Lunedì 25 Novembre 2024
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Si accentua il calo dell’industria (-2,5% su base annua), meglio l’artigianato (+0,5%). I livelli ancora elevati dei tassi di interesse penalizzano la manifattura
Tra aprile e giugno la produzione delle imprese industriali bergamasche con almeno 10 addetti è scesa del -2,5% su base annua e del -1,2% rispetto al trimestre precedente, accentuando la tendenza negativa che aveva caratterizzato i primi mesi del 2024 e buona parte del 2023. Il miglioramento che gli imprenditori avevano auspicato nella scorsa indagine non si è quindi ancora materializzato, con una domanda che resta debole nonostante il primo timido taglio del costo del denaro effettuato dalla BCE. Regge meglio l’artigianato, che dopo il calo del primo trimestre torna in territorio lievemente positivo (+0,5% la variazione su base annua e +0,3% su base trimestrale): nell’ultimo anno e mezzo l’indice della produzione artigiana è rimasto sostanzialmente stabile, accumulando un vantaggio di 5 punti su quello industriale (122,2 rispetto a 117,5). Dagli ordini provengono segnali contrastanti (in crescita per l’industria e in calo per l’artigianato), ma gli imprenditori sembrano aspettarsi una fase di debolezza ancora prolungata prima che gli effetti del previsto (e rimandato) taglio dei tassi di interesse dispieghi i suoi effetti su consumi e investimenti: le aspettative per il prossimo trimestre sono negative e in peggioramento per entrambi i comparti.
Nell’industria bergamasca la dinamica della produzione registra un peggioramento, archiviando la quinta variazione negativa consecutiva su base annua (-2,5%), nonché la più consistente tra quelle fin qui registrate. Il profilo delle variazioni congiunturali, calcolate cioè rispetto al trimestre precedente, evidenzia come la fase di calo sia iniziata già a fine 2022, per interrompersi brevemente a fine 2023 e riprendere con maggiore intensità nel 2024: anche in questo caso la flessione del secondo trimestre (-1,2%) risulta la più marcata di questa fase recessiva. Si tratta di un andamento in linea rispetto alle media nazionale, che ha visto una flessione congiunturale lievemente meno accentuata (-1%) ma un maggior calo tendenziale (-3,1%). Il numero indice della produzione orobica, calcolato ponendo pari a 100 il valore medio del 2015, scende così a quota 117,5, con una perdita cumulata di quattro punti rispetto al livello massimo raggiunto nel 2022, ma ancora 9 punti sopra i livelli pre-Covid.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “L’elevato costo del denaro e il prezzo dell’energia, ancora posizionato mediamente a circa il doppio del periodo pre-crisi, continuano a penalizzare il settore manifatturiero. Il quadro internazionale e il rallentamento di Germania e Francia, principali paesi europei destinatari del nostro export, sono ulteriori fattori negativi, che pesano soprattutto sul clima di fiducia e sulle aspettative. A livello territoriale, si notano diversi gradi di esposizione tra il comparto industriale e quello artigianale e poi tra i vari settori produttivi, dove il più colpito è proprio quello più rilevante per dimensione, ossia la meccanica” .