Mercoledì 18 Dicembre 2024
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L’impegno delle imprese bergamasche sui temi dell’economia verde e circolare è strettamente legato, da un lato, al settore di appartenenza e, dall’altro, alla classe dimensionale – così indicano le evidenze dell’approfondimento condotto in collaborazione con Unioncamere Lombardia.
L’industria, caratterizzata da dimensioni medie elevate, registra una maggiore sensibilità in fatto di economia verde: il 45% delle imprese dichiara di aver realizzato o di stare realizzando azioni green che vadano oltre gli obblighi normativi. La percentuale si dimezza però per le imprese artigiane manifatturiere, il commercio al dettaglio e i servizi. A parità di classe dimensionale la quota delle imprese artigiane risulta tuttavia superiore a quella del terziario, facendo quindi supporre un maggior impegno del manifatturiero, la cui attività è caratterizzata d’altronde da un impatto ambientale più marcato e da un più elevato consumo energetico.
Tra le imprese si sta comunque diffondendo una sempre maggiore consapevolezza. Questo lo si deduce dalle intenzioni di investimento nelle tecnologie verdi nei prossimi anni: oltre la metà delle imprese industriali intervistate le dichiarano; seguono poi nella classifica le imprese dei servizi, del commercio al dettaglio e infine l’artigianato, dove una impresa su tre si dice intenzionata a effettuarli. Significativo il progresso dei servizi rispetto all’impegno attuale, fatto che delinea prospettive di sviluppo interessanti in un settore fin qui poco sensibile alle tematiche ambientali.
Se invece parliamo di economia circolare, le imprese bergamasche si sentono meno coinvolte: la percentuale di quante dichiarano di aver intrapreso o di voler intraprendere azioni in questo senso varia dal 14% dei servizi al 34% dell’industria.
Il settore più consapevole sui temi della circolarità si conferma quindi quello industriale. Il commercio al dettaglio tuttavia si distingue per due motivi: innanzitutto poiché la percentuale di imprese interessate agli interventi di economia verde (22%) è pari alla percentuale di imprese interessate all’economia circolare; in secondo luogo poiché se gli altri settori evidenziano una netta preponderanza di interventi legati alla gestione dei rifiuti, nel commercio a tale attività si affiancano interventi di rigenerazione e rifabbricazione, di ecodesign e i sistemi ibridi prodotto-servizio.
Riguardo i modelli di impresa considerati più ideonei, la rigenerazione e la catena di produzione circolare riscuotono in tutti i settori il numero maggiore di sostenitori, ma per i servizi il modello della condivisione è particolarmente gradito. Va comunque notato che una fetta rilevante di imprese non ha le idee chiare su quale modello puntare.
Dichiara il presidente Carlo Mazzoleni: “Nonostante la crisi che ci ha colpito negli ultimi due anni, le imprese bergamasche proseguono sulla strada della maggiore sostenibilità ambientale, che sembra peraltro essere una strada vantaggiosa perché in queste imprese si registra un aumento di produttività. Tra le imprese, specialmente quelle manifatturiere, si sta diffondendo la consapevolezza che le tematiche ambientali sono centrali nelle traiettorie di sviluppo futuro. L’auspicio è che i nuovi modelli di sviluppo possano radicarsi sempre più, fondandosi sui loro benefici sia economici che ambientali.”
Il settore terziario a Bergamo prosegue il cammino di ripresa intrapreso nel 2021, sebbene si noti un rallentamento rispetto ai ritmi di crescita dello scorso trimestre. L’incremento del fatturato su base annua rimane rilevante, con una variazione tendenziale del +14% per le imprese con almeno 3 addetti dei servizi e del +4,7% per quelle attive nel commercio al dettaglio. I valori sono in netto ridimensionamento rispetto a quelli evidenziati nel secondo trimestre, anche perché si avvia alla conclusione la fase di assestamento dopo la crisi del 2020 e i tassi di crescita scontano quindi un rallentamento fisiologico.
L’analisi delle variazioni congiunturali, ossia calcolate rispetto al trimestre precedente, conferma una crescita meno intensa: nei servizi il fatturato aumenta del +1,1% (era +2,2% nel secondo trimestre), mentre nel commercio al dettaglio l’incremento è del +0,8% (vs +1,7%). Si tratta comunque di valori significativi, che consentono al commercio al dettaglio di tornare sugli stessi livelli del quarto trimestre 2019 (indice del fatturato pari a 88,1), prima dello scoppio della pandemia, e ai servizi (indice pari a 93,4) di accorciare il divario con i valori pre-crisi. Le aspettative degli imprenditori si confermano in area positiva e sembrano compatibili con un proseguimento della fase di crescita: nel commercio in particolare la fiducia raggiunge i livelli massimi della serie storica.
Le aspettative evidenziano invece un deciso miglioramento: i saldi tra previsioni di crescita e diminuzione per il prossimo trimestre sono positivi e in forte crescita per fatturato (+30) e ordini ai fornitori (+16,3), mentre l’incremento risulta più contenuto in merito all’occupazione (+6,2). Questi valori riflettono in parte un effetto stagionale dovuto al picco di vendite che caratterizza gli ultimi mesi dell’anno, per via degli acquisti natalizi, tuttavia il dato appare superiore anche se confrontato agli analoghi trimestri dell’ultimo decennio. Tali livelli di fiducia sembrano scommettere su un proseguimento della fase di crescita e su un recupero della propensione al consumo delle famiglie, ancora compressa in molti di ambiti di spesa a seguito degli effetti della pandemia.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “A Bergamo il fatturato dei servizi cresce ancora, ma a un ritmo inferiore rispetto al valore regionale, perciò si sta riaprendo il divario storico che si era invece ridotto durante la pandemia. Il quadro congiunturale del commercio al dettaglio si conferma invece positivo: sebbene la velocità di ripresa mostri un rallentamento, questo appare comunque meno pronunciato di quanto avviene a livello regionale.”
Nel terzo trimestre la produzione manufatturiera in provincia di Bergamo fa registrare un incremento ancora molto rilevante su base annua: la crescita rispetto allo stesso periodo del 2020 è pari al +13,2% per le imprese industriali con almeno 10 addetti e al +10,1% per quelle artigiane con almeno 3 addetti. La variazione rispetto al trimestre precedente risulta naturalmente più contenuta, ma i ritmi di marcia rimangono comunque sostenuti. Per l’industria l’aumento congiunturale è del +2,9%, il quinto segno positivo consecutivo, anche se in lieve rallentamento dopo il balzo del trimestre precedente (+4,6%): tale percorso di intensa crescita ha permesso non solo di superare i livelli del 2019, ma di raggiungere un nuovo punto di massimo della serie storica, oltrepassando anche i valori del 2007, prima della grande crisi finanziaria.
L’artigianato conferma invece una velocità inferiore (+1,4% congiunturale), ma che ha comunque permesso di colmare il divario rispetto ai livelli pre-Covid. Le previsioni degli imprenditori sono coerenti con una prosecuzione dell’attuale fase di crescita, ma le aspettative degli industriali si sono stabilizzate e hanno smesso di migliorare, probabilmente per i timori legati alle difficoltà di approvvigionamento degli input per la produzione e ai rincari delle materie prime.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Con questo trimestre l’industria ha toccato un massimo nella serie storica della produzione, risultato in parte dovuto alla nostra specializzazione in quei settori dove la domanda internazionale è cresciuta maggiormente nel corso del 2021: la meccanica in particolare, ma anche gomma-plastica e chimica. I settori del comparto moda sono invece ancora indietro nel recupero, inoltre le strozzature lungo le catene di fornitura provocano una scarsità dei materiali necessari alla produzione che potrebbe tradursi in un freno per la crescita futura.”
Il terzo trimestre 2021 si chiude con 94.770 sedi di imprese registrate in provincia di Bergamo. Le iscrizioni sono 1.016 in aumento dell’1,4% su base annua. Le cessazioni sono 859, segnando una variazione tendenziale annua del +2,3%.
Il tasso di natalità delle imprese registra 1,1% mentre il tasso di mortalità si attesta su 0,9%. Entrambi i dati riportano lo stesso valore del terzo trimestre dell’anno precedente.
Le imprese attive (84.965) risultano in aumento (+987 posizioni pari all’1,2% su base annua) rispetto allo stesso trimestre del 2020.
Nella bergamasca tra i settori economici i servizi rappresentano il 38,4% delle imprese attive, seguiti da commercio (22,3%), le costruzioni (20,7%) e la manifattura (12,7%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso sono cresciuti i servizi (+695 con una variazione pari a 2,2% su base annua), l’agricoltura (+93 pari a 1,9% su base annua), il commercio (+139 pari a 0,7% su base annua) e le costruzioni (+159 pari allo 0,9% su base annua). Risulta, invece, diminuita la manifattura (-106 pari a -1,0% su base annua).
Quanto al tasso di natalità per settore produttivo, si distinguono positivamente le costruzioni (1,0%), l’agricoltura (0,8%) e i servizi (0,8%). A seguire il commercio (0,7%) e la manifattura (0,5%). Osservando, invece, il tasso di mortalità, l’agricoltura rileva il valore inferiore (0,6%). Sono maggiori i tassi di mortalità delle costruzioni (1,0%), dei servizi (0,8%) del commercio (0,7%) e della manifattura (0,5%).
In relazione alla natura giuridica, si conferma la tendenza in atto nell’ultimo decennio: l’impresa individuale risulta la forma giuridica maggiormente diffusa nella provincia con un’incidenza del 52,9% sulle imprese attive totali. A seguire le società di capitali (25.260 pari al 29,7%), le società di persone (12.922 pari a 15,2%) e le altre forme giuridiche (1.824 pari a 2,1%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, sono in crescita le società di capitali attive che registrano una variazione tendenziale del 3,5%, le imprese individuali (0,8%). Le altre forme giuridiche sono stabili. Sono, invece, in flessione negativa le società di persone (-1,8%).
Le imprese straniere attive sono 9.558 pari a 11,2% delle imprese attive totali con una variazione tendenziale su base annua pari a 3,7%. Le imprese femminili attive sono 17.330, con una variazione tendenziale pari a 2,3% su base annua, e rappresentano il 20,4% delle imprese attive totali. Le imprese giovanili attive sono 7.412, con una variazione tendenziale pari a 1,4% su base annua, e rappresentano l’8,7% delle imprese attive totali.
Nel terzo trimestre 2021 sono 30.189 le imprese artigiane registrate. I dati di flusso mostrano un aumento su base tendenziale: le nuove iscrizioni sono 400 (+19,4% su base annua) e le cessazioni (avvenute non d’ufficio) sono 335 con una variazione pari a +1,2% su base annua. Il saldo complessivo risulta positivo con 65 unità (+4 nel corrispondente periodo del 2020). Il tasso di natalità delle imprese registra l’1,3% mentre il tasso di mortalità segna l’1,1%.
Le imprese artigiane attive sono, invece, 30.128 e riportano, in relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, una crescita di 50 posizioni con una variazione tendenziale pari a 0,2%.
L’analisi dei settori economici mostra che il numero maggiore di imprese artigiane attive si concentra nell’ambito delle costruzioni (13.501 pari al 44,8% delle imprese attive totali), dei servizi (8.358 pari al 27,7%), della manifattura (6.585 pari a 21,9%) e del commercio (1.557 pari al 5,2%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso crescono i servizi (+107 con una variazione tendenziale pari a 1,3% su base annua), il commercio (+14 pari a 0,9% su base annua), le costruzioni (+27 pari a 0,2% su base annua) e l’agricoltura (+3 pari a 0,2% su base annua). Diminuiscono, invece, la manifattura (-100 pari a ‑1,5% su base annua).
Osservando la forma giuridica, invece, il 74,3% delle imprese artigiane sono imprese individuali. Seguono le società di persone (15,3%), le società di capitali (10,3%), i consorzi (0,04%) e le cooperative (0,02%).
Nel terzo trimestre 2021 le procedure concorsuali, gli scioglimenti e le liquidazioni sono stati complessivamente 202, in diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+250).
Le 108.553 attive tra sedi e unità locali, aumentate rispetto a un anno fa (+1.361), impiegano 400.390 addetti (di cui 330.190 dipendenti e 70.200 indipendenti). Rispetto allo stesso periodo del 2020 si registra pertanto una crescita degli addetti totali pari a +1.760, con una variazione tendenziale del 0,4% su base annua. Si ricorda che il dato degli addetti è riferito al trimestre precedente rispetto a quello delle imprese e unità locali.
Tra i settori economici si riscontrano incrementi di addetti nelle localizzazioni attive delle costruzioni (+2.273), dei servizi (+919) e dell’agricoltura (+709). Rilevanti perdite di addetti su base annua si rilevano nella manifattura (-1.839) e nel commercio (-54).
Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “Il terzo trimestre si chiude con una crescita delle imprese attive rispetto all’anno precedente. Questo fenomeno si è presentato anche nello scorso trimestre e rappresenta uno stacco in confronto con l’andamento decrescente che osservavamo da una decina di anni. Tale tendenza positiva si riscontra anche sui valori del periodo pre-Covid e potrebbe segnalare un’inversione di tendenza che dovremo confermare con le risultanze dei prossimi periodi.”
Nel primo semestre 2021 il settore agroalimentare a Bergamo mostra segni di miglioramento, come del resto tutta la Lombardia, ma risente dell'aumento dei costi di produzione. Inoltre ha lasciato un segno il contraccolpo delle limitazioni dovute alla pandemia perché l'agricoltura e l'industria agro-alimentare, pur non avendo subito chiusure drastiche, hanno sofferto indirettamente delle restrizioni imposte a ristorazione, turismo, intrattenimento e istruzione. Questo il quadro che emerge dall'ultimo studio semestrale sulla congiuntura agricola lombarda, condotto da Unioncamere Lombardia e Regione Lombardia.
Questi risultati si devono leggere a fronte di un quadro generale in cui il Pil nazionale ha registrato una forte crescita tendenziale nel secondo trimestre (+17,3%) e il valore aggiunto dell'agricoltura è tornato in positivo dopo due anni di valori sotto lo zero. Le stime di Unioncamere permettono di cogliere anche in Lombardia segnali di ripresa, come il vigoroso incremento della produzione dell'industria alimentare e dell'indice sintetico di fatturato cumulato. Ma per valutare l'andamento specifico del settore a Bergamo ci si può basare sui dati disponibili a livello provinciale, che si riferiscono alle esportazioni, alla produzione lattiero-casearia, alla demografia di impresa e all'occupazione.
Lo studio congiunturale di Unioncamere Lombardia sull'agricoltura lombarda nel primo semestre 2021 mostra che il comparto agroalimentare bergamasco sta progressivamente uscendo dalla crisi del 2020. A dare la spinta maggiore sono le esportazioni del comparto, che fanno di Bergamo la seconda provincia esportatrice lombarda dopo Milano, e nello specifico dell'industria alimentare e delle bevande che ha registrato la crescita maggiore nel semestre. Destano invece preoccupazione le tensioni sui mercati delle materie prime, che stanno innescando aumenti del prezzo dei mangimi e dell'energia, oltre alla difficoltà di reperimento di macchinari agricoli.
Nel primo semestre 2021 il valore delle esportazioni di Bergamo ha raggiunto 8.335 milioni di euro. I macchinari, i prodotti chimici e i metalli, che complessivamente rappresentano il 54,6% delle esportazioni manifatturiere bergamasche, si confermano i settori trainanti. Le esportazioni manifatturiere sono il 97% del totale esportato. Le esportazioni di macchinari registrano un valore di 2.167 milioni di euro, pari al 26,0% delle esportazioni manifatturiere, e riportano una variazione percentuale pari a +33,3% rispetto allo stesso periodo del 2020. Questo miglioramento risulta evidente anche rispetto all’anno 2019 (+6,9%).
Rispetto al totale delle esportazioni manifatturiere, hanno l’incidenza percentuale maggiore le altre macchine di impiego generale (9,9%), le altre macchine per impieghi speciali (5,4%) e le macchine di impiego generale (5,3%); a seguire le macchine per l’agricoltura e la silvicoltura (2,8%) e le macchine per la formatura dei metalli (2,6%). Le esportazioni in valore assoluto delle categorie merceologiche in cui sono suddivisi i macchinari hanno ampiamente superato i dati dello stesso periodo dell’anno 2020 e la spinta si mostra molto positiva anche rispetto ai valori pre-Covid.
Le categorie merceologiche maggiormente dinamiche in relazione al primo semestre del 2020 sono le macchine per l’agricoltura e la silvicoltura (+73,1%), le altre macchine per impieghi speciali (+48%) e le macchine di impiego generale (+32,3%). Confrontando questi dati con lo stesso periodo dell’anno 2019, esente dagli effetti della crisi economica da Covid-19, le categorie che registrano maggiori variazioni sono le macchine per l’agricoltura e la silvicoltura (+22,6%), le altre macchine di impiego generale (+10,2%) e le macchine di impiego generale (+6%). Solo le macchine per la formatura dei metalli riportano un andamento negativo (-12,2%) rispetto ai valori pre-Covid del 2019.
Le esportazioni di macchinari verso i primi 10 Paesi osservano variazioni positive rispetto al 2020 con le variazioni maggiori registrate nei confronti della Cina (+98,3%) e l’Austria (+73,1%). Il confronto con il 2019 mostra, tuttavia, variazioni negative per Polonia (-53,5%), Stati Uniti (‑25,0%), Spagna (‑5,6%) e Paesi Bassi (‑5,4%).
In relazione all’incidenza percentuale dei primi 10 Paesi sulle esportazioni di macchinari, la Germania mantiene la prima posizione con il 14,1%. A seguire Francia (9,2%), Stati Uniti (6,0%) e Cina (5,3%).
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Gli ultimi dati Istat del primo semestre 2021 confermano che la crescita delle esportazioni bergamasche si deve soprattutto alla meccanica che rappresenta oltre un quinto dell’export provinciale. A guidare la ripresa sono i macchinari di impiego generale e le macchine agricole, mentre le macchine per la lavorazione dei metalli non si sono ancora riprese dopo il crollo del 2020. Tra i primi 10 Paesi per le esportazioni della meccanica si confermano Germania e Cina, entrambe pienamente al di sopra dei livelli pre-Covid”.
Il valore delle esportazioni di Bergamo nel trimestre totalizza 4.609 milioni di euro (+50,9% su base annua, contro variazioni del 46,7% in Lombardia e del 49,1% in Italia). Le importazioni sono state pari a 2.791 milioni (+54,3% tendenziale, contro +45,8% in Lombardia e +47,6% in Italia). Il saldo trimestrale della bilancia commerciale di Bergamo è positivo per 1.818 milioni, superiore al saldo del trimestre corrispondente dell’anno scorso (1.245 milioni).
Per quanto riguarda le prestazioni dei settori trainanti dell’export provinciale, la situazione è la seguente: macchinari (1.174 milioni, 56,3%), prodotti chimici (701 milioni, +48,3%), metalli di base (590 milioni, +38%), mezzi di trasporto (453 milioni, +82,3%), articoli in gomma (441 milioni, +46,5%), apparecchi elettrici (284 milioni, +49,8%), tessile e abbigliamento (261 milioni, +84,5%) e alimentari (248 milioni, +23,5%).
Nel trimestre in esame, per area geografica di destinazione, positivo il tasso di variazione tendenziale verso l’area UE 27 post Brexit (50,6%) e verso l’Eurozona (51,7%). Recuperano anche i mercati extra UE (51,3%) con variazioni positive per tutte le aree (Paesi europei extra UE, Africa settentrionale, Altri paesi africani, America settentrionale, America centro-meridionale, Medio Oriente, Asia centrale, Asia orientale, Oceania e altri territori).
Variazioni positive nel confronto con il corrispondente trimestre del 2020 anche le esportazioni verso i primi 10 paesi per interscambio commerciale con Bergamo: Germania (45,6%), Francia (55,8%), Stati Uniti (47,8%), Spagna (76,8%), Regno Unito (62,8%), Polonia (70,2%), Cina (108,7%), Svizzera (28,4%), Paesi Bassi (35,7%), Austria (57,8%).
In un confronto con i valori pre crisi del secondo trimestre 2019 il valore complessivo delle esportazioni è salito dell’8,4%, con variazioni negative soltanto per legno (-5%) e altre attività manifatturiere (-1,3%). Rispetto alle aree geografiche di destinazione le uniche variazioni negative del trimestre confrontato con il pre crisi si registrano su Medio Oriente e Asia centrale. Tutti i primi 10 paesi di destinazione delle esportazioni bergamasche hanno variazioni positive nel confronto con il secondo trimestre 2019.
Commenta il segretario generale M. Paola Esposito: “Il commercio con l’estero bergamasco ha ripreso quota superando i livelli del periodo precedente la crisi, tanto che i valori delle esportazioni del primo semestre sono più alti del 4,6% rispetto al 2019. Anche se una parte di questa crescita potrebbe essere dovuta all’incremento di alcuni prezzi, specialmente per alcune categorie di merce, la parentesi dell’anno scorso può dirsi ormai chiusa.”
A luglio 2021 la situazione finanziaria delle imprese bergamasche ha raggiunto un maggiore equilibrio rispetto all’anno scorso – è questo il dato più rilevante che emerge dall’indagine condotta su un campione di imprese nel mese di luglio scorso dalla Camera di commercio di Bergamo in collaborazione con Unioncamere Lombardia. La percentuale dei rispondenti con un rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri inferiore a 1 risulta, infatti, pari a circa il 60% in tutti i settori, segnando così una diminuzione delle imprese che ricorrono all’indebitamento. Tra i settori, l’industria si conferma il comparto più solido grazie anche alla maggiore dimensione delle sue imprese; i servizi si avvicinano ai loro livelli di indebitamento pre-Covid, mentre l’artigianato è quello che ha superato i rispettivi valori del 2019. La situazione del commercio è variata di poco.
Tra le motivazioni del ricorso al credito si riscontra un aumento significativo degli investimenti, ma non nel comparto dei servizi. La motivazione prevalente rimane comunque legata alle esigenze di cassa, che sono state indicate da una percentuale di imprese compresa tra il 70% e l’80%. L’esigenza di liquidità, tuttavia, risulta più che altro espressione di una strategia precauzionale piuttosto che di un bisogno stringente.
Il riequilibrio della situazione finanziaria si accompagna a un miglioramento dei giudizi sull’accesso al credito rispetto alle valutazioni del 2020, che pure non erano così negative come ci si sarebbe potuto aspettare grazie alle agevolazioni messe in campo dalle istituzioni. Cala anche il livello di preoccupazione in merito alla capacità di rimborsare il debito accumulato. L’industria, ancora una volta, registra il grado di fiducia maggiore con circa il 20% di imprese che si dichiarano mediamente o molto preoccupate. Nei servizi questa quota si situa poco sopra il 20%, mentre sale sopra il 30% nel commercio al dettaglio e nell’artigianato. La preoccupazione elevata rimane minoritaria in tutti i settori.
Rispetto ai fattori legati alla crisi sanitaria che hanno inciso o incideranno sulla situazione finanziaria, sono meno numerosi nei confronti dell’anno scorso gli imprenditori in apprensione per i ritardi di pagamento, i costi di adeguamento ai protocolli di sicurezza e la difficoltà di sostenere le spese correnti. Fanno però eccezione i costi di magazzino, che registrano un forte incremento, arrivando a rappresentare il problema principale nell’industria con il 57% contro il 26% del 2020. A seguire commercio al dettaglio (49%), artigianato (37%) e servizi (24%), che mostrano valori inferiori ma comunque in crescita rispetto al 2020.
“I risultati dell’indagine camerale” – commenta il presidente Carlo Mazzoleni – “mostrano che la finanza aziendale è nettamente migliorata rispetto all’anno scorso, fortemente segnato dalla crisi da Covid-19. L’industria conferma il suo primato di solidità tra i settori, mentre l’artigianato mostra chiari segni di ripresa, migliorando il suo livello di indebitamento rispetto al 2019. Che più imprese, specialmente industriali, accedano ora al credito per finanziare gli investimenti fa presupporre un ristabilito clima di fiducia. Si è tuttavia aggiunta la forte preoccupazione per l’aumento del capitale circolante investito a seguito dell’aumento dei prezzi che erode la capacità finanziaria a disposizione delle aziende per investimenti.”
A Bergamo le iscrizioni di imprese tra il 2010 e il 2020 hanno registrato un andamento decrescente, tendenza che si è rafforzata nell’ultimo anno, in cui le iscrizioni sono calate del 20% rispetto all’anno prima. Anche le cessazioni, che pure negli anni 2010-2019 mostravano una tendenza all’aumento, hanno subito una decisa flessione nel 2020, dell’ordine del 18%. Questo fa sì che il tasso di natalità abbia subito un calo tra il 2010 e il 2020, attestandosi al 4,6% nell’ultimo anno, e lo stesso vale per il tasso di mortalità, che era stato in crescita fino al 2019. Il tasso di turnover lordo, ovvero la somma di questi due tassi, ha subito un lieve decremento tra il 2010 e il 2020, dovuto principalmente al calo della natalità.
In Lombardia le iscrizioni (e quindi il tasso di natalità) hanno mantenuto una dinamica negativa simile a quella di Bergamo, mentre le cessazioni e il tasso di mortalità sono rimasti in costante diminuzione, eccettuato un aumento nel 2019.
Nel decennio 2010-2019 è andato crescendo il tasso di sopravvivenza a uno, due e tre anni dall’iscrizione, che rappresenta la quota percentuale di imprese che sopravvivono a uno, due e tre anni. Perciò i tassi più alti si sono registrati al 2020, quando era ancora in vita l’83% delle imprese bergamasche iscritte un anno prima, il 77% di quelle iscritte due anni prima e quasi il 70% di quelle registrate tre anni prima. Viceversa, solo il 73% delle imprese iscritte nel 2010 sopravviveva a due anni dall’iscrizione. In tutto il periodo il tasso bergamasco è stato sempre lievemente al di sopra di quello regionale.
La crescita del tasso di sopravvivenza, se collegata alla diminuzione del tasso di turnover lordo, descrive un’evoluzione in positivo della demografia di impresa sia in provincia che in Lombardia. Le imprese iscritte, infatti, sono inferiori in numero assoluto ma sono maggiormente solide in termini di capacità di sopravvivenza.
Rispetto alla forma giuridica, sono le società di persone e le imprese individuali a sopravvivere di più a un anno dall’iscrizione, mentre a due e a tre anni, sono più numerose le società di persone e di capitali. Le imprese organizzate in forma societaria rappresentano quindi la quota maggiore di quelle che durano almeno due anni dall’iscrizione.
Osservando le curve sull’arco del decennio, si nota una diminuzione dei tassi di sopravvivenza tra il 2011 e il 2015 a seguito della crisi dei debiti sovrani. Nello specifico, il calo risulta evidente per le società di capitali iscritte negli anni 2011-2013, per le società di persone iscritte nel 2011 e per le imprese individuali iscritte tra il 2011 e il 2015.
Con riguardo al settore economico, le imprese agricole e quelle attive nel settore trasporti e spedizioni hanno un’elevata sopravvivenza a uno, due e tre anni dall’iscrizione. A seguire si trovano commercio, turismo e manifattura. Sull’arco del decennio, l’agricoltura accusa un calo dei tassi di sopravvivenza per le imprese iscritte nel 2011, tendenza non ravvisabile chiaramente nella manifattura. Commercio e servizi, dal canto loro, hanno avuto un aumento dei tassi di sopravvivenza per le imprese iscritte nel 2012, quando invece le imprese dei trasporti e del turismo subivano una flessione.
Le prime conseguenze della crisi economica da Covid-19 possono essere già colte dalla lettura di questi dati. Nell’anno 2020 si nota infatti un deciso calo delle iscrizioni, connesso alla diminuzione della fiducia degli imprenditori, al blocco di determinate attività produttive, oltre che alle restrizioni al libero movimento. Il parallelo calo delle cessazioni non solo congela la tendenza crescente degli ultimi anni, ma fa registrare un tonfo senza precedenti, ricollegabile in parte agli interventi di sostegno economico e alla resilienza del tessuto produttivo bergamasco. Queste risultanze, già ravvisate peraltro dall’analisi delle movimentazioni nei primi due trimestri del 2021, rendono ragionevole stimare la presenza di una platea nascosta di imprese che, in assenza delle misure di ristoro e sostegno economico, avrebbe probabilmente dovuto cessare la propria attività.
Questo studio sui dati del Registro delle imprese conferma tendenze note, come la diminuzione delle iscrizioni a fronte dell’aumento delle cessazioni negli ultimi undici anni. La diffusione del Covid-19, tuttavia, ha in parte modificato questa dinamica portando a un deficit di natalità maggiore e, contrariamente alle aspettative, a un congelamento della mortalità di impresa. I dati sulla sopravvivenza delle imprese bergamasche offrono tuttavia un quadro positivo sul medio periodo, con tassi in costante miglioramento e al di sopra di quelli lombardi. Significativa la capacità di sopravvivenza delle imprese individuali, che costituiscono la forma giuridica più diffusa sul nostro territorio.
Il confronto con i valori minimi raggiunti nell’analogo periodo del 2020, durante la fase più difficile dell’emergenza sanitaria, genera nel secondo trimestre un vistoso rimbalzo del fatturato del settore terziario lombardo: l’incremento su base annua è pari al +35,4% per le imprese con almeno 3 addetti dei servizi e del +25,2% per quelle del commercio al dettaglio. La variazione calcolata rispetto ai primi tre mesi dell’anno, pur di entità molto inferiore, si conferma comunque positiva (rispettivamente +1,6% per i servizi e +1,1% per il commercio) e in miglioramento rispetto agli ultimi due trimestri.
I progressi sul fronte sanitario, determinati dalla riduzione dei contagi, e il parallelo venir meno delle restrizioni alle attività economiche hanno creato le condizioni per l’avvio di una fase di recupero in un settore che era stato molto colpito dalla crisi innescata dal Covid-19. La crescita registrata nell’ultimo trimestre consente al numero indice del commercio al dettaglio, calcolato ponendo pari a 100 il livello medio del 2010, di raggiungere quota 86,5 e di completare sostanzialmente il recupero dei valori precedenti alla pandemia. I servizi invece, dove l’impatto negativo delle misure di distanziamento è stato più forte, registrano un indice pari a 90,8, ancora lontano dai livelli medi del 2019.
Non tutte le attività dei servizi sono state colpite allo stesso modo: nei servizi alle imprese e nel commercio all’ingrosso l’utilizzo dello smart working ha evitato ripercussioni troppo pesanti e in questi due comparti il giro d’affari ha già superato i valori del 2019. Le attività di alloggio e ristorazione sono invece ancora molto indietro nel recupero dei livelli persi in seguito agli effetti della pandemia, con perdite di fatturato che sfiorano il 30%.
Nel commercio al dettaglio il rimbalzo registrato su base annua è guidato soprattutto dai negozi non alimentari, che erano stati molto penalizzati nel secondo trimestre del 2020: nonostante il significativo recupero, i livelli di fatturato di questo comparto risultano ancora inferiori a quelli che avevano caratterizzato il 2019. All’opposto gli esercizi non specializzati, che comprendono la grande distribuzione a prevalenza alimentare e che erano stati avvantaggiati durante il lockdown per via della crescita dei consumi alimentari domestici, mostrano una crescita tendenziale più moderata ma su livelli di fatturato significativamente superiori a quelli pre-pandemia.
L’incremento del volume d’affari registrato su base annua dalle imprese commerciali bergamasche risulta allineato a quello evidenziato in regione (+24,8%), sebbene nel confronto con i livelli dell’ultimo trimestre la Lombardia metta a segno una crescita più marcata (+2,1%), allargando lievemente il vantaggio sull’indice provinciale rispetto al periodo pre-Covid19.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Come per la produzione manifatturiera, anche il fatturato del terziario registra una forte variazione rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno perché da una parte il grosso delle restrizioni è stato rimosso, dall’altra i dati attuali si confrontano con il punto di minimo nel 2020. La differenza tra il commercio al dettaglio e i servizi è che il primo ha recuperato i livelli medi precedenti la crisi, ma non così i secondi, sebbene a Bergamo siano cresciuti di più che al livello regionale. Anche nel terziario si nota una tensione sui prezzi e un diffuso clima di fiducia circa il mantenimento del recupero.”