Martedì 31 Dicembre 2024
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Commercio estremamente polarizzato, con solo l’8% di imprese che dichiarano una situazione di stabilità. I servizi pagano il conto più salato con un calo di fatturato mai registrato prima e una perdita significativa di posti di lavoro
COMMERCIO - Per le imprese bergamasche attive nel commercio al dettaglio la perdita di fatturato su base annua registrata nel secondo trimestre raggiunge il -17,1%, più che raddoppiando il divario negativo registrato nei primi tre mesi. Tale calo, pur molto rilevante, si conferma tuttavia più contenuto rispetto agli altri macro-settori analizzati (industria -20,3%, artigianato -22,3%), per via della presenza di segmenti importanti della distribuzione commerciale che non hanno subito gli effetti negativi della quarantena, rimanendo aperti durante tutto il periodo di confinamento. Si tratta, da un lato, degli esercizi specializzati alimentari, composti soprattutto da negozi di piccole dimensioni, e, dall’altro, di quelli non specializzati, che comprendono la grande distribuzione a prevalenza alimentare. I supermercati, in particolare, si sono trovati a fronteggiare un forte incremento della domanda, per via della crescita del consumo domestico di prodotti alimentari a scapito di quello esterno. Non va però dimenticato che i negozi non alimentari, che occupano la maggioranza degli addetti del settore, sono stati uno dei comparti più colpiti dall’emergenza sanitaria, con vendite inferiori di circa il 30% rispetto al livello del 2019.
I prezzi tornano a crescere (+0,8% rispetto al trimestre precedente) dopo la stabilità dei primi tre mesi dell’anno: anche in questo caso è determinante l’apporto degli esercizi non specializzati, dove la domanda in forte crescita di alcuni prodotti, sia alimentari sia legati all’igiene della casa, e le difficoltà di approvvigionamento hanno causato un rincaro dei listini.
Le valutazioni sugli ordini ai fornitori, nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente, vedono una netta prevalenza delle indicazioni di diminuzione su quelle di aumento. I giudizi sulle scorte confermano la situazione di sovrabbondanza che caratterizza i magazzini. Entrambi gli indicatori risentono delle difficoltà dichiarate dai negozi non alimentari.
L’indice del fatturato scende a quota 72,6, il livello più basso raggiunto da quando sono disponibili i dati dell’indagine (2006); rispetto al livello del trimestre precedente la variazione è pari a -10,4%. Il risultato provinciale non solo è in aggravamento rispetto al primo trimestre, ma mostra anche una flessione più marcata rispetto alla media regionale. Si allarga di conseguenza il gap negativo tra l’indice di Bergamo e quello regionale.
La distribuzione delle risposte all’interno del campione mostra un’espansione della quota di imprese che dichiarano una diminuzione del fatturato su base annua (63%), tuttavia si conferma la presenza di una quota rilevante di imprese con fatturato in crescita (28%), con una componente significativa di imprese che registrano guadagni di fatturato superiori ai 5 punti percentuali (26%). Questa distribuzione estremamente polarizzata, con solo l’8% di imprese che dichiarano una situazione di stabilità, è la conseguenza del diverso impatto del confinamento sui canali commerciali, anche se l’evoluzione del secondo trimestre vede un generale peggioramento.
Analizzando i dati sulle vendite di ipermercati e supermercati in provincia di Bergamo, emerge un rafforzamento della dinamica positiva evidenziata nei primi tre mesi dell’anno. Le vendite risultano infatti in accelerazione sia in valore (+8,8% su base annua) che in quantità, evidenziando come la situazione di emergenza sanitaria abbia avvantaggiato questo canale distributivo per via del maggiore consumo di beni alimentari e di prodotti per la cura e l’igienizzazione della casa.
Nonostante il calo di fatturato complessivo, non si registrano ancora contraccolpi evidenti sul fronte occupazionale, dove il numero di addetti mostra un lieve incremento (+0,4%) tra l’inizio e la fine del trimestre. In particolare l’occupazione risulta in crescita nei negozi non specializzati, che hanno dovuto fronteggiare sia una crescita della domanda sia le difficoltà logistiche legate agli approvvigionamenti e all’adeguamento ai protocolli di sicurezza, mentre il numero di addetti cala in misura limitata nei negozi non alimentari, dove le misure di sostegno all’occupazione hanno per il momento evitato un tracollo occupazionale.
Le aspettative degli imprenditori bergamaschi attivi nel commercio al dettaglio mostrano un rasserenamento per il prossimo trimestre ma in misura meno marcata che negli altri settori.
SERVIZI - Le imprese dei servizi si confermano tra le più colpite dallo shock causato dal Covid-19: nel secondo trimestre 2020 a Bergamo il divario del fatturato rispetto allo stesso periodo del 2019 raggiunge il -24,2% (era il -12,1% nel primo trimestre). Si conferma l’estrema eterogeneità che l’impatto dell’emergenza sanitaria ha avuto sui diversi comparti dei servizi: le attività di alloggio e ristorazione in particolare hanno ricevuto il danno maggiore, con un calo dei livelli di attività che supera il 50%. Meno penalizzati sono risultati il commercio all’ingrosso, con un calo di circa il 25%, e soprattutto i servizi alle imprese (-15% circa), che pur risentendo delle difficoltà dei loro clienti hanno potuto nella maggior parte dei casi proseguire l’attività lavorando in remoto.
I prezzi proseguono per ora la debole dinamica positiva (+0,2% la variazione rispetto al trimestre precedente), a differenza di quanto accade in regione. L’evoluzione futura dei prezzi sarà il frutto di due dinamiche che agiscono in senso opposto: da un lato la crescita sul fronte dell’offerta dei costi legati all’adeguamento ai protocolli di sicurezza, dall’altro la debolezza della domanda finale.
L’indice del fatturato scende al di sotto del minimo raggiunto nel 2014, attestandosi a quota 71,2; la variazione rispetto al trimestre precedente è pari al -13,6%, una velocità di caduta in ulteriore lieve peggioramento rispetto a quella registrata nei primi tre mesi dell’anno. In due soli trimestri la perdita cumulata dell’indice è stata di oltre 22 punti, un crollo senza precedenti nella serie storica: nella recessione del 2008-2009 i punti persi erano stati circa 11, mentre in quella del 2011-2012 il calo complessivo era stato di circa 10 punti. Il confronto con l’andamento regionale evidenzia un risultato simile.
Nonostante l’aggravamento della perdita media di fatturato su base annua, la quota di imprese che dichiarano un livello di fatturato inferiore al 2019 rimane di circa due terzi (67%), in linea con il trimestre precedente. Un segnale del deterioramento della situazione proviene però dall’assottigliarsi della percentuale di imprese che dichiarano una crescita di fatturato, che passa dal 27% al 20%.
A differenza degli altri macro settori analizzati dall’indagine, nei servizi cominciano a vedersi effetti negativi dell’emergenza sanitaria anche nei livelli occupazionali delle imprese, probabilmente per via della quota più elevata di contratti con un minor grado di protezione. La variazione del numero di addetti tra inizio e fine trimestre è pari al -0,6% e al netto degli effetti stagionali la diminuzione risulta ancora più significativa. Va detto che la tendenza positiva che aveva caratterizzato gli anni precedenti si era già interrotta alla fine del 2019.
Il settore dei servizi ha pagato probabilmente il conto più salato della pandemia, con un calo dei livelli di fatturato mai registrato in precedenza e una perdita significativa di posti di lavoro. Gli imprenditori, che nel primo trimestre avevano correttamente previsto l’entità della crisi, manifestano ora maggiore ottimismo riguardo al futuro: il saldo tra aspettative di crescita e di diminuzione per il prossimo trimestre mostra un netto miglioramento. Si tratta di valori ancora decisamente negativi e distanti dai livelli pre-Covid, che risentono del maggior pessimismo di comparti come le attività di alloggio e ristorazione.
Commenta il presidente Mazzoleni: “Commercio e servizi hanno subito un contraccolpo molto significativo dalla pandemia. Gli imprenditori del commercio al dettaglio esprimono aspettative in miglioramento, ma con cautela perché la crescita delle vendite alimentari dovrebbe rientrare nei prossimi mesi e la domanda espressa dai consumatori dovrà fare i conti con le ripercussioni sul reddito disponibile delle famiglie. Per quanto riguarda i servizi, c’è ancora molta incertezza sulle prospettive, ma il miglioramento delle aspettative testimonia la volontà degli imprenditori di continuare l’attività anche dove lo shock è stato più forte.”