata ma su livelli di fatturato significativamente superiori a quelli pre-pandemia.

L’incremento del volume d’affari registrato su base annua dalle imprese commerciali bergamasche risulta allineato a quello evidenziato in regione (+24,8%), sebbene nel confronto con i livelli dell’ultimo trimestre la Lombardia metta a segno una crescita più marcata (+2,1%), allargando lievemente il vantaggio sull’indice provinciale rispetto al periodo pre-Covid19.

Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Come per la produzione manifatturiera, anche il fatturato del terziario registra una forte variazione rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno perché da una parte il grosso delle restrizioni è stato rimosso, dall’altra i dati attuali si confrontano con il punto di minimo nel 2020. La differenza tra il commercio al dettaglio e i servizi è che il primo ha recuperato i livelli medi precedenti la crisi, ma non così i secondi, sebbene a Bergamo siano cresciuti di più che al livello regionale. Anche nel terziario si nota una tensione sui prezzi e un diffuso clima di fiducia circa il mantenimento del recupero.”

Ultima modifica: Venerdì 30 Luglio 2021
Giovedì 29 Luglio 2021

Ancora in crescita la manifattura a Bergamo nel secondo trimestre, recuperati i livelli produttivi pre-Covid

Nel secondo trimestre prosegue il rimbalzo della produzione manifatturiera bergamasca rispetto ai livelli anomali del 2020: il fenomeno risulta particolarmente accentuato perché il confronto avviene rispetto al punto di minimo raggiunto lo scorso anno, in occasione del periodo più difficile dell’emergenza sanitaria. Gli incrementi su base annua raggiungono così i valori record di +37,5% per le imprese industriali con almeno 10 addetti e di +30,4% per le imprese artigiane con almeno 3 addetti. La variazione rispetto al trimestre precedente conferma comunque il processo di ripresa in corso nella manifattura provinciale, con aumenti significativi sia per l’industria (+3,5%) che per l’artigianato (+1,2%). Nell’industria, in particolare, si tratta del quinto segno positivo consecutivo, con una velocità di crescita che ha consentito di superare i valori pre-Covid, mentre l’artigianato ha evidenziato una ripresa più incerta ma comunque sufficiente a recuperare i livelli del 2019.

La crescita della produzione dell’industria bergamasca risulta allineata a quella regionale: la Lombardia registra infatti una variazione inferiore su base annua (+32,5%) ma un incremento congiunturale lievemente più marcato (+3,7%). Allargando l’analisi a tutto il periodo successivo allo scoppio dell’emergenza sanitaria, l’industria orobica ha mostrato un grado di resilienza e una capacità di recupero superiore alla media regionale, riducendo il gap con l’indice lombardo della produzione rispetto al periodo pre-Covid19.

Il dettaglio settoriale evidenzia come molti comparti importanti del sistema industriale bergamasco abbiano superato i livelli precedenti alla pandemia, a partire dalla meccanica, il settore più rilevante dal punto di vista dimensionale, ma anche per quanto riguarda chimica-farmaceutica e siderurgia. Ancora in difficoltà molti settori del made in Italy, sebbene segnali di recupero inizino a manifestarsi nel tessile.

La produzione manifatturiera dell’artigianato torna a mostrare un segno congiunturale positivo (+1,2%) a Bergamo, riprendendo il percorso di recupero dei livelli produttivi dopo la battuta d’arresto registrata nel trimestre precedente (-0,7%). Sebbene l’intensità della crescita risulti inferiore al comparto industriale, per via delle minori dimensioni delle imprese e della conseguente difficoltà nell’agganciare la domanda internazionale, le imprese artigiane bergamasche confermano una maggiore reattività rispetto alla media regionale: in Lombardia si registra infatti una crescita più ridotta su base annua (+22,6%), mentre la variazione congiunturale risulta negativa (-0,5%) per il terzo trimestre consecutivo. Il risultato di questa dinamica è che a livello regionale l’artigianato è ancora distante dai livelli pre-pandemia, mentre a Bergamo il divario è stato sostanzialmente chiuso.

Anche il fatturato delle imprese artigiane bergamasche evidenzia un forte rimbalzo su base annua (+33,1%) e un incremento di circa un punto percentuale (+0,9%) rispetto al trimestre precedente, mentre gli ordinativi proseguono la fase di crescita (+0,8% rispetto al primo trimestre) pur evidenziando un rallentamento.

Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Rapportando la produzione manifatturiera del secondo trimestre con quella di un anno prima, la variazione è altissima, ma è più significativo e importante sottolineare il superamento dei livelli 2019 pre-Covid, specialmente per l’industria. Un altro punto che vale la pena di mettere in risalto è la maggiore capacità di recupero dimostrata dal manifatturiero bergamasco rispetto al regionale. Ciò induce ad essere fiduciosi sulla tenuta occupazionale, anche a fronte dello sblocco dei licenziamenti, ma anzi, al contrario, si fa sempre più marcata la difficoltà di reperimento di figure adeguate da parte delle imprese. Per altro verso, non tutti i settori sono ugualmente performanti e permangono tensioni sui prezzi delle materie prime.”

Ultima modifica: Venerdì 30 Luglio 2021
Lunedì 26 Luglio 2021

Nel secondo trimestre 2021 migliora la fiducia e crescono le iscrizioni di imprese

Il secondo trimestre 2021 si chiude con 94.607 sedi di imprese registrate in provincia di Bergamo. Le iscrizioni sono 1.323, un valore solo poco al di sotto della media del triennio 2017-2019, il periodo immediatamente precedente la crisi economica dovuta alla pandemia. Questo dato si mostra, tuttavia, inferiore di 153 unità rispetto a quello rilevato nel secondo trimestre 2019. Le cessazioni sono 727, segnando una variazione tendenziale positiva su base annua (7,4%). Confrontando tale dato con lo stesso periodo del 2019 si nota come sia inferiore di quasi 1/3. Il saldo complessivo tra iscrizioni e cessazioni risulta positivo con 596 unità (+37 nel corrispondente periodo del 2020).

Il tasso di natalità delle imprese registra l’1,4%, con una crescita di 0,6 punti rispetto al corrispondente trimestre del 2020. Il tasso di mortalità, invece, segna lo 0,8%, segnando una diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Le imprese attive (84.690) risultano in aumento (+835 posizioni pari all’1,0% su base annua) rispetto allo stesso trimestre del 2020.

Nella bergamasca tra i settori economici i servizi rappresentano il 38,3% delle imprese attive, seguiti da commercio (22,4%), le costruzioni (20,7%) e la manifattura (12,7%).  In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso sono cresciuti i servizi (+642 con una variazione pari a 2,0% su base annua), l’agricoltura (+73 pari a 1,5% su base annua), il commercio (+133 pari a 0,7% su base annua) e le costruzioni (+85 pari allo 0,5% su base annua). Risulta, invece, diminuita la manifattura (-108 pari a -1,0% su base annua).

Molto positivi i tassi di natalità di agricoltura (1,4%), servizi (1,2%) e costruzioni (1,1%), seguiti da commercio (1,0%) e manifattura (0,6%). Il tasso di mortalità è il più basso per l’agricoltura (0,5%), seguono poi costruzioni (0,8%), commercio (0,8%), servizi (0,8%) e manifattura (0,6%).

Quanto alla natura giuridica, si conferma la tendenza in atto nell’ultimo decennio: l’impresa individuale risulta la forma giuridica maggiormente diffusa nella provincia con un’incidenza del 52,9% sulle imprese attive totali. A seguire le società di capitali (29,6%), le società di persone (15,3%) e le altre forme giuridiche (2,2%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, sono in crescita le società di capitali attive (3,3%), le altre forme giuridiche (0,8%) e le imprese individuali (0,7%). Sono, invece, in flessione negativa le società di persone (-2,1%).

Le imprese straniere attive sono 9.434 pari a 11,1% delle imprese attive totali con una variazione tendenziale su base annua pari a 3,4%. Le imprese femminili attive sono 17.204, con una variazione tendenziale pari a 1,9% su base annua, e rappresentano il 20,3% delle imprese attive totali. Le imprese giovanili attive sono 7.201, con una variazione tendenziale pari a 1,9% su base annua, e rappresentano l’8,5% delle imprese attive totali.

Nel secondo trimestre 2021 sono 30.124 le imprese artigiane registrate. I dati di flusso mostrano un aumento su base tendenziale: le nuove iscrizioni sono 466 (+64,1% su base annua) e le cessazioni (avvenute non d’ufficio) sono 338 con una variazione pari a +26,1% su base annua. Il saldo complessivo risulta positivo con 128 unità (+16 nel corrispondente periodo del 2020). Il tasso di natalità delle imprese registra l’1,5%, mentre il tasso di mortalità segna l’1,1%.

Le imprese artigiane attive sono, invece, 30.049 e riportano, in relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, una perdita di -21 posizioni con una variazione tendenziale pari a -0,1%.

L’analisi dei settori economici mostra che le imprese artigiane attive nelle costruzioni sono il 44,7% delle imprese attive totali, seguite dai servizi (27,8%), della manifattura (21,9%) e del commercio (5,2%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso crescono i servizi (+107 con una variazione tendenziale pari a 1,3% su base annua) e il commercio (+11 pari a 0,7% su base annua). Diminuiscono, invece, l’agricoltura (-3 pari a -2,4% su base annua), la manifattura (-103 pari a -1,5% su base annua), e le costruzioni (-30 pari a -0,2% su base annua).

Osservando la forma giuridica, invece, il 74,3% delle imprese artigiane sono imprese individuali. Seguono le società di persone (15,4%), le società di capitali (10,2%) e i consorzi (0,04%).

Le procedure concorsuali, gli scioglimenti e le liquidazioni nell’aprile e nel maggio 2021 (non è ancora disponibile il dato di giugno) sono stati, complessivamente, pari a 150, in netto aumento rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente (73).

Le 108.173 attive tra sedi e unità locali, aumentate rispetto a un anno fa (+1.171), impiegano 391.312 addetti (di cui 321.345 dipendenti e 69.967 indipendenti). Rispetto allo stesso periodo del 2020 si registra pertanto una diminuzione di 4.530 addetti, con una variazione tendenziale del ‑1,1% su base annua. Si ricorda che il dato degli addetti è riferito al trimestre precedente rispetto a quello delle imprese e unità locali.

Tra i settori economici si riscontrano incrementi di addetti nelle localizzazioni attive delle costruzioni (+1.829), della manifattura (+146) e dell’agricoltura (+55). Rilevanti perdite di addetti su base annua si rilevano nei servizi (-6.859) e nel commercio (-90).

Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “Nel secondo trimestre 2021 la crescita delle iscrizioni di imprese ci restituisce un buon segnale sulla ripresa dell’economia bergamasca. Dopo la crisi economica scatenata dalla pandemia la fiducia degli imprenditori sembra migliorare con le iscrizioni che tornano ai livelli della media del triennio 2017-2019. Le cessazioni non hanno ancora raggiunto i livelli pre-Covid, in ragione del perdurare delle misure di sostegno pubblico che stanno probabilmente ritardando la chiusura di imprese in sofferenza.

Ultima modifica: Lunedì 26 Luglio 2021
Martedì 20 Luglio 2021

Aggiornamento parziale del bollettino con i prezzi dei capitoli dell’edilizia

La Camera di commercio di Bergamo ha pubblicato un aggiornamento straordinario del “Bollettino dei prezzi informativi delle opere edili” edito in collaborazione con ANCE Bergamo, l’associazione dei costruttori edili. Segue di pochi mesi la pubblicazione dell’edizione 2020 dello stesso bollettino, uscita nel febbraio 2021, che rilevava i prezzi praticati mediamente nel settembre 2020. 

Questo aggiornamento, che riguarda i soli capitoli dell’edilizia (A, W, X, Y e Z), rileva i prezzi medi praticati tra il 1° e il 15 maggio 2021 e non tiene conto delle variazioni intervenute successivamente. Riporta le quotazioni dell’edilizia civile, delle opere di urbanizzazione e sistemazione esterna, sicurezza e noleggi risultanti dalla rilevazione di oltre 5 mila voci e avvenuta presso 40 ditte rappresentative del settore.

Il forte aumento di prezzo delle materie prime e dei costi di produzione, verificatosi a livello globale dall’inizio del 2021, e il fervore che vive l’edilizia, anche grazie allo stimolo di incentivi fiscali come il Superbonus 110%, hanno determinato una situazione di tensione per gli operatori del settore. Questo contesto economico ha comportato la necessità di un aggiornamento parziale e tempestivo delle quotazioni già rilevate in modo da venire incontro alle esigenze del mercato.

Il bollettino viene pubblicato in versione online, scaricabile in formato importabile nei programmi per il computo metrico, e in formato digitale PDF. L’acquisto si effettua dallo sportello virtuale.

Si ricorda peraltro che il Prezzario regionale della Lombardia, disponibile gratuitamente in PDF e in formato di interscambio, risulta obbligatorio per la determinazione degli importi dei lavori pubblici dal 1° gennaio 2019. Lo stesso prezzario o, in alternativa, quello edito dalla DEI, Tipografia del Genio Civile, vanno utilizzati nell’ambito degli interventi realizzati con il Superbonus 110%.

Bollettino prezzi delle opere edili

Ultima modifica: Martedì 20 Luglio 2021
Lunedì 28 Giugno 2021

Nelle esportazioni bergamasche vantaggio per i settori a medio contenuto di innovazione

La provincia di Bergamo registra una specializzazione commerciale nei settori a medio contenuto di innovazione, tipici della produzione di beni capitali come i macchinari e gli apparecchi elettrici. Nell’anno 2020 i settori a economie di scala – sono quelli in cui i costi produttivi si riducono all’aumentare delle quantità prodotte – rappresentano il 42% delle esportazioni e il 54% delle importazioni. Questo il quadro rappresentato dallo studio della Camera di commercio, che ha analizzato l’interscambio commerciale con l’estero tramite i dati forniti da Istat allo scopo di individuare i settori in cui il territorio esprime vantaggi comparati.

Lo studio fa emergere quali sono le merceologie con più alto livello di specializzazione e verifica quali sono i vantaggi associati ai vari gradi di innovazione nella manifattura, per poi prendere in considerazione l’evoluzione temporale del modello di specializzazione bergamasco.

Per raggiungere questo scopo si serve dell’indice NTS, uno dei metodi utilizzati dagli economisti per misurare i vantaggi comparati di un sistema economico. L’indice NTS tiene conto sia delle esportazioni sia delle importazioni, eliminando così gli scambi intermedi. Per semplificare, quindi, quando il settore è specializzato l’indice assume un valore positivo perché le esportazioni sono superiori alle importazioni.

Va detto che non esiste una correlazione tra il valore dell’NTS di una merce e la sua importanza quantitativa, cioè a un’alta quota del totale esportato non corrisponde necessariamente un vantaggio comparato. Perciò, per garantire la significatività dei risultati, sono state considerate solo le merci con una quota superiore al 1,5% del totale esportato. L’analisi è stata condotta sui dati della manifattura, che spiega la quasi totalità delle importazioni e delle esportazioni bergamasche. La provincia di Bergamo sta tra le prime 10 province esportatrici italiane, con il 5% delle sue imprese esportatrici, soprattutto di grandi dimensioni.

Le prime cinque categorie merceologiche per specializzazione in bergamasca sono le Bevande, i Macchinari, i Prodotti in metallo, gli Articoli in gomma e la Coltelleria. In Lombardia sono invece i Mobili, i Prodotti in metallo, i Macchinari, gli Articoli in pelle e gli Articoli in gomma.

Viceversa, le cinque categorie in cui la manifattura bergamasca risulta maggiormente de-specializzata sono i Prodotti tessili, gli Autoveicoli, i Prodotti chimici, i Prodotti alimentari e i Computer. In Lombardia sono i Prodotti chimici, i Prodotti alimentari, gli Articoli farmaceutici, gli Autoveicoli e i Computer.

Per quanto riguarda il grado di innovazione, i comparti produttivi possono essere classificati in:

  • tradizionali, a basso contenuto di innovazione;
  • a offerta specializzata, a medio contenuto di innovazione;
  • a elevate economie di scala, a medio-alto contenuto di innovazione;
  • a ricerca e sviluppo, caratterizzati da elevati investimenti nell’innovazione scientifica.

In questa prospettiva risulta che i settori bergamaschi a medio contenuto di innovazione godono di un forte vantaggio comparato. A seguire si trovano i settori a elevate economie di scala e quelli tradizionali, mentre quelli a ricerca e sviluppo risultano de-specializzati. In Lombardia, invece, i settori con maggiore specializzazione sono quelli a ricerca e sviluppo, seguiti da quelli a economie di scala.

In provincia di Bergamo i settori a medio contenuto di innovazione hanno visto crescere il proprio vantaggio nel 2018 per poi stabilizzarsi negli anni successivi. I settori a economie di scala e quelli tradizionali, che partivano de-specializzati nel 2017, hanno acquisito un vantaggio comparato negli anni successivi. La ricerca e sviluppo è caratterizzata da un andamento decrescente della specializzazione negli ultimi quattro anni.

Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “L’apertura internazionale dell’economia bergamasca negli ultimi cinque anni ha preso uno slancio, se si eccettua la parentesi del Covid che ci auguriamo di lasciarci alle spalle nel più breve tempo possibile. Questo studio di specializzazione conferma che i nostri settori con un grado di innovazione medio-alto, tra cui rientrano la meccanica e gli articoli in gomma, sono molto competitivi. Viceversa, lo sono meno i settori ad alto contenuto di innovazione, caratteristica peraltro osservabile in diversi Paesi europei, tra cui la stessa Germania. Dobbiamo rafforzare ulteriormente l’impegno nell’innovazione e digitalizzazione per migliorare il nostro posizionamento competitivo.”

Ultima modifica: Mercoledì 30 Giugno 2021
Venerdì 11 Giugno 2021

Le esportazioni bergamasche riprendono quota rispetto al primo trimestre 2020

Il valore delle esportazioni di Bergamo nel trimestre totalizza 3.981 milioni di euro (+6,8% su base annua, contro variazioni del 3,5% in Lombardia e del 4,6% in Italia). Le importazioni sono state pari a 2.582 milioni (+12,1% tendenziale, contro +7,8% in Lombardia e +5,8% in Italia). Il saldo trimestrale della bilancia commerciale di Bergamo è positivo per 1.399 milioni, inferiore al saldo del trimestre corrispondente dell’anno scorso (1.425 milioni).

Le esportazioni bergamasche del primo trimestre 2021 hanno registrato una flessione congiunturale nei valori grezzi, come è solito succedere rispetto al quarto trimestre dell’anno. Per il Nord Ovest Istat stima comunque una variazione congiunturale positiva del 2,5% sui valori destagionalizzati.

Per quanto riguarda le prestazioni dei settori trainanti dell’export provinciale, la situazione è la seguente: macchinari (992 milioni, 13,5%), prodotti chimici (587 milioni, +0,1%), metalli di base (491 milioni, -3,7%), mezzi di trasporto (414 milioni, +29,6%), articoli in gomma (400 milioni, +8,3%), apparecchi elettrici (262 milioni, +10,2%), tessile e abbigliamento (228 milioni, +1,5%) e alimentari (215 milioni, -0,5%).

Per un confronto con la situazione pre crisi la tabella “Export Bergamo per categoria merceologica” riporta anche i valori del primo trimestre 2019 con la relativa variazione percentuale. Tra le categorie più importanti per valore, le variazioni positive riguardano i macchinari (+3,6%), prodotti chimici (+1,2%), mezzi di trasporto (+15,3%) e articoli in gomma (+1,7%). Negativa, invece, la variazione per i metalli di base (-15,1%), apparecchi elettrici (-7,4%) e tessile e abbigliamento (‑8,2%).

Nel trimestre in esame, per area geografica di destinazione, positivo il tasso di variazione tendenziale verso l’area UE 27 post Brexit (11,0%) e verso l’Eurozona (10,8%). I mercati extra UE sono in crescita (0,6%), effetto di variazioni di segno opposto tra aree in crescita (Paesi europei extra UE, America centro meridionale, Asia orientale, Oceania) e altre in diminuzione (Africa settentrionale e altri paesi africani, America settentrionale, Medio Oriente e Asia centrale).

Il confronto degli aggregati di maggiore peso con la situazione pre crisi mostra una crescita per l’Unione europea (+3,1%), mentre l’area Extra UE riporta una diminuzione (-7,9%).

Segnano variazioni negative nel confronto con il corrispondente trimestre del 2020 solo le esportazioni verso Stati Uniti (-16,1%) e Regno Unito (-1,7%). I restanti paesi hanno tutti variazioni positive: Germania (12,1%), Francia (9,5%), Spagna (7,0%), Polonia (13,2%), Cina (39,9%), Paesi Bassi (7,2%), Svizzera (2,1%), e Austria (16,5%). Anche la tabella “Export Bergamo – I primi 10 paesi” presenta i dati del primo trimestre 2019 per un confronto con la situazione precedente lo scoppio della pandemia.

Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Non ci sorprende che le esportazioni bergamasche siano in consistente variazione positiva rispetto al primo trimestre dell’anno scorso, data la situazione di blocco che con il mese di marzo 2020 iniziava a interrompere le catene di fornitura internazionali. Il confronto con la situazione precedente la crisi ci segnala una variazione ancora moderatamente negativa.”

Ultima modifica: Venerdì 11 Giugno 2021
Mercoledì 26 Maggio 2021

Le conseguenze della pandemia pesano ancora sulle imprese bergamasche ma le prospettive migliorano

La situazione delle imprese bergamasche, dopo oltre un anno di emergenza sanitaria, risente ancora degli effetti della pandemia ma segnala un lento miglioramento. Questo è quanto emerge dall'indagine condotta nell'aprile 2021 dalla Camera di Commercio di Bergamo con la collaborazione di Unioncamere Lombardia. Rispetto ai dati raccolti a luglio 2020 cala la percentuale di imprenditori che dichiara di aver subìto perdite difficilmente recuperabili. Quest'ultima categoria, che rappresenta un segmento di imprese ad alta vulnerabilità, diminuisce soprattutto nell'industria, dove passa dal 16% all'8%, mentre nell'artigianato, nei servizi e nel commercio al dettaglio è ancora tra il 20% e il 30%.

I problemi relativi alla domanda rimangono prioritari nel manifatturiero, ma con percentuali (36% per l'industria e 38% per l'artigianato) in netto calo rispetto a luglio scorso. Crescono le criticità legate agli approvvigionamenti, dovute alla ridefinizione delle catene di fornitura durante la pandemia e all'impennata dei prezzi delle materie prime. Le restrizioni imposte dalle misure anti-Covid sono invece la questione centrale per le imprese del terziario (50% nel commercio e 31% nei servizi), dove molti comparti (alloggio e ristorazione, servizi alla persona, commercio non alimentare) sperimentano ancora limitazioni significative alla propria attività. Risultano fortunatamente in calo i problemi finanziari e di liquidità, sebbene nell'artigianato e nei servizi vengano ancora segnalati da una quota significativa di imprenditori (rispettivamente 18% e 14%).

Nonostante gli effetti negativi della crisi, esiste una quota rilevante di imprese che ha reagito in maniera dinamica allo shock generato dalla pandemia, realizzando o progettando nuovi investimenti: si tratta di un segmento pari a circa il 30% nell'industria e al 20% nel commercio e nei servizi. Le strategie di reazione dichiarate dalle imprese sono legate soprattutto alla ricerca di nuovi clienti e mercati, in particolare nel manifatturiero, mentre l'implementazione di servizi e prodotti innovativi presenta maggiore rilevanza nel commercio e nei servizi, impegnati a progettare soluzioni che consentano di proseguire l'attività nel rispetto delle norme di distanziamento (e-commerce, consegne a domicilio).

La questione occupazionale è stata affrontata con un largo ricorso alla cassa integrazione - tutt'ora utilizzata da circa il 40% delle imprese - che ha permesso di limitare il ricorso a provvedimenti di riduzione dell'organico, blocco delle assunzioni e mancato rinnovo di contratti in scadenza. Nei servizi, tuttavia, i livelli occupazionali hanno subìto un impatto maggiore poiché alcune delle attività colpite maggiormente dalle restrizioni anti-Covid, come la ristorazione, sono caratterizzate da un'elevata quota di forza lavoro inquadrata con contratti a tempo determinato o comunque poco protetti.

L'utilizzo dello smart working ha registrato un forte impulso durante la pandemia, soprattutto nell'industria (dove ha raggiunto il 60% delle imprese), ma i giudizi sembrano essere ambivalenti a riguardo e la maggior parte delle imprese bergamasche sembra orientata a non mantenere questa forma di lavoro una volta usciti dall'emergenza sanitaria. La stima della quota di imprese che utilizzerà forme di lavoro agile nel periodo post-Covid è comunque decisamente superiore ai livelli precedenti la pandemia (10% per l'industria, 4% per il commercio, 6% per i servizi), fatta eccezione per l'artigianato (1%).

Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: "L'indagine camerale condotta su un campione di imprese bergamasche mostra un quadro ancora segnato dagli effetti della pandemia ma in netto miglioramento rispetto a luglio 2020. Le misure di sostegno, in particolare, sembrano aver ridotto l'impatto finanziario della crisi da Covid-19. Cresce anche la quota di imprese che sta realizzando o progettando nuovi investimenti, specialmente nell'industria. I livelli occupazionali sono stati sostanzialmente preservati nell'industria grazie all'ampio utilizzo della cassa integrazione e alle misure di blocco dei licenziamenti, mentre la situazione nei servizi, fortemente colpiti dalle restrizioni del primo trimestre 2021, desta maggiori preoccupazioni".

Ultima modifica: Mercoledì 26 Maggio 2021
Venerdì 14 Maggio 2021

Il terziario bergamasco ancora penalizzato, si allontanano ulteriormente i livelli di fatturato pre-Covid

Le imprese bergamasche del terziario continuano a essere penalizzate dalla situazione di emergenza sanitaria, che anche nel primo trimestre del 2021 ha comportato restrizioni per molte attività. Il fatturato cresce su base annua per le imprese con almeno 3 addetti dei servizi (+2,5%) e del commercio al dettaglio (+3,5%), ma tale dato risente del confronto con il valore molto basso del primo trimestre 2020, periodo in cui lo scoppio della pandemia aveva determinato una significativa caduta dei livelli di attività.

La variazione congiunturale, calcolata rispetto al trimestre precedente, mostra invece un segno negativo per entrambi i comparti (-1,7% per i servizi e -0,6% per il commercio al dettaglio), portando il valore del numero indice rispettivamente a quota 85,7 e 83,3, in ulteriore allontanamento rispetto ai livelli pre-Covid (-11,3% per i servizi e -3,4% per il commercio al dettaglio rispetto ai valori medi del 2019).

Dopo il recupero intenso, seppur parziale, che aveva caratterizzato i mesi estivi del 2020, gli ultimi due trimestri hanno registrato un peggioramento della dinamica: la recrudescenza dei contagi verificatasi e le conseguenti misure di contenimento adottate hanno avuto un impatto negativo su molte attività già duramente colpite durante il primo lockdown.

Ultima modifica: Venerdì 14 Maggio 2021