Mercoledì 18 Dicembre 2024
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Nel secondo trimestre prosegue il rimbalzo della produzione manifatturiera bergamasca rispetto ai livelli anomali del 2020: il fenomeno risulta particolarmente accentuato perché il confronto avviene rispetto al punto di minimo raggiunto lo scorso anno, in occasione del periodo più difficile dell’emergenza sanitaria. Gli incrementi su base annua raggiungono così i valori record di +37,5% per le imprese industriali con almeno 10 addetti e di +30,4% per le imprese artigiane con almeno 3 addetti. La variazione rispetto al trimestre precedente conferma comunque il processo di ripresa in corso nella manifattura provinciale, con aumenti significativi sia per l’industria (+3,5%) che per l’artigianato (+1,2%). Nell’industria, in particolare, si tratta del quinto segno positivo consecutivo, con una velocità di crescita che ha consentito di superare i valori pre-Covid, mentre l’artigianato ha evidenziato una ripresa più incerta ma comunque sufficiente a recuperare i livelli del 2019.
La crescita della produzione dell’industria bergamasca risulta allineata a quella regionale: la Lombardia registra infatti una variazione inferiore su base annua (+32,5%) ma un incremento congiunturale lievemente più marcato (+3,7%). Allargando l’analisi a tutto il periodo successivo allo scoppio dell’emergenza sanitaria, l’industria orobica ha mostrato un grado di resilienza e una capacità di recupero superiore alla media regionale, riducendo il gap con l’indice lombardo della produzione rispetto al periodo pre-Covid19.
Il dettaglio settoriale evidenzia come molti comparti importanti del sistema industriale bergamasco abbiano superato i livelli precedenti alla pandemia, a partire dalla meccanica, il settore più rilevante dal punto di vista dimensionale, ma anche per quanto riguarda chimica-farmaceutica e siderurgia. Ancora in difficoltà molti settori del made in Italy, sebbene segnali di recupero inizino a manifestarsi nel tessile.
La produzione manifatturiera dell’artigianato torna a mostrare un segno congiunturale positivo (+1,2%) a Bergamo, riprendendo il percorso di recupero dei livelli produttivi dopo la battuta d’arresto registrata nel trimestre precedente (-0,7%). Sebbene l’intensità della crescita risulti inferiore al comparto industriale, per via delle minori dimensioni delle imprese e della conseguente difficoltà nell’agganciare la domanda internazionale, le imprese artigiane bergamasche confermano una maggiore reattività rispetto alla media regionale: in Lombardia si registra infatti una crescita più ridotta su base annua (+22,6%), mentre la variazione congiunturale risulta negativa (-0,5%) per il terzo trimestre consecutivo. Il risultato di questa dinamica è che a livello regionale l’artigianato è ancora distante dai livelli pre-pandemia, mentre a Bergamo il divario è stato sostanzialmente chiuso.
Anche il fatturato delle imprese artigiane bergamasche evidenzia un forte rimbalzo su base annua (+33,1%) e un incremento di circa un punto percentuale (+0,9%) rispetto al trimestre precedente, mentre gli ordinativi proseguono la fase di crescita (+0,8% rispetto al primo trimestre) pur evidenziando un rallentamento.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Rapportando la produzione manifatturiera del secondo trimestre con quella di un anno prima, la variazione è altissima, ma è più significativo e importante sottolineare il superamento dei livelli 2019 pre-Covid, specialmente per l’industria. Un altro punto che vale la pena di mettere in risalto è la maggiore capacità di recupero dimostrata dal manifatturiero bergamasco rispetto al regionale. Ciò induce ad essere fiduciosi sulla tenuta occupazionale, anche a fronte dello sblocco dei licenziamenti, ma anzi, al contrario, si fa sempre più marcata la difficoltà di reperimento di figure adeguate da parte delle imprese. Per altro verso, non tutti i settori sono ugualmente performanti e permangono tensioni sui prezzi delle materie prime.”
Il secondo trimestre 2021 si chiude con 94.607 sedi di imprese registrate in provincia di Bergamo. Le iscrizioni sono 1.323, un valore solo poco al di sotto della media del triennio 2017-2019, il periodo immediatamente precedente la crisi economica dovuta alla pandemia. Questo dato si mostra, tuttavia, inferiore di 153 unità rispetto a quello rilevato nel secondo trimestre 2019. Le cessazioni sono 727, segnando una variazione tendenziale positiva su base annua (7,4%). Confrontando tale dato con lo stesso periodo del 2019 si nota come sia inferiore di quasi 1/3. Il saldo complessivo tra iscrizioni e cessazioni risulta positivo con 596 unità (+37 nel corrispondente periodo del 2020).
Il tasso di natalità delle imprese registra l’1,4%, con una crescita di 0,6 punti rispetto al corrispondente trimestre del 2020. Il tasso di mortalità, invece, segna lo 0,8%, segnando una diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Le imprese attive (84.690) risultano in aumento (+835 posizioni pari all’1,0% su base annua) rispetto allo stesso trimestre del 2020.
Nella bergamasca tra i settori economici i servizi rappresentano il 38,3% delle imprese attive, seguiti da commercio (22,4%), le costruzioni (20,7%) e la manifattura (12,7%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso sono cresciuti i servizi (+642 con una variazione pari a 2,0% su base annua), l’agricoltura (+73 pari a 1,5% su base annua), il commercio (+133 pari a 0,7% su base annua) e le costruzioni (+85 pari allo 0,5% su base annua). Risulta, invece, diminuita la manifattura (-108 pari a -1,0% su base annua).
Molto positivi i tassi di natalità di agricoltura (1,4%), servizi (1,2%) e costruzioni (1,1%), seguiti da commercio (1,0%) e manifattura (0,6%). Il tasso di mortalità è il più basso per l’agricoltura (0,5%), seguono poi costruzioni (0,8%), commercio (0,8%), servizi (0,8%) e manifattura (0,6%).
Quanto alla natura giuridica, si conferma la tendenza in atto nell’ultimo decennio: l’impresa individuale risulta la forma giuridica maggiormente diffusa nella provincia con un’incidenza del 52,9% sulle imprese attive totali. A seguire le società di capitali (29,6%), le società di persone (15,3%) e le altre forme giuridiche (2,2%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, sono in crescita le società di capitali attive (3,3%), le altre forme giuridiche (0,8%) e le imprese individuali (0,7%). Sono, invece, in flessione negativa le società di persone (-2,1%).
Le imprese straniere attive sono 9.434 pari a 11,1% delle imprese attive totali con una variazione tendenziale su base annua pari a 3,4%. Le imprese femminili attive sono 17.204, con una variazione tendenziale pari a 1,9% su base annua, e rappresentano il 20,3% delle imprese attive totali. Le imprese giovanili attive sono 7.201, con una variazione tendenziale pari a 1,9% su base annua, e rappresentano l’8,5% delle imprese attive totali.
Nel secondo trimestre 2021 sono 30.124 le imprese artigiane registrate. I dati di flusso mostrano un aumento su base tendenziale: le nuove iscrizioni sono 466 (+64,1% su base annua) e le cessazioni (avvenute non d’ufficio) sono 338 con una variazione pari a +26,1% su base annua. Il saldo complessivo risulta positivo con 128 unità (+16 nel corrispondente periodo del 2020). Il tasso di natalità delle imprese registra l’1,5%, mentre il tasso di mortalità segna l’1,1%.
Le imprese artigiane attive sono, invece, 30.049 e riportano, in relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso, una perdita di -21 posizioni con una variazione tendenziale pari a -0,1%.
L’analisi dei settori economici mostra che le imprese artigiane attive nelle costruzioni sono il 44,7% delle imprese attive totali, seguite dai servizi (27,8%), della manifattura (21,9%) e del commercio (5,2%). In relazione allo stesso trimestre dell’anno scorso crescono i servizi (+107 con una variazione tendenziale pari a 1,3% su base annua) e il commercio (+11 pari a 0,7% su base annua). Diminuiscono, invece, l’agricoltura (-3 pari a -2,4% su base annua), la manifattura (-103 pari a -1,5% su base annua), e le costruzioni (-30 pari a -0,2% su base annua).
Osservando la forma giuridica, invece, il 74,3% delle imprese artigiane sono imprese individuali. Seguono le società di persone (15,4%), le società di capitali (10,2%) e i consorzi (0,04%).
Le procedure concorsuali, gli scioglimenti e le liquidazioni nell’aprile e nel maggio 2021 (non è ancora disponibile il dato di giugno) sono stati, complessivamente, pari a 150, in netto aumento rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente (73).
Le 108.173 attive tra sedi e unità locali, aumentate rispetto a un anno fa (+1.171), impiegano 391.312 addetti (di cui 321.345 dipendenti e 69.967 indipendenti). Rispetto allo stesso periodo del 2020 si registra pertanto una diminuzione di 4.530 addetti, con una variazione tendenziale del ‑1,1% su base annua. Si ricorda che il dato degli addetti è riferito al trimestre precedente rispetto a quello delle imprese e unità locali.
Tra i settori economici si riscontrano incrementi di addetti nelle localizzazioni attive delle costruzioni (+1.829), della manifattura (+146) e dell’agricoltura (+55). Rilevanti perdite di addetti su base annua si rilevano nei servizi (-6.859) e nel commercio (-90).
Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “Nel secondo trimestre 2021 la crescita delle iscrizioni di imprese ci restituisce un buon segnale sulla ripresa dell’economia bergamasca. Dopo la crisi economica scatenata dalla pandemia la fiducia degli imprenditori sembra migliorare con le iscrizioni che tornano ai livelli della media del triennio 2017-2019. Le cessazioni non hanno ancora raggiunto i livelli pre-Covid, in ragione del perdurare delle misure di sostegno pubblico che stanno probabilmente ritardando la chiusura di imprese in sofferenza.”
La Camera di commercio di Bergamo ha pubblicato un aggiornamento straordinario del “Bollettino dei prezzi informativi delle opere edili” edito in collaborazione con ANCE Bergamo, l’associazione dei costruttori edili. Segue di pochi mesi la pubblicazione dell’edizione 2020 dello stesso bollettino, uscita nel febbraio 2021, che rilevava i prezzi praticati mediamente nel settembre 2020.
Questo aggiornamento, che riguarda i soli capitoli dell’edilizia (A, W, X, Y e Z), rileva i prezzi medi praticati tra il 1° e il 15 maggio 2021 e non tiene conto delle variazioni intervenute successivamente. Riporta le quotazioni dell’edilizia civile, delle opere di urbanizzazione e sistemazione esterna, sicurezza e noleggi risultanti dalla rilevazione di oltre 5 mila voci e avvenuta presso 40 ditte rappresentative del settore.
Il forte aumento di prezzo delle materie prime e dei costi di produzione, verificatosi a livello globale dall’inizio del 2021, e il fervore che vive l’edilizia, anche grazie allo stimolo di incentivi fiscali come il Superbonus 110%, hanno determinato una situazione di tensione per gli operatori del settore. Questo contesto economico ha comportato la necessità di un aggiornamento parziale e tempestivo delle quotazioni già rilevate in modo da venire incontro alle esigenze del mercato.
Il bollettino viene pubblicato in versione online, scaricabile in formato importabile nei programmi per il computo metrico, e in formato digitale PDF. L’acquisto si effettua dallo sportello virtuale.
Si ricorda peraltro che il Prezzario regionale della Lombardia, disponibile gratuitamente in PDF e in formato di interscambio, risulta obbligatorio per la determinazione degli importi dei lavori pubblici dal 1° gennaio 2019. Lo stesso prezzario o, in alternativa, quello edito dalla DEI, Tipografia del Genio Civile, vanno utilizzati nell’ambito degli interventi realizzati con il Superbonus 110%.
Bollettino prezzi delle opere edili
La provincia di Bergamo registra una specializzazione commerciale nei settori a medio contenuto di innovazione, tipici della produzione di beni capitali come i macchinari e gli apparecchi elettrici. Nell’anno 2020 i settori a economie di scala – sono quelli in cui i costi produttivi si riducono all’aumentare delle quantità prodotte – rappresentano il 42% delle esportazioni e il 54% delle importazioni. Questo il quadro rappresentato dallo studio della Camera di commercio, che ha analizzato l’interscambio commerciale con l’estero tramite i dati forniti da Istat allo scopo di individuare i settori in cui il territorio esprime vantaggi comparati.
Lo studio fa emergere quali sono le merceologie con più alto livello di specializzazione e verifica quali sono i vantaggi associati ai vari gradi di innovazione nella manifattura, per poi prendere in considerazione l’evoluzione temporale del modello di specializzazione bergamasco.
Per raggiungere questo scopo si serve dell’indice NTS, uno dei metodi utilizzati dagli economisti per misurare i vantaggi comparati di un sistema economico. L’indice NTS tiene conto sia delle esportazioni sia delle importazioni, eliminando così gli scambi intermedi. Per semplificare, quindi, quando il settore è specializzato l’indice assume un valore positivo perché le esportazioni sono superiori alle importazioni.
Va detto che non esiste una correlazione tra il valore dell’NTS di una merce e la sua importanza quantitativa, cioè a un’alta quota del totale esportato non corrisponde necessariamente un vantaggio comparato. Perciò, per garantire la significatività dei risultati, sono state considerate solo le merci con una quota superiore al 1,5% del totale esportato. L’analisi è stata condotta sui dati della manifattura, che spiega la quasi totalità delle importazioni e delle esportazioni bergamasche. La provincia di Bergamo sta tra le prime 10 province esportatrici italiane, con il 5% delle sue imprese esportatrici, soprattutto di grandi dimensioni.
Le prime cinque categorie merceologiche per specializzazione in bergamasca sono le Bevande, i Macchinari, i Prodotti in metallo, gli Articoli in gomma e la Coltelleria. In Lombardia sono invece i Mobili, i Prodotti in metallo, i Macchinari, gli Articoli in pelle e gli Articoli in gomma.
Viceversa, le cinque categorie in cui la manifattura bergamasca risulta maggiormente de-specializzata sono i Prodotti tessili, gli Autoveicoli, i Prodotti chimici, i Prodotti alimentari e i Computer. In Lombardia sono i Prodotti chimici, i Prodotti alimentari, gli Articoli farmaceutici, gli Autoveicoli e i Computer.
Per quanto riguarda il grado di innovazione, i comparti produttivi possono essere classificati in:
In questa prospettiva risulta che i settori bergamaschi a medio contenuto di innovazione godono di un forte vantaggio comparato. A seguire si trovano i settori a elevate economie di scala e quelli tradizionali, mentre quelli a ricerca e sviluppo risultano de-specializzati. In Lombardia, invece, i settori con maggiore specializzazione sono quelli a ricerca e sviluppo, seguiti da quelli a economie di scala.
In provincia di Bergamo i settori a medio contenuto di innovazione hanno visto crescere il proprio vantaggio nel 2018 per poi stabilizzarsi negli anni successivi. I settori a economie di scala e quelli tradizionali, che partivano de-specializzati nel 2017, hanno acquisito un vantaggio comparato negli anni successivi. La ricerca e sviluppo è caratterizzata da un andamento decrescente della specializzazione negli ultimi quattro anni.
Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “L’apertura internazionale dell’economia bergamasca negli ultimi cinque anni ha preso uno slancio, se si eccettua la parentesi del Covid che ci auguriamo di lasciarci alle spalle nel più breve tempo possibile. Questo studio di specializzazione conferma che i nostri settori con un grado di innovazione medio-alto, tra cui rientrano la meccanica e gli articoli in gomma, sono molto competitivi. Viceversa, lo sono meno i settori ad alto contenuto di innovazione, caratteristica peraltro osservabile in diversi Paesi europei, tra cui la stessa Germania. Dobbiamo rafforzare ulteriormente l’impegno nell’innovazione e digitalizzazione per migliorare il nostro posizionamento competitivo.”
Il valore delle esportazioni di Bergamo nel trimestre totalizza 3.981 milioni di euro (+6,8% su base annua, contro variazioni del 3,5% in Lombardia e del 4,6% in Italia). Le importazioni sono state pari a 2.582 milioni (+12,1% tendenziale, contro +7,8% in Lombardia e +5,8% in Italia). Il saldo trimestrale della bilancia commerciale di Bergamo è positivo per 1.399 milioni, inferiore al saldo del trimestre corrispondente dell’anno scorso (1.425 milioni).
Le esportazioni bergamasche del primo trimestre 2021 hanno registrato una flessione congiunturale nei valori grezzi, come è solito succedere rispetto al quarto trimestre dell’anno. Per il Nord Ovest Istat stima comunque una variazione congiunturale positiva del 2,5% sui valori destagionalizzati.
Per quanto riguarda le prestazioni dei settori trainanti dell’export provinciale, la situazione è la seguente: macchinari (992 milioni, 13,5%), prodotti chimici (587 milioni, +0,1%), metalli di base (491 milioni, -3,7%), mezzi di trasporto (414 milioni, +29,6%), articoli in gomma (400 milioni, +8,3%), apparecchi elettrici (262 milioni, +10,2%), tessile e abbigliamento (228 milioni, +1,5%) e alimentari (215 milioni, -0,5%).
Per un confronto con la situazione pre crisi la tabella “Export Bergamo per categoria merceologica” riporta anche i valori del primo trimestre 2019 con la relativa variazione percentuale. Tra le categorie più importanti per valore, le variazioni positive riguardano i macchinari (+3,6%), prodotti chimici (+1,2%), mezzi di trasporto (+15,3%) e articoli in gomma (+1,7%). Negativa, invece, la variazione per i metalli di base (-15,1%), apparecchi elettrici (-7,4%) e tessile e abbigliamento (‑8,2%).
Nel trimestre in esame, per area geografica di destinazione, positivo il tasso di variazione tendenziale verso l’area UE 27 post Brexit (11,0%) e verso l’Eurozona (10,8%). I mercati extra UE sono in crescita (0,6%), effetto di variazioni di segno opposto tra aree in crescita (Paesi europei extra UE, America centro meridionale, Asia orientale, Oceania) e altre in diminuzione (Africa settentrionale e altri paesi africani, America settentrionale, Medio Oriente e Asia centrale).
Il confronto degli aggregati di maggiore peso con la situazione pre crisi mostra una crescita per l’Unione europea (+3,1%), mentre l’area Extra UE riporta una diminuzione (-7,9%).
Segnano variazioni negative nel confronto con il corrispondente trimestre del 2020 solo le esportazioni verso Stati Uniti (-16,1%) e Regno Unito (-1,7%). I restanti paesi hanno tutti variazioni positive: Germania (12,1%), Francia (9,5%), Spagna (7,0%), Polonia (13,2%), Cina (39,9%), Paesi Bassi (7,2%), Svizzera (2,1%), e Austria (16,5%). Anche la tabella “Export Bergamo – I primi 10 paesi” presenta i dati del primo trimestre 2019 per un confronto con la situazione precedente lo scoppio della pandemia.
Commenta il presidente Carlo Mazzoleni: “Non ci sorprende che le esportazioni bergamasche siano in consistente variazione positiva rispetto al primo trimestre dell’anno scorso, data la situazione di blocco che con il mese di marzo 2020 iniziava a interrompere le catene di fornitura internazionali. Il confronto con la situazione precedente la crisi ci segnala una variazione ancora moderatamente negativa.”
La situazione delle imprese bergamasche, dopo oltre un anno di emergenza sanitaria, risente ancora degli effetti della pandemia ma segnala un lento miglioramento. Questo è quanto emerge dall'indagine condotta nell'aprile 2021 dalla Camera di Commercio di Bergamo con la collaborazione di Unioncamere Lombardia. Rispetto ai dati raccolti a luglio 2020 cala la percentuale di imprenditori che dichiara di aver subìto perdite difficilmente recuperabili. Quest'ultima categoria, che rappresenta un segmento di imprese ad alta vulnerabilità, diminuisce soprattutto nell'industria, dove passa dal 16% all'8%, mentre nell'artigianato, nei servizi e nel commercio al dettaglio è ancora tra il 20% e il 30%.
I problemi relativi alla domanda rimangono prioritari nel manifatturiero, ma con percentuali (36% per l'industria e 38% per l'artigianato) in netto calo rispetto a luglio scorso. Crescono le criticità legate agli approvvigionamenti, dovute alla ridefinizione delle catene di fornitura durante la pandemia e all'impennata dei prezzi delle materie prime. Le restrizioni imposte dalle misure anti-Covid sono invece la questione centrale per le imprese del terziario (50% nel commercio e 31% nei servizi), dove molti comparti (alloggio e ristorazione, servizi alla persona, commercio non alimentare) sperimentano ancora limitazioni significative alla propria attività. Risultano fortunatamente in calo i problemi finanziari e di liquidità, sebbene nell'artigianato e nei servizi vengano ancora segnalati da una quota significativa di imprenditori (rispettivamente 18% e 14%).
Nonostante gli effetti negativi della crisi, esiste una quota rilevante di imprese che ha reagito in maniera dinamica allo shock generato dalla pandemia, realizzando o progettando nuovi investimenti: si tratta di un segmento pari a circa il 30% nell'industria e al 20% nel commercio e nei servizi. Le strategie di reazione dichiarate dalle imprese sono legate soprattutto alla ricerca di nuovi clienti e mercati, in particolare nel manifatturiero, mentre l'implementazione di servizi e prodotti innovativi presenta maggiore rilevanza nel commercio e nei servizi, impegnati a progettare soluzioni che consentano di proseguire l'attività nel rispetto delle norme di distanziamento (e-commerce, consegne a domicilio).
La questione occupazionale è stata affrontata con un largo ricorso alla cassa integrazione - tutt'ora utilizzata da circa il 40% delle imprese - che ha permesso di limitare il ricorso a provvedimenti di riduzione dell'organico, blocco delle assunzioni e mancato rinnovo di contratti in scadenza. Nei servizi, tuttavia, i livelli occupazionali hanno subìto un impatto maggiore poiché alcune delle attività colpite maggiormente dalle restrizioni anti-Covid, come la ristorazione, sono caratterizzate da un'elevata quota di forza lavoro inquadrata con contratti a tempo determinato o comunque poco protetti.
L'utilizzo dello smart working ha registrato un forte impulso durante la pandemia, soprattutto nell'industria (dove ha raggiunto il 60% delle imprese), ma i giudizi sembrano essere ambivalenti a riguardo e la maggior parte delle imprese bergamasche sembra orientata a non mantenere questa forma di lavoro una volta usciti dall'emergenza sanitaria. La stima della quota di imprese che utilizzerà forme di lavoro agile nel periodo post-Covid è comunque decisamente superiore ai livelli precedenti la pandemia (10% per l'industria, 4% per il commercio, 6% per i servizi), fatta eccezione per l'artigianato (1%).
Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: "L'indagine camerale condotta su un campione di imprese bergamasche mostra un quadro ancora segnato dagli effetti della pandemia ma in netto miglioramento rispetto a luglio 2020. Le misure di sostegno, in particolare, sembrano aver ridotto l'impatto finanziario della crisi da Covid-19. Cresce anche la quota di imprese che sta realizzando o progettando nuovi investimenti, specialmente nell'industria. I livelli occupazionali sono stati sostanzialmente preservati nell'industria grazie all'ampio utilizzo della cassa integrazione e alle misure di blocco dei licenziamenti, mentre la situazione nei servizi, fortemente colpiti dalle restrizioni del primo trimestre 2021, desta maggiori preoccupazioni".
Le imprese bergamasche del terziario continuano a essere penalizzate dalla situazione di emergenza sanitaria, che anche nel primo trimestre del 2021 ha comportato restrizioni per molte attività. Il fatturato cresce su base annua per le imprese con almeno 3 addetti dei servizi (+2,5%) e del commercio al dettaglio (+3,5%), ma tale dato risente del confronto con il valore molto basso del primo trimestre 2020, periodo in cui lo scoppio della pandemia aveva determinato una significativa caduta dei livelli di attività.
La variazione congiunturale, calcolata rispetto al trimestre precedente, mostra invece un segno negativo per entrambi i comparti (-1,7% per i servizi e -0,6% per il commercio al dettaglio), portando il valore del numero indice rispettivamente a quota 85,7 e 83,3, in ulteriore allontanamento rispetto ai livelli pre-Covid (-11,3% per i servizi e -3,4% per il commercio al dettaglio rispetto ai valori medi del 2019).
Dopo il recupero intenso, seppur parziale, che aveva caratterizzato i mesi estivi del 2020, gli ultimi due trimestri hanno registrato un peggioramento della dinamica: la recrudescenza dei contagi verificatasi e le conseguenti misure di contenimento adottate hanno avuto un impatto negativo su molte attività già duramente colpite durante il primo lockdown.
Il confronto della produzione manifatturiera bergamasca con il primo trimestre del 2020 risente del lockdown iniziato proprio in quel periodo per contrastare la pandemia, che aveva causato un forte calo produttivo: la variazione tendenziale nei primi tre mesi del 2021 risulta quindi molto elevata, pari al +10,6% per le imprese industriali con almeno 10 addetti e al +13,7% per quelle artigiane con almeno 3 addetti.
Il confronto con il quarto trimestre del 2020 offre invece un quadro diverso, con l’industria che evidenzia una variazione congiunturale ancora positiva (+0,5%), ma in rallentamento rispetto alla velocità di ripresa dei trimestri scorsi, e l’artigianato che registra una flessione (-1%), interrompendo il processo di recupero dei livelli pre-Covid.
Gli indici della produzione dei due comparti si attestano rispettivamente a quota 105,6 e 100,3, con un divario rispetto alla media del 2019 pari al -1,6% per l’industria e al -2,4% per l’artigianato.
L’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale ricopre un ruolo sempre più importante nelle richieste delle imprese: per circa 2,6 milioni di ingressi, il 79% delle entrate programmate dalle imprese, la competenza green è ritenuta necessaria per svolgere la professione. Per 1,2 milioni di entrate, pari al 38%, il grado di importanza di questa competenza è addirittura considerato elevato. È questo il fatto saliente che emerge nell’ultima edizione del volume “Le competenze green” della collana di pubblicazioni del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e ANPAL e condotta sul territorio bergamasco da Bergamo Sviluppo, azienda speciale della Camera di commercio di Bergamo.
Tra le professioni per le quali le competenze verdi assumono maggiore importanza si incontrano gli ingegneri civili (competenza elevata richiesta per il 69% delle assunzioni), gli ingegneri elettronici e in telecomunicazioni (63%), i tecnici della gestione di cantieri edili (63%), i tecnici della sicurezza sul lavoro (55%) e gli ingegneri energetici e meccanici (53%). Comunque, data la trasversalità della competenza, si evidenziano valori elevati anche in figure meno specializzate, come gli idraulici e posatori di tubazioni idrauliche e di gas (61%) e i cuochi in alberghi e ristoranti (55%).
La richiesta di competenze legate alla ecosostenibilità cresce di pari passo con il livello di istruzione, essendo infatti richieste all’84% dei laureati e di chi è in possesso di un diploma di istruzione tecnica superiore. Tuttavia, anche per chi detiene un diploma professionale o di livello secondario l’attitudine al risparmio energetico e la sensibilità ambientale è un requisito importante per svolgere l’attività in azienda, richiesto rispettivamente al 78% delle entrate.
Oltre 558mila imprese dell’industria e dei servizi hanno investito in competenze green nel 2020. Ciò significa che il 39% delle aziende ha richiesto ad almeno la metà dei profili ricercati il possesso di attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale
“La crisi pandemica del Covid-19” – racconta Angelo Carrara, presidente di Bergamo Sviluppo – “ha accelerato i processi per una transizione ecologica dell’economia, che diventa un vero e proprio pilastro della ripresa economica e dei processi di innovazione strutturale dei sistemi produttivi nazionali e comunitari, così come indicati dal Next Generation Eu e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.”
“I temi della green economy, dell’economia circolare, dei green jobs e del loro impatto sul mercato del lavoro” – prosegue Carlo Mazzoleni, presidente della Camera di commercio di Bergamo – “diventano sempre più un elemento decisivo nelle scelte di politica economica, ma anche nelle politiche di formazione e del mercato del lavoro. Gli stessi prodotti e tecnologie green acquisiscono un peso crescente nelle scelte di investimento, soprattutto nel settore dei servizi pubblici, chimico, farmaceutico e petrolifero, oltre alla gomma, alle materie plastiche e al trasporto e logistica.
La pubblicazione dedica approfondimenti settoriali su costruzioni, meccatronica e servizi avanzati alle imprese in quanto comparti particolarmente sensibili alla doppia transizione – ecologica e tecnologica – che beneficeranno delle politiche espansive nazionali ed europee. In particolare, nel settore delle costruzioni sono richieste competenze green a circa l’82% delle entrate, nella meccatronica all’82,7%, nel turismo e la ristorazione all’83,8% e nei servizi avanzati di supporto alle imprese all’84,8% degli ingressi.
Analoghe risultanze emergono anche nel volume “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2021-2025)” di recente pubblicazione, elaborato sempre nell’ambito del sistema informativo Excelsior: nei prossimi cinque anni il 62% delle risorse che entreranno nel mondo del lavoro dovrà essere in possesso di competenze green. Le professioni verdi comprendono sia professioni specifiche che sono richieste per soddisfare i nuovi bisogni della green economy, sia quelle che dovranno affrontare la sfida di una riqualificazione delle competenze in chiave green, sia lavori non strettamente green ma che supportano le attività verdi grazie alla diffusione trasversale della macro tendenza della sostenibilità ambientale.
Sul sito excelsior.unioncamere.net è consultabile e scaricabile il volume completo, così come tutte le pubblicazioni realizzate nell’ambito del sistema informativo Excelsior. L’area Orientamento al lavoro e alle professioni di Bergamo Sviluppo è a disposizione per fornire informazioni sulle diverse pubblicazioni, sia sulle diverse iniziative relative al tema orientamento e supporto alle politiche attive del lavoro attuate a livello locale (referente: Pamela Mologni, tel. 035.3888.027, email mologni@bg.camcom.it).
A Bergamo nella media dell’anno 2020, fatto salvo il maggiore margine di errore statistico a livello provinciale, l’88,5% degli occupati ha un contratto a tempo indeterminato mentre il restante 11,5% ha un contratto a tempo determinato – così risulta dai microdati Istat sulle forze lavoro diffusi da Unioncamere Lombardia. Suddividendo in base alle classi di età, nella fascia tra i 15 e i 34 anni il 74,6% ha un contratto a tempo indeterminato, contro il 69,9% del 2019. Tra i 35 e i 54 anni, invece, gli occupati a tempo indeterminato salgono a 94,3%. Una crescita, seppure lieve, si riscontra anche nella fascia dai 55 anni e oltre (91,3%).
Circa il titolo di studio il 44,4% degli occupati ha il diploma di scuola media superiore. A seguire la licenza di scuola media (38,7%), la laurea e i titoli di specializzazione post laurea (14,7%) e, infine, la licenza elementare o l’assenza di titolo di studio (2,2%). Gli stessi dati, disaggregati per genere, rivelano che la componente femminile con un diploma di scuola media superiore rappresenta il 47,0% contro il 42,6% di quella maschile. Tra le femmine, inoltre, è maggiore l’incidenza di occupati con una laurea o un titolo post laurea (19,5%) contro l’11,5% dei maschi. Conseguentemente, per questi ultimi è superiore l’incidenza di occupati con licenza media (43,5%).
In base alle classi di età, nella fascia tra i 15 e i 34 anni il 56,4% degli occupati ha un diploma di istruzione secondaria e solo il 20,2% ha una laurea o un titolo post laurea. Tra i 35 e i 54 anni il 43,4% ha solo la licenza media ma il 42,2% ha il diploma di scuola media secondaria. Infine, nella fascia dai 55 anni in su prevale la licenza media (49,2%).
In relazione al regime orario, l’83,4% degli occupati lavora a tempo pieno mentre il restante 16,6% lavora a tempo parziale. Disaggregando i dati per genere, la componente maschile occupata con un contratto a tempo pieno risulta il 95,2% contro il 4,8% a tempo parziale. Per la componente femminile il divario è, invece, più ampio: il 66,4% lavora a tempo pieno e il 33,6% a tempo parziale. Quanto alle ore lavorate, il 63,9% degli occupati lavorano oltre 30 ore. Seguono gli occupati che lavorano fino a 20 ore (13,7%), 0 ore (12,3%) e, infine, da 21 a 30 ore (10,1%). Analizzando questi dati per genere, il 75,5% degli occupati maschi lavorano oltre 30 ore. Seguono quelli che lavorano 0 ore (11,0%), fino a 20 ore (9,1%) e da 21 a 30 ore (4,4%). Per la componente femminile, invece, il 47,2% lavora oltre 30 ore. A seguire fino a 20 ore (20,3%), da 21 a 30 ore (18,3%) e 0 ore (14,1%).
I Neet (acronimo di Not in education, employment or training, ovvero giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano perché disoccupati o inattivi, né partecipano a corsi di istruzione o formazione professionale), registrano un tasso Neet totale del 18,3%. In Lombardia rilevano un tasso di incidenza del 17,4%, mentre in Italia il 23,3%. Sul territorio bergamasco, fatto salvo il maggiore margine di errore statistico sul livello provinciale, il fenomeno Neet osserva una decisa crescita. I Neet bergamaschi, infatti, sono aumentati del 21,0% rispetto all’anno precedente. La stessa crescita riguarda il tasso Neet totale che passa da 14,5% nel 2019 a 18,3% nel 2020, con un aumento di 3,8 punti.
Con riferimento alla composizione di genere i Neet maschi rilevano un tasso di variazione del 46,4% rispetto all’anno precedente. I Neet donne aumentano, invece, del 14,0% rispetto al 2019 invertendo così l’andamento decrescente dell’ultimo biennio. Il tasso Neet maschile si attesta a 15,9% contro il 10,9% del 2019, di poco superiore alla media della Lombardia (15,3%) e molto lontano dalla media nazionale (21,4%). Il tasso Neet femminile registra il 20,8% contro il 18,3% del 2019. Il dato provinciale risulta, anche in questo caso, superiore a quello lombardo (19,7%) ma significativamente inferiore a quello italiano (25,4%).
I tassi di variazione percentuale dei Neet su base annua mostrano una maggiore crescita della componente maschile rispetto a quella femminile, ma non si traducono in una significativa riduzione del tasso Neet femminile. Questa tendenza risulta, peraltro, coerente con la storica minore partecipazione femminile al mercato del lavoro bergamasco.
A confronto con le altre province lombarde, la situazione bergamasca per il tasso Neet maschile peggiora in modo significativo, con Bergamo al sesto posto per valore più elevato, dopo Lodi (18,3%), Milano (18,0%), Como (16,5%), Cremona (16,1%), Monza e Brianza (16,0%) e Brescia (9,3%). Anche il tasso Neet femminile colloca Bergamo in sesta posizione per tasso di incidenza più elevato dopo Cremona (29,6%), Lodi (23,7%), Mantova (22,1%), Varese (22,0%) e Brescia (21,5%).
Tra le regioni industrializzate italiane il tasso Neet totale registrato in Lombardia (17,4%) risulta tra i più elevati dopo quello del Piemonte (19,8%). Il Veneto (14,7%) e l’Emilia-Romagna (15,9%) rilevano, invece, tassi inferiori. Rispetto all’UE, la provincia di Bergamo (18,3%) e la Lombardia (17,4%), nonostante registrino valori inferiori alla media nazionale, sono comunque nettamente superiori alla media europea (13,7%).
Commenta i risultati il presidente Carlo Mazzoleni: “Tra gli occupati più giovani si osserva un segnale positivo: la crescita dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Preoccupa invece l’aumento dei Neet, dopo il miglioramento riscontrato nel 2019, con percentuali peggiori per Bergamo rispetto alla Lombardia. È il segnale che i giovani trovano crescenti difficoltà all’ingresso, come dimostra anche il lieve aumento del loro tasso di disoccupazione. Questo fenomeno va gestito con misure più efficaci a contrasto della dispersione scolastica, con attività di orientamento e avvicinando i percorsi formativi alle nuove competenze richieste dal mercato del lavoro.”