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Venerdì 22 Novembre 2024
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Nel quarto trimestre del 2022 il fatturato delle imprese bergamasche del terziario con almeno 3 addetti cresce su base annua del +6,2% nei servizi e del +5,4% nel commercio al dettaglio, mentre rispetto al trimestre precedente la variazione risulta del +1,8% in entrambi i comparti: un incremento congiunturale rilevante dopo la battuta d’arresto registrata nel terzo trimestre. Tale ripresa risulta particolarmente significativa nei servizi, perché avviene in concomitanza con un raffreddamento dei prezzi di vendita: negli ultimi tre mesi i listini risultano in aumento del +2,4%, un ritmo di crescita dimezzato rispetto a inizio anno.
Nel commercio al dettaglio invece l’inflazione sembra non avere ancora finito di accelerare: i prezzi registrano l’incremento record del +5%. Nel complesso, il 2022 ha visto crescere il fatturato delle imprese dei servizi del +13%, mentre nel commercio l’incremento si è limitato al +5,3%. Questa diversa situazione dei due comparti si riflette anche nelle aspettative delle imprese, che tornano in territorio positivo per i servizi e risultano invece negative nel commercio.
L’occupazione delle imprese del commercio al dettaglio prosegue invece la fase espansiva: il saldo del numero di addetti risulta infatti positivo anche nel quarto trimestre (+0,5%), consentendo di archiviare per il 2022 una crescita media del +1,1%. Il dato evidenzia comunque un rallentamento rispetto agli incrementi nell’ordine del +2% registrati nel biennio precedente.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Il 2022 è stato l’anno dei servizi, che hanno recuperato vigore dopo l’eliminazione delle restrizioni dovute al Covid e vedono ora il futuro con favore. Il commercio al dettaglio è invece cresciuto in minore misura, con prezzi in aumento e aspettative non del tutto positive. Sul fronte dell’inflazione, nel commercio all’ingrosso la fiammata è stata nel primo trimestre, per poi smorzarsi e trasferirsi nei prezzi al dettaglio che hanno registrato la loro più forte variazione nell’ultimo trimestre dell’anno”.
In allegato il rapporto completo.
In provincia di Bergamo la crescita della produzione manifatturiera continua anche negli ultimi tre mesi del 2022, in particolare per le imprese artigiane con almeno 3 addetti, che mettono a segno una variazione del +5% rispetto allo stesso trimestre del 2021, mentre per quelle industriali con almeno 10 addetti l’incremento si ferma al +3,1%. Il profilo delle variazioni congiunturali, ossia calcolate rispetto al trimestre precedente, conferma il progressivo rallentamento della dinamica industriale (+0,8%), mentre nell’artigianato la crescita della riproduzione sembra riprendere vigore (+1,5%). Al di là delle oscillazioni trimestrali, la media del 2022 mette in evidenza un risultato robusto per la manifattura orobica, confermando una performance più brillante per il comparto artigiano (+6,3%) rispetto a quello industriale (+5,7%), ma in entrambi i casi superiore ai ritmi di crescita che caratterizzavano il periodo pre-Covid. I numerosi shock esterni intervenuti nel 2022 non sono quindi riusciti a interrompere il trend positivo della produzione bergamasca, che ha mostrato un grado di resilienza superiore alle aspettative.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Con i dati del quarto trimestre possiamo gettare uno sguardo d’insieme sul 2022, che si è aperto con la guerra in Ucraina ed è stato segnato dalla crisi energetica e dall’inflazione. Ciò nonostante, le previsioni più pessimistiche sono state smentite da risultati brillanti dell’intero comparto manifatturiero. Gli ultimi due trimestri tuttavia marcano una flessione della produzione che proietta un rallentamento sul primo trimestre del 2023”.
In allegato il rapporto completo.
Con una coorte di 7.423 effettivi le imprese giovanili bergamasche rappresentano ben il 9% delle imprese attive iscritte alla Camera di commercio, tuttavia la loro consistenza è calata del 2,5% rispetto all’anno prima. L’andamento decrescente è visibile ancor più nella dinamica dell’ultimo decennio, salvo l’eccezione del 2021 quando la pandemia, o meglio i provvedimenti pubblici di ristoro, hanno interferito determinando l’incremento delle iscrizioni e il congelamento delle cessazioni.
A fronte di una popolazione totale che è andata lievemente crescendo fino a giungere a quota 1,1 milioni di residenti a inizio 2022, i giovani sono diminuiti fino al 2017 per poi continuare sostanzialmente stabili fino al 2022. La quota dei giovani è cresciuta nell’area urbana di quasi 2 punti percentuali, a discapito soprattutto della pianura (-1%) e poi della montagna e della collina. Non a caso è la pianura ad aver accusato il calo maggiore di imprese giovanili, mentre nell’area urbana è stato il più lieve. Comunque sia, alla fine del decennio il 31% delle imprese giovanili attive aveva sede in pianura, a seguire l’area urbana (30%), la collina (22%) e infine la montagna (17%).
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Le imprese giovanili sono calate negli ultimi dieci anni, cosa che si è verificata anche per il totale delle imprese. La loro maggiore velocità di decrescita può essere letta in relazione all’evoluzione demografica. È nella montagna bergamasca che si riscontra il valore maggiore di propensione all’impresa giovanile, positivo segnale di intraprendenza laddove il territorio offre meno alternative.”
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Per approfondimenti/acquisti si contatti pure il Servizio PrezziAl 31 dicembre 2022 erano 92.594 le sedi di imprese registrate in provincia di Bergamo, mentre le imprese attive raggiungevano un totale di 82.946, in calo di 1.766 unità rispetto a un anno prima (-2,1%).
Disaggregando il totale per settore economico, i servizi rappresentano il 39,2% delle imprese attive, seguiti da commercio (21,8%), costruzioni (20,3%), manifattura (12,6%) e agricoltura (5,9%). Rispetto alla fine del 2021 le imprese attive hanno registrato un calo in tutti i settori tranne i servizi, che sono rimasti costanti. Il commercio (con una variazione assoluta pari a -760 e una variazione tendenziale pari a -4,0%) ha accusato le perdite maggiori. A seguire le costruzioni (-683 pari a -3,9%), la manifattura (-312 pari a -2,9%) e l’agricoltura (-20 pari a -0,4%).
I dati di flusso mostrano un calo delle iscrizioni e delle cessazioni rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente: le iscrizioni sono 1.096 (-9,0%) e le cessazioni (includendo sia quelle d’ufficio che quelle non d’ufficio) sono 1.266 (-8,8%). Nello specifico, le cessazioni d’ufficio sono state solo 4, mentre le cessazioni non d’ufficio sono 1.262 (-4,5% su base annua). Il saldo complessivo tra iscrizioni e cessazioni complessive risulta negativo con -170 unità.
Sommando i quattro trimestri dell’anno, i flussi di iscrizioni e cessazioni non d’ufficio si stanno normalizzando rispetto alle anomalie indotte dalla pandemia che aveva visto, da un lato, il rimbalzo delle iscrizioni e, dall’altro, il congelamento delle cessazioni. Rispetto al 2021 le iscrizioni annuali hanno, infatti, avuto un calo (pari a -4,3%) mentre le cessazioni non d’ufficio sono cresciute (+4,9%).
Il tasso di natalità delle imprese registra nel trimestre il valore di 1,2% mentre il tasso di mortalità si attesta su 1,4%. Nel trimestre in esame la dinamica demografica provinciale è quindi negativa in quanto il tasso di mortalità risulta maggiore rispetto a quello di natalità. La somma dei due tassi restituisce poi il tasso di turnover lordo (2,6%), mentre la loro differenza corrisponde al tasso di turnover netto (-0,2%).
Il tasso di natalità è maggiore nei servizi (+0,9%), costruzioni (+0,9%), commercio (+0,8%), manifattura (+0,5%) e agricoltura (+0,5%). Il tasso di mortalità, invece, è minore in agricoltura (0,6%). I maggiori i tassi di mortalità si registrano nel commercio (1,6%), nella manifattura (1,4%), nei servizi (1,4%) e nelle costruzioni (1,3%).
In relazione alla natura giuridica, l’impresa individuale è la forma giuridica maggiormente diffusa tra le imprese attive, con un totale di 42.522 ricorrenze, pari al 51,3% delle imprese attive totali. A seguire le società di capitali (26.062 pari al 31,4%), le società di persone (12.564 pari a 15,1%) e le altre forme giuridiche (1.798 pari a 2,2%). Rispetto al 31 dicembre 2021 sono in crescita solamente le società di capitali, che registrano una variazione tendenziale del +3,0%. Sono, invece, in flessione le imprese individuali (-5,1%), le società di persone (-1,6%) e le altre forme giuridiche (-1,3%).
Al 31 dicembre 2022 le imprese straniere attive erano 8.772, pari al 10,6% delle imprese attive totali. In relazione all’anno prima, registrano una variazione tendenziale pari a -8,0%. Le imprese femminili attive sono 17.217 (-0,7% su base annua) e rappresentano il 20,8% delle imprese attive totali. Le imprese giovanili attive sono 7.423 (-2,5% su base annua) e rappresentano l’8,9% delle imprese attive totali.
Alla fine del 2022 le imprese artigiane registrate erano 28.952. Le imprese artigiane attive erano, invece, 28.876 e riportano, in relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, un calo di 1.161 posizioni e una variazione tendenziale pari a -3,9%.
Le iscrizioni artigiane nel trimestre sono state 345 (-15,2% su base annua), mentre le cessazioni complessive, d’ufficio e non d’ufficio, sono state 416 (-13,5% su base annua). Il saldo complessivo risulta negativo con -71 unità (-74 nel corrispondente periodo del 2021).
L’analisi per settore economico mostra che il numero maggiore di imprese artigiane attive si concentra nell’ambito delle costruzioni (12.731 pari al 44,1% delle imprese attive totali), dei servizi (8.245 pari al 28,6%), della manifattura (6.249 pari a 21,6%) e del commercio (1.522 pari al 5,3%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, tutti i settori registrano un calo delle imprese artigiane attive, fatta eccezione per l’agricoltura, che presenta una variazione nulla. Le costruzioni (-715 pari a -5,3% su base annua) presentano il calo maggiore. A seguire la manifattura (-294 pari a -4,5% su base annua), il commercio (-30 pari a -1,9%) e i servizi (-124 pari a -1,5%).
Analizzando la forma giuridica, invece, il 73,3% delle imprese artigiane sono imprese individuali. Seguono le società di persone (15,3%), le società di capitali (11,3%), i consorzi (0,04%) e le cooperative (0,01%). Le società di capitali hanno registrato una variazione tendenziale positiva, pari a 4,5%, rispetto all’anno precedente; le imprese individuali, le società di persone, le cooperative e i consorzi presentano invece una variazione negativa, mentre le altre forme giuridiche registrano una variazione nulla.
Tornando al complesso delle imprese, nel quarto trimestre 2022 le procedure concorsuali, gli scioglimenti e le liquidazioni sono state complessivamente 504.
Le 106.965 localizzazioni attive tra sedi e unità locali, diminuite rispetto a un anno fa (-1.448), impiegano 415.690 addetti (di cui 348.209 dipendenti e 67.481 indipendenti). Questo dato è riferito alla fine del terzo trimestre 2022 e va interpretato con cautela essendo di origine amministrativa. Si riscontrerebbero rispetto al terzo trimestre 2021 incrementi di addetti nelle localizzazioni attive dei servizi (+9.010), delle costruzioni (+1.290), della manifattura (+3.195), dell’agricoltura (+188) e del commercio (+101).
È l’industria orobica il settore con la maggiore sensibilità verso la sostenibilità: l’86% del campione intervistato giudica questo tema molto o abbastanza importante, piazzandosi in testa non solo agli altri settori economici ma anche all’industria in Lombardia (83%). Significativa è comunque la percentuale di risposte dell’artigianato manifatturiero (72%), caratterizzato da dimensioni più piccole, oltre che del commercio al dettaglio (78%) e degli altri servizi (80%).
Le imprese bergamasche sono più avanti nell’implementazione di misure a favore della sostenibilità ambientale, soprattutto nell’industria dove il 78% dichiara di aver adottato o programmato azioni per ridurre l’impatto delle proprie attività. Seguono i servizi, dove tale percentuale si attesta al 63%, mentre valori inferiori, ma comunque superiori al 50%, si registrano nell’artigianato e nel commercio al dettaglio.
Per quanto riguarda invece la sostenibilità sociale, il 61% delle imprese industriali bergamasche ha intrapreso azioni per il miglioramento dell’impatto delle proprie attività, a fronte del 55% in Lombardia. Industria ancora in testa, quindi, perché il commercio al dettaglio è al 55%, i servizi al 48%, mentre le imprese artigiane mostrano una bassa propensione verso questo ambito, con solo il 28% che dichiara di avere messo in cantiere delle misure, dato inferiore alla media regionale.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Le imprese stanno dimostrando consapevolezza e coinvolgimento in tema di sostenibilità. Le imprese di maggiori dimensioni sono quelle più ricettive e strutturate per rispondere a questa esigenza. La Camera di commercio ha avviato il Laboratorio ESG (Environmental, Social Governance) per accompagnare soprattutto le Pmi e le filiere nella transizione sostenibile. Essa stessa redige già da due anni il Bilancio di Sostenibilità, ma anche chi non elabora questo documento formale ha spesso intrapreso azioni o dimostra sensibilità alle possibili declinazioni di questo impegno”.
Il valore delle esportazioni bergamasche nel terzo trimestre dell’anno totalizza 4.855 milioni di euro, che è del 14,4% superiore rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente, contro variazioni del +18,5% per la Lombardia e del +20,6% per l’Italia. È proprio della Lombardia il contributo più ampio alla crescita su base annua dell’export nazionale. Le esportazioni bergamasche continuano a registrare una dinamica congiunturale positiva, ma in attenuazione nel confronto con il trimestre precedente.
Le importazioni sono state pari a 3.641 milioni, crescendo tendenzialmente del 31,0%, contro il +26,2% della Lombardia e il +44,8% dell’Italia. Con ciò, il saldo trimestrale della bilancia commerciale per Bergamo è positivo per 1.214 milioni, inferiore al saldo del trimestre corrispondente dell’anno scorso.
Le variazioni tendenziali degli otto settori trainanti dell’export provinciale sono tutte positive: macchinari (1.313 milioni, +8,4%), prodotti chimici (755 milioni, +18,0%), metalli di base (670 milioni, +25,0%), gomma e materie plastiche (476 milioni, +14,7%), mezzi di trasporto (467 milioni, +18,8%), apparecchi elettrici (326 milioni, +12,3%), tessile e abbigliamento (268 milioni, +3,1%) e alimentari (278 milioni, +12,7%).
Anche per area geografica di destinazione le variazioni tendenziali del terzo trimestre sono tutte positive, salvo Africa settentrionale (-0,1%), Altri paesi africani (-8,4%) e Asia centrale (-7,5%).
Rispetto al corrispondente trimestre del 2021, sono tutte in aumento pure le variazioni delle esportazioni verso i primi 10 paesi per interscambio commerciale con Bergamo: Germania (+20,2%), Francia (+11,9%), Stati Uniti (+36,3%), Spagna (+5,8%), Regno Unito (+13,4%), Polonia (+16,1%), Svizzera (+22,5%), Cina (+9,3%), Paesi Bassi (+6,8%) e Austria (+14,6%).
Se l’analisi provinciale mostra performance positive per quasi tutte le ripartizioni italiane, Bergamo si distingue per il suo contributo positivo particolarmente elevato, comparendo al nono posto dopo Milano, Ascoli Piceno, Siracusa, Torino, Brescia, Cagliari, Vicenza e Modena.
Considerando i primi nove mesi dell’anno, la provincia di Bergamo mantiene il quinto posto nella classifica italiana per valore esportato, dopo Milano, Torino, Vicenza e Brescia e contribuisce per il 3,2% al totale nazionale del periodo.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Il terzo trimestre dell’anno ci presenta dati ancora molto positivi. Dobbiamo tuttavia rimarcare che la variazione del trimestre è inferiore a quella cumulata, segnale di smorzamento della crescita, e che la dinamica positiva è fortemente condizionata dai rialzi dei prezzi diffusi a quasi tutti i settori merceologici”.
Secondo lo studio sulla congiuntura agricola in Lombardia, condotto da Unioncamere Lombardia e Regione Lombardia e presentato oggi a Cremona, l’agroalimentare lombardo mostra nel primo semestre 2022 un generale andamento negativo. Tale risultato si spiega con l’aumento eccezionale del costo dei mezzi di produzione - soprattutto mangimi, fertilizzanti e prodotti energetici - dovuto principalmente al conflitto Russia-Ucraina e alla crisi dell’energia. Oltre a ciò, le imprese agricole lombarde hanno sofferto per la scarsità delle precipitazioni nei primi mesi dell’anno e per la siccità dei mesi estivi.
Fanno eccezione con risultati positivi il vitivinicolo, la coltivazione degli ortaggi e il florovivaistico. Il rialzo dei prezzi agricoli determina la crescita del valore delle esportazioni agroalimentari e dell’indice sintetico di fatturato cumulato regionale. A livello nazionale, a fronte di una crescita positiva del Pil nel primo semestre, il valore aggiunto dell’agricoltura è in calo.
Per quanto riguarda l’agro-alimentare a Bergamo, la situazione si può stimare sulla base dei dati disponibili a livello provinciale, che si riferiscono alle esportazioni, alla produzione lattiero-casearia, alla demografia di impresa e all’occupazione. A ciò si aggiungono le risultanze della rilevazione congiunturale trimestrale della Camera di commercio, nella quale l’industria alimentare risulta essere cresciuta moderatamente per produzione e fatturato con un andamento positivo degli ordini interni ed esteri.
Le esportazioni agroalimentari, che rappresentano il 6% delle esportazioni complessive bergamasche del primo semestre dell’anno, valgono 604.332 milioni di euro, confermando Bergamo come seconda provincia esportatrice dell’agroalimentare lombardo dopo Milano. Il primo semestre 2022 registra un aumento (+11,8%) rispetto allo stesso periodo dell’anno 2021, frutto della spiccata crescita dell’industria alimentare e delle bevande (+13,6%) e del lieve incremento registrato dal settore primario (+0,1%). A livello regionale le esportazioni agroalimentari hanno registrato un incremento del 18,8%, superando la crescita nazionale del 16,7%.
Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “Lo studio congiunturale sull’agricoltura lombarda del primo semestre fa emergere segni di sofferenza del comparto agroalimentare. A pesare sulla situazione è la tendenza, iniziata già l’anno scorso, all’aumento eccezionale dei costi di produzione, specialmente quelli legati all’energia e al carburante, che erode la redditività delle imprese. Quanto ai costi alle materie prime e dell’energia, il quadro rimane preoccupante, sebbene gli aumenti si stiano stemperando rispetto ai picchi.”
Dopo una prima metà dell’anno molto positiva, nei mesi estivi del 2022 rallenta la crescita del volume d’affari nel settore terziario a Bergamo: la variazione su base annua nel terzo trimestre è pari al +6,5% per le imprese con almeno 3 addetti dei servizi e al +3,4% per le imprese attive nel commercio al dettaglio, valori in deciso ridimensionamento rispetto ai trimestri scorsi. L’andamento dell’indice del fatturato evidenzia infatti per entrambi i settori un “appiattimento” della tendenza positiva fin qui registrata, con variazioni congiunturali solo lievemente positive: +0,5% per i servizi e +0,3% per il commercio al dettaglio. Questo rallentamento va considerato anche alla luce dell’incremento dei listini, che mostrano tassi di crescita ancora significativi, soprattutto nel commercio al dettaglio, sostenendo il fatturato: al netto quindi dell’effetto dei prezzi, la fase positiva in corso dal 2021 potrebbe essersi già arrestata.
L’andamento del fatturato delle imprese bergamasche dei servizi risulta non solo in deciso rallentamento rispetto ai trimestri precedenti, quando gli incrementi congiunturali oscillavano tra i 2 e i 4 punti percentuali, ma anche meno brillante rispetto alla Lombardia, dove le variazioni tendenziali e congiunturali si attestano rispettivamente a +10,4% e +1%. L’indice del fatturato dei servizi a Bergamo si ferma a 111,1, allargando il gap negativo rispetto alla media regionale.
Il maggior contributo alla crescita su base annua proviene dal commercio all’ingrosso, mentre i servizi di alloggio e ristorazione, che a livello regionale hanno fornito un apporto molto positivo durante l’estate, mostrano a Bergamo un incremento decisamente più contenuto rispetto ai trimestri scorsi.
Anche nel terzo trimestre la variazione dei prezzi di vendita risulta significativa (+2,8%), sebbene il ritmo di marcia dei listini registri un rallentamento rispetto alla prima metà del 2022. Tali incrementi non trovano precedenti nella serie storica e hanno sicuramente contribuito alla forte crescita del fatturato dei trimestri scorsi.
Il saldo tra il numero di addetti a fine e inizio trimestre conferma il segno positivo (+0,7%), ma al netto degli effetti stagionali la variazione risulta sostanzialmente nulla, delineando una situazione di stabilità. Va inoltre ricordato che i livelli occupazionali nel settore dei servizi non hanno ancora recuperato i valori del periodo pre-Covid.
In questo contesto di indebolimento della crescita, le aspettative degli imprenditori evidenziano una forte incertezza, con un sostanziale equilibrio tra previsioni di crescita e di diminuzione per il prossimo trimestre. Per quanto riguarda il fatturato, il saldo risulta infatti pari a zero, con attese di stabilità che superano la metà del campione (55%); sull’occupazione prevalgono ancora le previsioni di aumento (saldo pari a +2), seppure lievemente, mentre la larga maggioranza (80%) si aspetta di mantenere gli stessi livelli di forza lavoro.
Anche le imprese del commercio al dettaglio mostrano una frenata più marcata del volume d’affari rispetto alla media regionale: in Lombardia la crescita è stata maggiore sia in termini tendenziali (+4,4%) sia, soprattutto, in termini congiunturali (+1%). Il risultato di questa dinamica è un ampliamento del divario tra l’indice lombardo e quello provinciale del fatturato, che si attesta a quota 94,2.
La crescita continua a essere significativa per gli esercizi non specializzati, che comprendono supermercati e minimarket, mentre quelli non alimentari, che avevano mostrato una decisa ripresa dopo il calo causato dall’emergenza sanitaria, evidenziano una nuova battuta d’arresto.
Va inoltre tenuto conto dell’effetto sul fatturato dei prezzi di vendita, che in questo trimestre raggiungono un nuovo incremento record (+4,7% congiunturale): in termini reali, cioè al netto dei prezzi, la fase di crescita del volume d’affari che ha caratterizzato l’ultimo anno e mezzo potrebbe quindi essersi già esaurita.
Le valutazioni sugli ordini ai fornitori rimangono in territorio positivo, con un saldo tra indicazioni di crescita e diminuzione su base annua pari a +1,6, ma fotografano comunque un trend in frenata negli ultimi trimestri.
Il livello delle scorte sembra essersi assestato: il saldo tra giudizi di eccedenza e scarsità (+6,3) risulta infatti in linea con gli ultimi trimestri e con i valori pre-Covid, dopo i picchi raggiunti nei periodi più critici dell’emergenza sanitaria e il calo verificatosi nella prima fase della ripresa.
L’occupazione delle imprese del commercio al dettaglio conferma per il momento la fase espansiva, con una variazione del numero di addetti tra inizio e fine trimestre pari al +0,7%.
Le aspettative degli imprenditori per gli ultimi tre mesi dell’anno mostrano una prevalenza di previsioni di crescita per fatturato (saldo pari a +5) e occupazione (saldo pari a +2), ma tali valori risentono del picco di vendite che si verifica in concomitanza con le festività natalizie. Un confronto con il livello delle aspettative registrate nell’analogo periodo dello scorso anno (+30 per il fatturato) e del 2019 (+13) evidenzia in realtà uno scarso livello di fiducia degli operatori, complice l’incognita legata agli effetti dell’elevata inflazione sui consumi delle famiglie. Le previsioni sugli ordini si confermano infine in area negativa (saldo pari a -7).
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Nel capoluogo l’aumento dei prezzi al consumo a ottobre rispetto all’anno precedente ha sfiorato il 10%. Questa informazione ci deve guidare nell’interpretare correttamente l’aumento del fatturato nel terziario, che non va quindi imputato interamente a una crescita reale. L’inflazione, in particolare l’aumento delle bollette di energia e gas e dei prezzi dei prodotti alimentari di prima necessità, pesa sulle aspettative e sulla propensione al consumo delle famiglie. Il periodo natalizio potrà dare qualche indicazione in più sulla tenuta dei consumi.”
Nonostante il peggioramento delle prospettive economiche nazionali e internazionali, il terzo trimestre 2022 conferma il proseguimento della fase di crescita della produzione manifatturiera bergamasca in corso dalla seconda metà del 2020, dopo il punto di minimo raggiunto nel periodo più critico dell’emergenza sanitaria. Le imprese industriali con almeno 10 addetti registrano infatti una crescita della produzione del +5,1% su base annua, mentre la variazione congiunturale, ossia rispetto al trimestre precedente, risulta pari al +1,1%. Anche le imprese artigiane con almeno 3 addetti mostrano incrementi produttivi simili (+5,8% su base annua e +0,9% congiunturale). Si tratta di valori in rallentamento rispetto ai trimestri precedenti, ma che confermano la resilienza della manifattura bergamasca nell’affrontare una situazione economica sempre più complicata a seguito dell’impennata dei costi energetici, dell’inflazione in rapida accelerazione e delle politiche restrittive messe in atto dalle banche centrali. Segnali di allarme giungono però dagli indicatori che anticipano l’andamento della produzione, con l’azzeramento della variazione congiunturale degli ordinativi nell’industria e la conferma delle aspettative in territorio negativo.
L’industria bergamasca evidenzia un incremento congiunturale della produzione del +1,1% nel terzo trimestre, un valore ancora significativo sebbene rappresenti la crescita più ridotta degli ultimi trimestri. Il dato è inoltre più consistente rispetto alla media lombarda, dove la fase di crescita risulta quasi arrestata (+0,4% congiunturale). Il numero indice della produzione provinciale, calcolato ponendo pari a 100 la media del 2010, raggiunge così quota 121,6, nuovo massimo della serie storica.
Tra i settori dell’industria manifatturiera bergamasca, il principale contributo alla crescita proviene dalla meccanica, che rappresenta anche il comparto più rilevante dal punto di vista dimensionale, oltre che dall’abbigliamento e dalla carta stampa; la gomma-plastica evidenzia invece un incremento su base annua inferiore alla media mentre la chimica svolta in negativo.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Nonostante tutto la produzione industriale ha registrato ancora una volta una crescita congiunturale. Certo, le prospettive non paiono buone e le aspettative degli imprenditori risentono del clima di forte incertezza che rende di fatto impossibile ogni previsione. D’altro canto, i prezzi delle materie prime si stanno riassorbendo e le catene di fornitura iniziano a operare con minori discontinuità: i margini di profitto delle imprese tornano ad allargarsi. L’artigianato presenta una variazione di ordini positiva, ma subisce maggiormente il costo dei rincari.”