Informazione economica

Giovedì 26 Marzo 2020

Positiva per l’agricoltura lombarda la seconda metà del 2019 ma le previsioni sono negative

Il secondo semestre del 2019 evidenzia un miglioramento della situazione del comparto agricolo lombardo, testimoniato dall’evoluzione favorevole di tutti gli indicatori analizzati nell’indagine svolta da Unioncamere Lombardia e Regione Lombardia in collaborazione con le associazioni regionali dell’agricoltura.

Cresce il fatturato, grazie all’evoluzione positiva dei prezzi all’origine dei principali prodotti agricoli.

Sul fronte dei costi si registra una frenata, in particolare per le imprese zootecniche, per effetto dei minori prezzi degli animali da allevamento e dei mangimi. La zootecnia beneficia inoltre del protrarsi di un periodo favorevole per i prezzi del latte e della ripresa delle quotazioni delle carni bovine. Il  comparto suinicolo registra poi un vero e proprio boom a causa della peste suina in Cina. Per le coltivazioni, invece, le spese hanno continuato a salire, anche per effetto delle condizioni climatiche sfavorevoli: cereali (soprattutto mais) e vino risentono di quotazioni insoddisfacenti e di scarsi risultati produttivi.

Dal lato della domanda nei primi nove mesi del 2019 l’export ha fornito un contributo importante, ma pesa sul futuro l’incognita della Brexit e dei dazi, mentre sul fronte interno i consumi rimangono deboli.

Dopo il rallentamento del 2018, le esportazioni agroalimentari lombarde hanno ripreso a correre nei primi nove mesi dell’anno (+6,2%), con risultato in doppia cifra per i prodotti lattiero-caseari. Ne hanno beneficiato le industrie alimentari, che nel 2019 non hanno registrato le difficoltà degli altri comparti manifatturieri.

L‘analisi delle esportazioni agroalimentari lombarde a livello provinciale mette in evidenza l’ottima performance della provincia di Bergamo (+15,3%), che con una quota del 16,6% sul totale regionale è già seconda classificata per valore cumulato tra gennaio e settembre 2019, dopo Milano.

Vanno tuttavia notati gli effetti dei nuovi dazi USA che già si sono fatti sentire sul principale mercato di sbocco extraeuropeo delle nostre vendite all’estero: dopo una crescita molto sostenuta delle esportazioni italiane negli USA nei primi 10 mesi del 2019 (+11,3%), già a novembre si è verificato un brusco calo (-10,5%), che è proseguito nel mese di dicembre (-7,7%). Secondo diversi osservatori il forte calo è però in parte riconducibile all’effetto dell’annuncio dei nuovi dazi, che aveva spinto a un accumulo nei magazzini di scorte, le quali sono state in seguito smaltite.

Anche le conseguenze dell’uscita della Gran Bretagna non potranno che essere negative per le esportazioni italiane, dato che rappresenta il nostro quarto partner commerciale per l’agroalimentare. Inoltre, la Brexit renderà necessaria una redistribuzione delle risorse della Pac, che non vedranno più il Regno Unito come beneficiario, ma alle quali verranno a mancare gli stanziamenti provenienti da quel Paese.

Il risultato complessivo è un miglioramento delle valutazioni sulla redditività aziendale, che raggiunge il livello massimo registrato negli ultimi anni.

Più in dettaglio, si sono evidenziate le seguenti dinamiche settoriali:

  • Prosegue la fase positiva per il settore lattiero-caseario, che beneficia di una domanda internazionale ancora molto tonica, anche se il calo registrato dal prezzo del Grana Padano a fine anno insinua qualche ombra sull’evoluzione futura del settore. A livello lombardo il latte conferito è cresciuto dell’1,7% nel secondo semestre 2019, un’ulteriore perfomance produttiva migliore che del resto d’Italia. Bergamo è cresciuta del 2%, sopra la media regionale, arrivando a pesare per l’8% sul totale lombardo dopo Brescia, Cremona, Mantova e Lodi, le quali pesano congiuntamente per l’80%. Da notare l’aumento del 7,5% bergamasco nella produzione delle forme di Grana Padano confrontando il dato 2019 con quello del 2018. Il peso della produzione bergamasca sul totale regionale è del 2,7%, molto sotto i livelli delle prime tre Mantova, Brescia e Cremona.
  • Le quotazioni delle carni suine raggiungono prezzi record grazie alla carenza di offerta generata dalla peste suina in Cina, determinando un’impennata della redditività degli allevamenti; non migliora però la situazione dei prosciutti marchiati.
  • Il comparto delle carni bovine beneficia di una ripresa dei prezzi, dopo il calo registrato nella prima parte dell’anno, accompagnata dalla riduzione dei costi di produzione, in particolare delle spese per i ristalli.
  • Il settore vitivinicolo, tradizionalmente caratterizzato da una redditività superiore alla media, risente del calo produttivo registrato dall’ultima vendemmia, il cui effetto sui prezzi non è stato sufficiente, per ora, a bilanciare la diminuzione delle quantità.
  • I cereali rimangono il settore in maggiore difficoltà, con criticità significative per il mais, penalizzato dai risultati deludenti della campagna di raccolta e da quotazioni su livelli molto bassi; prezzi insoddisfacenti si riscontrano anche per il frumento tenero, mentre la situazione appare più positiva per frumento duro e, soprattutto, riso.

Segnali positivi giungono anche dal fronte occupazionale, dove nel terzo trimestre 2019 (ultimo dato disponibile), il numero di addetti nelle unità locali delle imprese agricole lombarde fa registrare un aumento dell'1,5%, che fa seguito a quello ancor più consistente del secondo trimestre (+2,4%).

Le variazioni sono state positive per tutte le provincie lombarde, con le sole eccezioni di Milano, che registra diminuzioni molto consistenti e Varese. La crescita degli addetti agricoli nel terzo trimestre 2019 a Bergamo (3,9%) è superiore alla media regionale.

Alla fine del quarto trimestre 2019 il numero di imprese operanti in Lombardia nel settore agricoltura, rispetto ad un anno prima, è diminuito del 2%, facendo segnare un peggioramento dei flussi di natimortalità imprenditoriale e confermando la dinamica negativa osservata nei primi due trimestri dell’anno. La diminuzione dell’1,2% osservata a Bergamo è minore della media regionale.

Nel complesso, questi elementi portano a un consuntivo 2019 migliore per la Lombardia rispetto al dato nazionale, per il quale invece le prime stime di Istat ipotizzano un calo del valore aggiunto intorno al -2,1%.

La specializzazione lombarda nella zootecnia ha svolto un ruolo rilevante nel raggiungere questo risultato, anche se la performance regionale è stata aiutata anche da fattori esogeni, come la peste suina in Cina, i cui effetti potrebbero esaurirsi senza aver apportato benefici strutturali.

Altri fattori esterni, come l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e i possibili dazi statunitensi, rischiano di frenare la domanda internazionale di prodotti lombardi, in un contesto in cui i consumi interni persistono in una fase di debolezza. Questi rischi sono particolarmente evidenti in un settore chiave come quello lattiero-caseario, dove giungono i primi segnali negativi dal recente calo delle quotazioni dei formaggi grana.

 

Le prospettive per l’agricoltura bergamasca

Se quanto risulta dall’indagine svolta fotografa la situazione del secondo semestre del 2019, il quadro attuale non è certamente di continuità a causa dell’emergenza che l’Italia sta vivendo, e in particolar modo la provincia bergamasca. Ancor più si complica quindi il lato delle previsioni, data l’incertezza che regna sulla durata della drammatica situazione attuale. Per il momento si fa riferimento alle stime delle organizzazioni di settore vicine alle imprese per valutare l’estensione delle perdite registrate dal settore primario, che pure rientra tra le attività essenziali con produzione garantita.

Il settore florovivaistico risulterebbe duramente provato: sono centinaia di migliaia i prodotti invenduti. Il calo del fatturato per questo mese stimato dalle organizzazioni del settore sfiora il 90% e se si considera che la metà del fatturato annuo scaturisce dalle vendite di marzo, aprile e maggio, si può intuire la gravità della situazione. Il settore agrituristico registra il fermo dell’attività come tutte le attività turistiche. Lo stesso vale per le fattorie didattiche, i maneggi e gli allevamenti di cani.

Meno colpiti sarebbero i produttori di alimenti (latte, carni, uova, cereali, formaggi, ma anche ortaggi, frutta e vino) sebbene i prezzi, in particolare del latte alla stalla, abbiano già subito una pesante flessione per via del rallentamento generale delle attività commerciali e del blocco di ospitalità e ristorazione. Un arresto anche per le carni suine e bovine, con problemi logistici a livello di macelli, mentre gli avicoli (carne e uova) sembrano essere in minor difficoltà, pur soffrendo per la tensione generale.

Ultima modifica: Venerdì 27 Marzo 2020
Mercoledì 18 Marzo 2020

Investimenti 2019, industria bergamasca in crescita rispetto all'ultimo biennio

L’accumulazione di capitale in Italia presenta ancora un rilevante divario rispetto agli altri principali paesi dell’Ue e la ripresa registrata nel 2016 è stata seguita da un rallentamento negli ultimi anni che ha incrementato il gap con le altre nazioni e la media europee. Per analizzare l’andamento degli investimenti nelle imprese bergamasche, la Camera di commercio ha condotto un approfondimento su questo tema in occasione della quarta indagine congiunturale del 2019.

Le imprese bergamasche che hanno investito nel corso dell’anno scorso sono per lo più nell’industria (68,8%), mentre gli altri settori evidenziano quote inferiori: 40,3% nei servizi, 31,4% nel commercio al dettaglio e 30% nell’artigianato. La performance dell’industria appare particolarmente positiva sia perché risulta in crescita rispetto all’ultimo biennio nonostante il rallentamento produttivo, sia perché la quota di imprese investitrici appare superiore alla media lombarda. L’industria bergamasca sembra quindi consapevole della necessità di non perdere competitività e di proseguire il percorso di trasformazione digitale in chiave 4.0, nonostante le difficoltà che attraversa il comparto manifatturiero a livello nazionale ed europeo.

Anche nei servizi la propensione all’investimento risulta in crescita e superiore al dato regionale, mentre commercio al dettaglio e artigianato evidenziano quote in calo nell’ultimo biennio e inferiori alle percentuali lombarde.

Le differenze tra i settori sono in parte dovute alla differente dimensione d’impresa, che si rivela una variabile fortemente correlata con la propensione a investire. L’industria beneficia infatti di una struttura caratterizzata da un peso maggiore delle medie e grandi imprese, mentre viceversa i dati dell’artigianato scontano la forte concentrazione di micro-imprese.

All’epoca della rilevazione le previsioni di investimento nel 2020 erano orientate a una maggior cautela, ma l’emergenza Covid-19 ha sbaragliato la situazione e i dati raccolti nel gennaio di quest’anno non rispecchiano il quadro attuale, che potrà essere valutato solo quando l’emergenza sarà rientrata. In ogni caso con l’eccezione del commercio al dettaglio, la quota di imprese che pensava di realizzare investimenti nel corso dell’anno era inferiore a quella che dichiarava di averli implementati nel 2019.

Rispetto all’anno precedente, il ricorso agli strumenti agevolativi aumenta nel commercio al dettaglio, ma si è ridotto negli altri settori con la la flessione più marcata nei servizi. In ogni caso, tali percentuali risultano generalmente superiori a quelle registrate in Lombardia.

L’ipotesi che le incertezze legate alla conferma del super ammortamento nel 2019 abbiano condizionato le scelte di investimento delle imprese trova parziale conferma nei dati: il super ammortamento rimane infatti lo strumento agevolativo privilegiato in tutti i settori, ma con percentuali in calo rispetto all’anno precedente, con l’eccezione del commercio al dettaglio dove rimane sostanzialmente stabile. L’iper ammortamento, strumento dedicato agli investimenti in chiave 4.0, viene utilizzato soprattutto nella manifattura, prevalentemente industriale, ma anche il commercio al dettaglio mostra un significativo incremento rispetto al 2018. Anche per quanto riguarda il ricorso alle agevolazioni fiscali, le imprese bergamasche mostrano una quota superiore al dato lombardo, tranne che per il super ammortamento nell’artigianato.

grafici del rapporto

Gli investimenti delle imprese bergamasche si concentrano soprattutto nei beni materiali, con quote che nell’artigianato, nell’industria e nei servizi si avvicinano al 90% del valore complessivo. In questi settori la voce che assorbe la maggior parte delle spese sono gli impianti, macchinari e veicoli. Diversa la struttura degli investimenti nel commercio al dettaglio, dedicati per tre quarti alla componente materiale, all’interno della quale gli impianti, macchinari e veicoli contano per un quarto, i fabbricati e i terreni per un quinto e a seguire le attrezzature informatiche e gli altri investimenti materiali.

Specularmente, la quota dedicata agli investimenti immateriali passa dal 10-13% nei comparti dell’artigianato, dell’industria e dei servizi a una percentuale più che doppia nel commercio al dettaglio, settore che nel 2019 sembra aver intrapreso con decisione la strada della trasformazione digitale. Tale sforzo è evidente in particolare nelle spese in software, dove le imprese commerciali hanno destinato il 13,6% degli investimenti complessivi contro il 4-6% degli altri comparti; significativi nel commercio anche gli altri investimenti immateriali, che risultano invece trascurabili per gli altri settori.

  Industria Artigianato Commercio al dettaglio Servizi
Fonte: Unioncamere Lombardia
Investimenti materiali 88,6 89,7 74,1 86,7
- Impianti, macchinari, veicoli 66,6 67,9 24,0 55,6
- Fabbricati e terreni 7,3 7,6 21,7 12,2
- Attrezzature informatiche 6,4 4,5 13,1 9,7
- Altro materiali 8,3 9,7 15,3 9,3
Investimenti immateriali 11,4 10,3 25,9 13,3
- Software 3,8 5,0 13,6 5,6
- Consulenza, ricerca e sviluppo, formazione 6,0 2,6 4,7 5,1
- Brevetti, concessioni, licenze 0,8 2,1 0,5 0,5
- Altro immateriali 0,9 0,6 7,0 2,0
Totale investimenti 100,0 100,0 100,0 100,0

Oltre il 40% delle imprese che non hanno realizzato investimenti nel 2019 adduce la mancanza di una reale esigenza, perché in diversi casi gli investimenti sono già stati realizzati negli anni passati o sono pianificati per il futuro. Tra le altre motivazioni, prevale l’incertezza delle prospettive di mercato, mentre la mancanza di risorse finanziarie rappresenta un ostacolo soprattutto per le imprese commerciali e artigiane. Da questi dati appare trascurabile l’incertezza circa la disponibilità delle agevolazioni, che potrebbe quindi aver modificato la composizione di strumenti utilizzati dalle imprese più che la propensione a investire.

Commenta il presidente Malvestiti: “Gli investimenti sono una delle principali voci del PIL e un fattore da cui dipende la competitività d’impresa. Il rallentamento italiano nel 2019 può essere legato all’incertezza sugli incentivi fiscali, ma certamente la nostra economia stagnante e gli investimenti già compiuti precedentemente non hanno stimolato ulteriori incrementi. È certo che la crisi mondiale del Covid-19 sta rivoluzionando le prospettive e sarà necessario seguire gli andamenti dell’emergenza e un graduale ritorno alla normalità per leggere la situazione con maggiore compiutezza. Ciò che conta oggi è superare la crisi sanitaria adottando comportamenti responsabili come cittadini”.

Camera di commercio di Bergamo
Servizio della comunicazione
tel. 0354225269 - email urp@bg.camcom.it
Ultima modifica: Mercoledì 18 Marzo 2020
Giovedì 12 Marzo 2020

Esportazioni bergamasche nell’ultimo trimestre del 2019 -2,0%, stazionarie quelle cumulate dell’anno rispetto al 2018

Il valore delle esportazioni di Bergamo nel trimestre considerato ha raggiunto i 4.081 milioni di Euro (-2,0% su base annua contro variazioni del -1,2% in Lombardia e del +1,7% in Italia). Le importazioni sono state pari a 2.332 milioni (-4,5% tendenziale contro -1,3% in Lombardia e -4,8% in Italia). Il saldo trimestrale della bilancia commerciale di Bergamo è positivo per 1.749 milioni, superiore al saldo del trimestre corrispondente dell’anno scorso (1.724 milioni).

Le esportazioni bergamasche hanno registrato nel trimestre un’ampia flessione, movendosi così parallelamente al territorio italiano del Nord-ovest che segna un calo dell’1,8%, in controtendenza rispetto al Nord-est dove sono cresciute del 3,0%.

Tra i settori trainanti dell’export provinciale si nota una diminuzione per: macchinari (1.073 milioni, -4,0%), prodotti chimici (575 milioni, -0,9%), metalli di base (527 milioni, -6,6%), articoli in gomma (363 milioni, -3,3%), apparecchi elettrici (272 milioni, -4,0%), oltre al tessile e abbigliamento (246 milioni, -6,4%). Registrano invece un aumento i mezzi di trasporto (354 milioni, +6,4%) e i prodotti alimentari (220 milioni +4,4%).

Nel trimestre in esame l’export di Bergamo per area geografica di destinazione registra un calo tendenziale verso l’area UE (-2,0%), incluso l’Eurozona (-1,6%). Anche i mercati Extra UE sono in calo (‑2,1%) dovuto all’effetto combinato di una diminuzione verso America settentrionale, Medio Oriente, Africa settentrionale, Asia centrale, oltre a Oceania e altri paesi africani.

Circa i maggiori paesi di destinazione si confermano ai primi tre posti Germania, Francia e Stati Uniti con una quota che rappresenta oltre un terzo del totale esportato nel trimestre. Rispetto al corrispondente periodo del 2018, la quota della Germania è diminuita dell’8,0%, quella degli Stati Uniti del 9,1%, mentre è salita quella verso la Francia (+2,4%).

I dati cumulati del 2019 (esportazioni per 16.156 milioni, il 12,7% di quelle lombarde) danno evidenza di una situazione di stasi rispetto all’intero anno precedente, che ricalca di pari passo la variazione nulla dell’intera Lombardia.

Si può affermare che la quota persa da Bergamo nel 2018 nelle esportazioni verso i partner UE (‑2,4%), e specialmente la Germania che è calata del 4,9% anno su anno, è stata compensata da un deciso aumento nelle vendite verso i paesi esterni all’UE (+4,3%).

Con questi dati Bergamo si colloca tra le prime sette province esportatrici d’Italia, in una classifica che vede Milano svettare con 45.696 milioni, seguita da Torino e Vicenza entrambe collocate sulla quota dei 18.500 milioni e a seguire Firenze, Brescia, Bologna e Bergamo tutte e quattro al di sopra dei 16.000 milioni.

“L’industria italiana ha chiuso il 2019 con produzione in calo e ordinativi in miglioramento,”commenta il presidente Malvestiti, – “cosa che pareva anticipare un graduale miglioramento del ciclo economico. Gli scenari ora sono tuttavia profondamente mutati per gli effetti dirompenti dell’epidemia Covid-19 che, al di là delle gravi conseguenze dal punto di vista sanitario, ridefiniscono le prospettive per l’economia lombarda, italiana e mondiale. Non ci è peraltro possibile quantificarne ora gli effetti economici, stimati in continua evoluzione peggiorativa correlata alla difficoltà di contenimento dell’emergenza. Tocchiamo con mano che sono di estrema gravità con impatti trasversali su tutti i settori, ovviamente anche sul commercio con l’estero. La Camera di commercio di Bergamo è impegnata a svolgere il suo ruolo per alleviare le conseguenze sulle nostre imprese.”

Ultima modifica: Venerdì 13 Marzo 2020
Martedì 11 Febbraio 2020

Nel 2019 rallenta la manifattura, qualche segnale di ripresa a fine anno

Prosegue il miglioramento dei livelli produttivi manifatturieri iniziato nei mesi estivi: nel quarto trimestre le imprese industriali bergamasche con almeno 10 addetti evidenziano una variazione ancora negativa (-0,6% rispetto allo stesso periodo del 2018), ma di entità inferiore rispetto a quelle registrate negli ultimi due trimestri; per le imprese artigiane con almeno 3 addetti si conferma invece il ritmo di crescita del terzo trimestre (+1,7%).

Se analizziamo l’andamento dell’indice destagionalizzato lungo tutto il 2019, si evidenzia una prima parte dell’anno caratterizzata da una flessione della produzione, seguita una seconda metà dell’anno in ripresa, recupero che si è rivelato più intenso nell’artigianato piuttosto che nell’industria. La variazione media del 2019 rimane infatti negativa per le imprese industriali (‑0,9%), mentre risulta pari al +1,2% per quelle artigiane: in entrambi i casi si tratta comunque di un peggioramento rispetto ai ritmi di crescita registrati nel triennio 2016-2018.

Anche dalle aspettative espresse dalle imprese industriali emerge qualche timido segnale positivo: gli imprenditori sembrano sperare che la frenata del commercio internazionale, il cui impatto negativo si è fatto sentire su una manifattura bergamasca sempre più integrata nelle catene internazionali del valore, possa essere lasciato alle spalle. Si tratta però di valutazioni espresse prima che la diffusione del coronavirus sollevasse nuovi dubbi sull’evoluzione degli scambi mondiali.

L'industria bergamasca, nonostante il miglioramento evidenziato, per il 2019 mostra una variazione della produzione inferiore a quella lombarda (+0,2% il dato medio annuo regionale): la specializzazione in settori particolarmente esposti al calo degli investimenti internazionali, come i macchinari, ha probabilmente penalizzato le imprese bergamasche. L’indice della produzione industriale provinciale, calcolato ponendo pari a 100 il livello medio del 2010, risale leggermente nel quarto trimestre, portandosi a quota 106,9: si tratta comunque di variazioni esigue, che sembrano al momento delineare una stabilizzazione dei livelli produttivi piuttosto che una ripresa vera e propria.

La battuta d’arresto evidenziata dalla meccanica è sicuramente una delle cause delle difficoltà vissute dall’industria bergamasca nel 2019, mentre tra i settori più rilevanti che hanno contribuito positivamente si annoverano gli alimentari, la chimica e la gomma-plastica.

Il fatturato, dopo il calo del terzo trimestre, torna a crescere significativamente negli ultimi tre mesi dell’anno (+3,5%), portando la variazione media del 2019 al +1,3%: benché questo dato incorpori l’effetto dei prezzi, è anche un segnale della capacità delle imprese bergamasche di spostarsi su produzioni a maggior valore aggiunto.

Il dato sugli ordinativi evidenzia una rinnovata vivacità della domanda estera (+2,2% nel quarto trimestre), mentre la variazione per gli ordini provenienti dal mercato interno rimane negativa
(-2%), pur in miglioramento in confronto al trimestre precedente.

Il numero di addetti risulta in lieve calo negli ultimi tre mesi dell’anno (-0,1% il saldo tra inizio e fine trimestre), mostrando come la tendenza alla crescita occupazionale in corso dal 2015 si sia arrestata nella seconda parte del 2019, probabilmente per effetto del prolungarsi della fase di stagnazione produttiva.

Le aspettative degli imprenditori sembrano interrompere il processo di deterioramento avviato nel 2018, almeno per quel che riguarda produzione e domanda estera; non si registrano miglioramenti invece per quanto riguarda le previsioni occupazionali.

L’artigianato manifatturiero provinciale conferma una performance più brillante rispetto alla media regionale, che nel 2019 ha evidenziato un ritmo di crescita della produzione pari alla metà di quello riscontrato a Bergamo (+0,6%). L’incremento negli ultimi tre mesi dell’anno porta l’indice della produzione provinciale a quota 104,4, superando i livelli raggiunti a fine 2018. Nel quarto trimestre rallenta invece la dinamica del fatturato (+0,2%), ma tale risultato non impedisce di raggiungere un incremento medio annuo del +2,8%, in ulteriore miglioramento rispetto al dato del 2018. Più marcato il peggioramento registrato dagli ordini interni (-2,9% il dato trimestrale), nonostante anche in questo caso la variazione annua rimanga positiva (+1,1%), mentre l’occupazione rimane sostanzialmente stabile (saldo trimestrale pari a +0,1%) dopo due periodi positivi. Nonostante i buoni risultati sul fronte produttivo, le previsioni degli imprenditori artigiane restano orientate al pessimismo.

Le imprese bergamasche dei servizi, fino ad ora immuni al rallentamento che ha colpito la manifattura, evidenziano una battuta d’arresto del fatturato nel quarto trimestre (+0,2%). Il risultato medio del 2019 rimane comunque largamente positivo (+2,2%) e in linea con quanto registrato nel 2018.

Negli ultimi tre mesi del 2019 risulta invece ancora significativa la crescita del fatturato delle imprese del commercio al dettaglio (+1,1%), nonostante sia meno intensa rispetto a quella del trimestre precedente. La media annua, pari al +0,8%, mostra una svolta positiva dopo il calo registrato nel 2018.

I risultati dell’analisi congiunturale”, commenta il presidente Paolo Malvestiti, “correggono ulteriormente l’arretramento registrato dalla produzione manifatturiera nel secondo trimestre 2019. A livello annuale confermano però il rallentamento che ha serpeggiato lungo tutti i trimestri dell’anno e che ha peraltro colpito l’economia mondiale, dai paesi più avanzati a quelli emergenti. L’epidemia virale che sta imperversando in Cina costituisce per di più un ulteriore fattore destabilizzante che farà sentire i suoi effetti anche sul fronte economico, aggiungendo un nuovo livello di incognita alle previsioni economiche.

Ultima modifica: Martedì 11 Febbraio 2020
Mercoledì 5 Febbraio 2020

Le cessazioni crescono più delle iscrizioni, a Bergamo come in Lombardia diminuisce il numero di imprese attive

Il quarto trimestre 2019 si chiude con 94.522 imprese registrate in provincia di Bergamo.

Lo stock delle imprese attive (84.193) è in calo tendenziale (-447 posizioni pari al -0,5% su base annua) da due anni a questa parte.

Nel periodo considerato si sono avute 1.166 nuove iscrizioni (-1,1% su base annua) e 1.359 cessazioni (-8.1%), con un saldo negativo di -193 unità (-299 nel corrispondente periodo del 2019).

Le imprese attive aumentano su base tendenziale tra le società di capitale (+1,1%). Diminuiscono le società di persona (-2,8%), le imprese individuali (-0,7%) e le altre forme giuridiche (-1,3%), in prevalenza cooperative.

Il settore artigiano, con 30.274 imprese a fine dicembre 2019, registra una riduzione del -0,6% delle unità registrate su base annua. Lo stock delle posizioni attive registra una riduzione di -194 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le iscrizioni (371) aumentano del 14,2% su base annua, diminuiscono invece le cessazioni (519) del -5,6%. Per questo trimestre si registra comunque un saldo negativo tra iscritte e cessate: -148 unità, contro quello di -225 unità del quarto trimestre dell’anno precedente.

Tra i settori produttivi, la contrazione delle imprese attive rispetto a un anno fa riguarda prevalentemente il commercio all’ingrosso e al dettaglio (-391 pari al -2,0%), le attività manifatturiere (-235 pari al -2,2%, di cui 131 artigiane) e l’edilizia (-113, in prevalenza tra gli artigiani). Si registrano aumenti prevalentemente tra i servizi di supporto alle imprese (+108 pari a +3,8%), le attività professionali (+80, pari al +2,2%) e le attività immobiliari (+80 pari al +1,3%), i servizi di intrattenimento (+42 pari a +4,0%) e i servizi alle persone (+24, pari a +0,5%).

Lo spaccato per genere, età e nazionalità delle posizioni attive evidenzia su base annua una flessione (-2,7%) delle imprese giovanili, un leggero aumento delle imprese straniere (+1,6%). Pressoché invariate le imprese femminili (0,1%).

Praticamente invariate le procedure concorsuali di fallimento, scioglimento e messa in liquidazione: 672 nel quarto trimestre del 2019, in confronto alle 673 del corrispondente trimestre del 2018.

L’importazione periodica nel Registro imprese dei dati occupazionali comunicati a INPS in base alla localizzazione dell’impresa consente di stimare, con la cautela necessaria di fronte a dati di origine amministrativa, gli addetti, cioè le posizioni lavorative presenti nel territorio, al netto del settore pubblico e delle attività dei liberi professionisti.

Le oltre 107 mila unità locali delle imprese attive, pressoché invariate rispetto a un anno fa, impiegano 398.968 addetti. Rispetto allo stesso periodo del 2018 si registrerebbe pertanto un incremento di 7.820 mila addetti, con una variazione positiva del +2,0%.

Incrementi rilevanti si riscontrano nei servizi di alloggio e ristorazione (+2.117), nel  trasporto e magazzinaggio (+2.090), nei servizi di supporto alle imprese (+1.255), nelle costruzioni (+703), nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (+661) e nelle attività manifatturiere (+492).

Una perdita di addetti su base annua si rileva nei comparti sanità e assistenza sociale (-300), commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e moto (-251), fornitura di energia elettrica (-37).

Ultima modifica: Martedì 11 Febbraio 2020
Giovedì 12 Dicembre 2019

Salgono le esportazioni bergamasche nel terzo trimestre 2019

Il valore delle esportazioni di Bergamo nel terzo trimestre dell’anno ha raggiunto i 3.915 milioni di Euro (+3,6% su base annua contro variazioni del +2,3% in Lombardia e del +3,2% in Italia).

Nel trimestre le importazioni sono state pari a 2.249 milioni (-3,6% tendenziale contro +0,3% in Lombardia e +0,2% in Italia).

Il saldo trimestrale della bilancia commerciale di Bergamo è positivo per 1.666 milioni, inferiore al saldo del trimestre corrispondente dell’anno scorso (1.445 milioni).

Le esportazioni bergamasche, dopo il periodo di rallentamento che si notava dalla seconda metà del 2018, hanno registrato una decisa ripresa.

Tra i settori più importanti dell’export provinciale si nota un aumento dei macchinari (1040 milioni, +7,4%), dei metalli di base (513 milioni, +3,3%), degli articoli in gomma (369 milioni, +2,0%), dei mezzi di trasporto (351 milioni, +6,3%) e dei prodotti alimentari (230 milioni +10,1%).

Registrano una diminuzione i prodotti chimici (532 milioni, -2,7%), gli apparecchi elettrici (243 milioni, -0,3%) e i prodotti tessili (237 milioni -2,5%).

Nel trimestre l’export di Bergamo per area geografica di destinazione registra un leggero calo annuo verso l’area UE (-0,7%) mentre sostanzialmente stabile è la quota verso l’Eurozona (+0,1%). Il recupero dei mercati Extra UE (+11,1%) è dovuto per buona parte alla componente America settentrionale.

Circa i paesi di destinazione si confermano ai primi tre posti Germania, Francia e Stati Uniti con una quota che rappresenta oltre un terzo del totale esportato nel trimestre. La quota verso la Germania è scesa del 2,9% rispetto al corrispondente periodo del 2018, mentre sono salite quelle verso la Francia (+12,3%) e gli Stati Uniti (+24,9%).

“La crescita del 3,6% delle nostre esportazioni rispetto al terzo trimestre del 2018 è in controtendenza rispetto all’ultimo dato che abbiamo registrato.” – commenta il presidente Paolo Malvestiti. “Non stupisce che l’export verso la Germania scenda tendenzialmente di quasi tre punti e questo dato per il suo peso trascina in negativo il valore complessivo dell’Unione Europea. Alla diminuzione UE fa da contraltare l’ottima prestazione dell’area extra UE, con forte contributo della componente nordamericana.”

Ultima modifica: Martedì 18 Febbraio 2020
Mercoledì 4 Dicembre 2019

Le imprese bergamasche proseguono nella trasformazione digitale ma con differenze tra i settori

Il sistema camerale lombardo, nell’ambito delle iniziative legate ai Punti Impresa Digitale, ha avviato nel 2017 il monitoraggio della conoscenza e dell’uso degli strumenti e delle tecnologie di Impresa 4.0 tra le imprese. Con l’edizione 2019 della rilevazione si ha un quadro di come è evoluta la situazione.

Le imprese manifatturiere bergamasche, che già negli anni passati mostravano una maggiore maturità digitale, evidenziano miglioramenti significativi, soprattutto per quanto riguarda l’implementazione delle tecnologie 4.0. La dimensione di impresa gioca un ruolo fondamentale: tra le imprese industriali la quota di chi ha implementato soluzioni 4.0 è passata in un anno dal 31% al 38%, contro un 12% nel settore artigiano. Anche il grado di conoscenza mostra un incremento, in particolare nelle imprese artigiane; più modesto il miglioramento dell’industria, dove però la conoscenza delle tematiche di Impresa 4.0 era già molto diffusa.

I risultati sono meno positivi per le imprese del terziario, che mostrano un livello di utilizzo delle tecnologie abilitanti strutturalmente inferiore e che registrano solo lievi miglioramenti rispetto al 2018. Il livello di conoscenza delle tematiche di Impresa 4.0 conferma la presenza di un’ampia quota di imprese non consapevoli della trasformazione in atto. Nei servizi la conoscenza rimane ferma al 55% mentre il grado di implementazione sale all’8%; nel commercio al dettaglio è simile la percentuale di imprese che utilizzano soluzioni 4.0, ma il livello di conoscenza risulta notevolmente inferiore.

Considerando congiuntamente le risposte di tutti i settori, le imprese bergamasche che conoscono Impresa 4.0 sono il 63% e quelle che hanno implementato soluzioni sul tema raggiungono il 19%.

Se si confrontano questi dati con quelli emersi a livello regionale, si evidenzia una maggiore maturità digitale per le imprese manifatturiere bergamasche, che registrano un grado più elevato di conoscenza e utilizzo delle soluzioni 4.0 soprattutto nel settore industriale, mentre per l’artigianato i risultati sono più vicini alla media lombarda. Nel terziario i dati provinciali sono invece allineati a quelli regionali.

Alle imprese che hanno già implementato soluzioni 4.0 è stato chiesto se hanno fatto ricorso a strumenti agevolativi. I risultati del 2019 confermano l’importanza di iperammortamento e superammortamento, i due principali incentivi fiscali previsti dal piano nazionale Impresa 4.0: il primo è stato utilizzato nel 76% dei casi, una percentuale in crescita rispetti agli anni passati, il secondo nel 66%.

Il quesito sulle tecnologie abilitanti, che è stato posto anche alle imprese che ne stanno ancora valutando l’implementazione, conferma come le soluzioni per la manifattura avanzata siano la tecnologia 4.0 più diffusa tra le imprese bergamasche. Come registrato anche a livello regionale, l’interesse verso la robotica è in calo nel corso degli anni, probabilmente perché già implementata, mentre cresce l’attenzione verso le soluzioni di filiera come l’integrazione verticale e orizzontale. Circa un’impresa su cinque tra quelle che utilizzano tecnologie 4.0 o stanno valutando di utilizzarle, si orienta invece verso la simulazione, i big data, il cloud, l’Internet delle cose o la cybersecurity. Più marginali risultano la manifattura additiva e la realtà aumentata, quest’ultima in calo rispetto agli anni precedenti.

È stato chiesto alle imprese anche in quali altre soluzioni tecnologiche hanno investito o hanno intenzione di investire a breve termine: si tratta di tecnologie non espressamente previste nel piano di Impresa 4.0 ma che ne sono propedeutiche e prevedono comunque l’introduzione di soluzioni digitali. In particolare riscuotono l’interesse delle imprese tutte quelle tecnologie legate alla gestione dei processi aziendali e alla tracciatura dei prodotti.

Secondo le imprese intervistate, i servizi che andrebbero maggiormente incentivati per favorire l’adozione delle tecnologie abilitanti sono il supporto finanziario e la formazione del personale: il primo in particolare viene giudicato prioritario per l’artigianato, il commercio e i servizi, mente le imprese industriali, caratterizzate da una dimensione d’impresa mediamente maggiore, ritengono che sia più importante la formazione.

In tema di formazione si è anche indagato su quante imprese abbiano partecipato nell’ultimo anno a eventi informativi o seminari per sviluppare le competenze digitali. Anche in questo caso i risultati premiano le imprese industriali bergamasche, che registrano una percentuale di partecipazione superiore agli altri comparti. Fanalino di coda l’artigianato. Il dato medio dei quattro settori è superiore alla quota regionale grazie ai risultati migliori nell’industria e nel commercio.

Partecipazione a eventi o seminari formativi

Tra le imprese bergamasche l’importanza di valorizzare le informazioni prodotte dalla propria attività non è ancora del tutto compresa: quasi un terzo del campione complessivo dichiara di non avere nessuno strumento di preparazione e diffusione dei dati, percentuale che raggiunge il 44% nell’artigianato, mentre tra le imprese che producono reportistica prevale ancora la preparazione “manuale” rispetto ai sistemi di business intelligence (BI).

La situazione è diversa nell’industria, dove la quota di imprese che non valorizza minimamente i dati è solo del 15% e l’utilizzo di tecnologie BI sale al 47%, ma anche nel commercio: nonostante la frequente assenza di strumenti di reportistica le imprese commerciali fanno ampio uso degli strumenti strutturati di analisi e registrano anche le quote più elevate, per quanto ancora marginali, relative ai big data e agli algoritmi di intelligenza artificiale.

La diffusione delle nuove tecnologie digitali e la connettività diffusa hanno pervaso negli ultimi anni i sistemi economici internazionali, nazionali e regionali. Si tratta di una trasformazione che impatta su tutte le strutture funzionali delle imprese e introduce nuovi modelli di produzione e di organizzazione aziendale.

Nonostante l’adozione del piano nazionale Impresa 4.0, che insieme ad altri programmi coordinati a livello europeo ha contribuito significativamente a dare un impulso al processo di trasformazione per le imprese italiane, l’Italia sconta ancora un ritardo rispetto ad altri Paesi europei, come evidenziato da alcuni indicatori di sintesi legati alla trasformazione digitale nel sistema economico ed imprenditoriale. L’Italia si posiziona al di sotto della media europea sia sul fronte dell’integrazione delle tecnologie digitali (DTII) che sul fronte delle condizioni base necessarie a sviluppare il processo di digitalizzazione del Paese (DTEI - infrastrutture digitali, domanda ed offerta di competenze digitali, ecc.).

Per ridurre il ritardo che l’Italia sconta a livello europeo le Camere di commercio hanno dato vita ormai da tre anni alla rete dei Punti Impresa Digitale, impegnati per diffondere la digitalizzazione tra le imprese in modo trasversale. Quello di Bergamo è gestito dall’azienda speciale camerale Bergamo Sviluppo.

“L’intensa attività svolta in questi ultimi anni – spiega il presidente di Bergamo Sviluppo Angelo Carrara – ha consentito di raggiungere traguardi significativi: 50 gli eventi seminariali realizzati, un’intensa attività di supporto attraverso strumenti di autovalutazione del grado di maturità digitale, 2000 le aziende coinvolte, 2,5 milioni di euro erogati sotto forma di voucher alle imprese.”

“Questi numeri – dichiara il presidente della Camera di commercio Paolo Malvestiti – sono la dimostrazione che il tema della digitalizzazione riscuote un grande interesse presso le imprese e continua a rimanere una delle più importanti priorità camerali. La Camera di commercio di Bergamo intende infatti assicurare continuità alle attività del PID e rafforzare il lavoro in sinergia con i diversi Digital Innovation Hub e Competence Center accreditati a livello territoriale e nazionale.

Ultima modifica: Giovedì 12 Dicembre 2019
Giovedì 28 Novembre 2019

Il mercato del lavoro bergamasco ancora in crescita occupazionale

Gli ultimi dati disponibili per il mercato del lavoro in provincia di Bergamo evidenziano un proseguimento della fase di crescita occupazionale, in linea con quanto registrato anche in Lombardia. È quanto emerge da un’analisi della Camera di commercio sui microdati dell’indagine forze di lavoro di Istat elaborati da Unioncamere Lombardia. I dati si fermano alla prima metà dell’anno, ma se tale tendenza si dovesse confermare il tasso di occupazione in provincia per la fascia d’età tra i 15 e i 64 anni raggiungerebbe il 66% nel 2019 (era 65,7% nel 2018), mentre il tasso di disoccupazione registrerebbe una contrazione rispetto al valore del 4,9% del 2018.

Prendendo in considerazione i dati amministrativi del Quadrante del lavoro di Regione Lombardia, disponibili fino a settembre, il saldo tra avviamenti e cessazioni risulta positivo per circa 7.600 movimenti, in lieve peggioramento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per via del calo degli avviamenti (-3%) più accentuato di quello delle cessazioni (-1,5%). Tale dinamica è in parte compensata dalla crescita delle trasformazioni e si ricollega alla ricomposizione tra le diverse forme contrattuali innescata dalle modifiche normative degli ultimi anni (esonero contributivo per i giovani fino a 34 anni e cosiddetto “Decreto Dignità”). Il tempo indeterminato, oltre a beneficiare della trasformazione dei contratti temporanei, registra una significativa crescita degli avviamenti (+9,3%), mentre gli avviamenti a tempo determinato risultano stabili (+0,7%) dopo due anni di crescita. La forma contrattuale più penalizzata dalle nuove norme sembra quella della somministrazione, che vede diminuire di oltre un quarto gli avviamenti (-26,8%). L’apprendistato torna in auge come forma contrattuale privilegiata per l’inserimento dei giovani (+6,2%).

Un segnale meno positivo giunge dall’Osservatorio sulla Cassa Integrazione Guadagni Inps, che nei primi nove mesi del 2019 registra un aumento del 26,8% delle ore autorizzate dovuto principalmente alla componente straordinaria (+67,3%), riconducibile a una crisi aziendale nel settore dell’editoria; prosegue invece il calo della componente ordinaria (-16%). Opposto l’andamento in Lombardia con le ore straordinarie in calo, la crescita di quelle ordinarie e un dato complessivo sostanzialmente stabile.

Commenta questi dati il presidente Malvestiti: Finora i dati complessivi del mercato del lavoro bergamasco non sembrano risentire del peggioramento della congiuntura economica, sebbene a livello nazionale qualche segnale di rallentamento occupazionale cominci a emergere. I prossimi mesi saranno decisivi per capire se tale tendenza negativa si estenderà anche alla provincia di Bergamo.”

Ultima modifica: Giovedì 28 Novembre 2019
Giovedì 21 Novembre 2019

Commercio al dettaglio in crescita, ma non per tutti

COMMERCIO AL DETTAGLIO - Nel terzo trimestre 2019 cresce il fatturato delle imprese con almeno tre addetti. La variazione annuale è pari al +2,1%, una crescita che rafforza l’incremento del secondo trimestre, uscito da tre segni negativi consecutivi. La variazione media dei primi nove mesi del 2019 risulta pari al +0,7%, delineando quindi uno scenario di ripresa in seguito alla flessione dell’anno scorso. Tale crescita del fatturato non sembra dovuta all’effetto dei prezzi, che mostrano un lieve arretramento rispetto al trimestre precedente, quando si era invece registrato un aumento dei listini.

L’indice destagionalizzato del fatturato segue un andamento crescente dalla fine del 2018, inaugurato dopo circa un anno di flessione. Ora raggiunge quota 88 (su base 2010), tornando al livello del terzo trimestre 2017. Rispetto ai minimi del 2014 ha recuperato complessivamente quattro punti, ancora pochi se confrontati con le perdite superiori ai venti punti accumulate negli anni della crisi.

Negli ultimi anni la crescita a Bergamo è stata più intensa rispetto alla Lombardia, che anche nell’ultimo trimestre mette a segno una variazione positiva più contenuta. L’indice regionale del fatturato rimane su un livello leggermente superiore, ma il divario con Bergamo si è ridotto notevolmente rispetto al 2015.

Analizzando la distribuzione delle risposte all’interno del campione, si allarga la percentuale di imprese che dichiarano un calo di fatturato e questa percentuale è più alta della quota di imprese in crescita. Il miglioramento della variazione media è quindi frutto dei buoni risultati di un gruppo ancora ristretto di imprese. Il processo di crescita fatica a diffondersi.

Nemmeno considerando le vendite di ipermercati e supermercati emerge un quadro roseo. Si registra infatti una battuta d’arresto dopo la significativa crescita del trimestre scorso, sia in valore sia per quantità. Il dato va considerato con cautela in quanto è in controtendenza anche rispetto alla media lombarda, dove prosegue invece la crescita, ma se dovesse trovare conferma nei prossimi mesi, potrebbe concretizzare il paventato rallentamento dei consumi. Questi finora hanno risentito solo parzialmente del peggioramento macroeconomico grazie all’andamento positivo dell’occupazione e ai livelli di fiducia delle famiglie ancora elevati, ma il permanere di questi due elementi non è scontato e il loro venir meno determinerebbe un indebolimento della domanda interna.

Il numero di addetti delle imprese del commercio al dettaglio evidenzia un saldo negativo tra l’inizio e la fine del trimestre del -0,3% che si annulla se si neutralizzano gli effetti stagionali.

Le aspettative degli imprenditori confermano il peggioramento che si era registrato nel trimestre scorso, dopo aver mantenuto per diversi trimestri un’intonazione più favorevole rispetto agli altri settori economici.

Commenta il presidente Malvestiti: “Nonostante i risultati degli ultimi due trimestri, gli imprenditori non sono ottimisti: il rischio è che la stagnazione certificata a livello nazionale dall’andamento del PIL si rifletta in un rallentamento dell’occupazione e in un calo della fiducia dei consumatori, compromettendo la timida crescita dei consumi riscontrata finora. Il dato negativo della grande distribuzione alimentare a Bergamo rappresenta un ulteriore campanello d’allarme.”

SERVIZI - Prosegue la fase positiva per le imprese bergamasche dei servizi con almeno tre addetti: la variazione del fatturato su base annua è del +2,7%, un risultato che, pur in lieve rallentamento rispetto al trimestre precedente, conferma gli elevati ritmi di crescita degli ultimi due anni e mezzo. La variazione media dei primi nove mesi dell’anno è pari al +2,9%, in accelerazione rispetto al dato complessivo del 2018.

Si registra invece una battuta d’arresto per i prezzi, che diminuiscono dello 0,2% rispetto al secondo trimestre dopo due anni di rincari.

La prestazione delle imprese bergamasche in questo trimestre risulta allineata a quella regionale: la Lombardia cresce infatti del +2,9% su base annua.

Per entrambi i livelli territoriali la crescita risulta significativa da diversi anni, sebbene a Bergamo sia iniziata più tardi. Ciò spiega il divario tra l’indice del fatturato bergamasco (94,6), che in quattro anni ha recuperato oltre la metà delle perdite dovute alla crisi dei debiti sovrani, e quello regionale (103,7), che ha già completato la ripresa.

I risultati dei singoli comparti sembrano evidenziare il contributo positivo del commercio all’ingrosso e delle attività di alloggio e ristorazione, che beneficiano dell’aumento degli arrivi turistici. Crescono anche i servizi alle imprese, sebbene più lentamente che a livello regionale.

Diminuisce (-0,4%) il numero di addetti nel terzo trimestre, risultato di un ricambio caratterizzato da vivaci tassi di ingresso e uscita. Al netto degli effetti stagionali il saldo assume un segno leggermente positivo, confermando la tendenza crescente degli ultimi tre anni.

I servizi sono l’unico settore dell’economia provinciale a mostrare un miglioramento del clima di fiducia degli imprenditori: i saldi tra le aspettative di aumento e di diminuzione tornano a crescere dopo la fase negativa avviata nel 2018.

Gli imprenditori bergamaschi dei servizi scommettono sul proseguimento della crescita del settore anche nel prossimo trimestre, senza temere eccessivamente i rischi di un “contagio” proveniente dal settore manifatturiero in difficoltà.

Ultima modifica: Giovedì 14 Luglio 2022
Giovedì 21 Novembre 2019

Andamento delle iscrizioni al Registro imprese nel terzo trimestre 2019

Il terzo trimestre 2019 si chiude con 94.709 imprese registrate in provincia di Bergamo. Lo stock delle imprese attive (84.531) registra un calo tendenziale del  -0,7% su base annua da due anni a questa parte.

Nel periodo considerato si sono avute 962 nuove iscrizioni e 1202 cessazioni con un saldo negativo di -240 unità.

Le imprese attive aumentano su base tendenziale tra le società di capitale mentre diminuiscono le società di persona, le imprese individuali e le altre forme giuridiche, in prevalenza cooperative. Anche queste variazioni seguono la tendenza in atto da tempo.

Il settore artigiano, con 30.422 imprese a fine settembre 2019, registra una riduzione del -0,9% delle unità registrate su base annua. Lo stock delle posizioni attive registra una riduzione di -277 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le iscrizioni aumentano del 3,3% su base annua, diminuiscono invece le cessazioni del -10,3%. Per questo trimestre si registra quindi un saldo positivo tra iscritte e cessate: +14 unità, contro quello di -35 unità del secondo trimestre dell’anno precedente.

Tra i settori produttivi, la contrazione delle imprese attive, rispetto a un anno fa riguarda prevalentemente il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le attività manifatturiere e l’edilizia. Si registrano aumenti prevalentemente tra i servizi di supporto alle imprese,  le attività professionali  e le attività immobiliari, i servizi di intrattenimento e i servizi alle persone.

Lo spaccato per genere, età e nazionalità delle posizioni attive, evidenzia su base annua una flessione delle imprese giovanili, un leggero aumento delle imprese straniere. Pressoché invariate le imprese femminili.

In aumento le procedure concorsuali di fallimento, scioglimento e messa in liquidazione: 309 nel terzo trimestre del 2019, in confronto alle 296 del corrispondente trimestre del 2018.

Le oltre 107 mila unità locali delle imprese attive, pressoché invariate rispetto a un anno fa, impiegano 401.585 addetti. Rispetto allo stesso periodo del 2018 si registrerebbe pertanto un incremento di oltre 12 mila addetti, con una variazione positiva del +3,1%.

Incrementi rilevanti si riscontrano nei servizi di alloggio e ristorazione, nelle attività manifatturiere, nel trasporto e magazzinaggio, nei servizi di supporto alle imprese, nel commercio all'ingrosso e al dettaglio, riparazione di auto, nelle costruzioni, attività professionali, scientifiche e tecniche.

Una perdita di addetti su base annua si rileva solo nei comparti fornitura sia di energia elettrica che di acqua e gas.

Ultima modifica: Giovedì 12 Dicembre 2019